OHi Mag Report Geopolitico nr. 22 Spesso oggi si parla di ordine mondiale, nuovo ordine mondiale, sistema basato sulle regole, ma spesso ci si dimentica che un ordine mondiale presuppone un dialogo tra le potenze (stati) che riescano a mettere in perfetta relazione tra loro gli interessi di ciascuno. Ugualmente quando si parla di regole, queste si legano strettamente a quando indicato dalle Nazioni Unite, e non alla volontà di una singola potenza, per quanto essa sia superiore alle altre. Per i realisti la società è anarchica e quindi è indispensabile trovare l’accordo, senza il quale il caos si perpetua. L’immagine di fronte ai nostri occhi ci mostra proprio un mondo in cui il caos domina le relazioni tra gli stati in molte parti del globo. Un tentativo di trovare le soluzioni ai problemi che dovremmo affrontare nel nostro futuro è rappresentato dal documento uscito dal summit tenutosi alla Nazioni Unite nel settembre scorso il cui titolo “The Pact for the Future, global digital compact, and declaration on future generations” ci richiama ad una condivisione di responsabilità. In un momento di grande difficoltà e di elevati rischi esistenziali l’ONU ci chiama ad agire per proteggere i bisogni e gli interessi delle generazioni di oggi e di domani e non precipitare in un futuro di sofferenza. Gli obiettivi della comunità mondiale dovrebbero essere concentrati verso la ricerca di un mondo “… più sicuro, pacifico, giusto, equo, inclusivo, sostenibile e prospero”. Soprattutto è necessario per l’ONU agire in maniera coordinata, solidale e collettiva in quanto le sfide sono troppo elevate per ogni singolo paese. Il potere degli stati deve essere messo al servizio della comunità internazionale. Il diritto deve rappresentare la chiave dei rapporti internazionali unitamente al rispetto per la Carta delle Nazioni Unite e i suoi scopi e principi. Da ciò deriva la necessità di concentrare gli sforzi su sviluppo sostenibile, pace, sicurezza e diritti umani (considerati universali, indivisibili, interdipendenti e interrelati). La povertà di vaste fasce di popolazione rappresenta la sfida globale e la sua “… eliminazione è un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile”. La sfida che ci è posta dal cambiamento climatico, con effetti devastanti sulle popolazioni più deboli, e il contenimento dei conflitti soprattutto con un ritrovato uso della diplomazia sono priorità irrinunciabili. È necessario liberare gli esseri umani dalla paura, dall’ingiustizia, dalla disuguaglianza e dal bisogno. Per poter perseguire questi obiettivi l’ONU deve essere rafforzato, sostenuto e finanziato stabilmente. I termini usati nella dichiarazione sono naturalmente condivisibili da tutti, ma si è evitato accuratamente di alimentare tensioni su temi come, ad esempio, il multipolarismo, la sovranità statuale e le regole della corte penale internazionale, temi oggi non condivisi da tutti gli stati. È evidente quindi che tra le affermazioni di principio del documento delle Nazioni Unite e la realtà in cui viviamo vi siano grandi differenze. Non sarebbe difficile adeguarsi ai principi esposti se le società fossero permeate di onestà, di volontà di rispettare i valori, se giustizia e rispetto fossero messi al primo posto anche nei rapporti internazionali. Se le società sono viste come disoneste e ingiuste si fa strada la convinzione che esistano complotti tesi a sfruttare le vulnerabilità dei più deboli. Al contrario se la società risponde a modelli di vita giusti e rispettosi le persone si comportano di conseguenza e acquisiscono modelli di vita virtuosi che determinano vantaggi esistenziali. Per vantaggio esistenziale si intende una positività per l’esistenza individuale, un miglioramento della qualità della vita, ad esempio, il rispetto del codice della strada. Qualsiasi forma sociale si identifica principalmente sul rispetto delle regole comuni pur tutelando, nei limiti del danno sociale, i diritti fondamentali dell'individuo. Questo è un altro tema divisivo sia internamente sia esternamente gli stati. A chi va la priorità: alla collettività o all’individuo, allo stato o ai privati, a un’economia guidata da regole o libera di agire in base a una concorrenza sfrenata. Se il singolo, o una minoranza, ambiscono ad un diritto fondamentale a parer loro non riconosciuto, devono sostenere una causa sociale avanzando le prove che il diritto fondamentale a loro negato non sia giustificato dal beneficio collettivo. Anche in questo caso i diritti delle minoranze vanno assolutamente rispettati, senza con questo diventare un alibi per rimuovere regole di vita essenziali alla sopravvivenza della collettività. La cancel culture, la distruzione della storia o la sua riscrittura portano al loro interno forme di violenza verso coloro che in quella cultura si riconoscono. Detto questo una qualsiasi causa sociale avrebbe senso di esistere, ma va attentamente regolata al fine che la degenerazione verso forme di violenza come colpi di stato, conflitti armati, e destabilizzazioni socio economiche della società coinvolta non prendano il sopravvento. Ma cosa sono le prove, informazioni, fatti e omissioni ampiamente verificabili sotto tutte le angolazioni narrative e non solo sul piano strettamente personale o di minoranza e dove reperirli e come usarli. Percezioni, impressioni, sentito dire, studi scientifici non verificati a livello di comunità, fonti di dubbia esperienza e fine, logiche che non tengono conto degli equilibri socio politici internazionali, delle risorse e dei dati effettivamente riscontrabili sul piano scientifico, non possono essere riconosciute come prove. In campo militare, un "evento" nello spazio temporale viene identificato con una sequenza alfanumerica ben definita. Il gruppo data orario (time/date group), identifica in ambito NATO la data di spedizione di un messaggio o il momento in cui un fatto è avvenuto. Così anche una verità è tale in quel preciso punto temporale identificabile nel "gruppo, data, ora" in cui si è svolto il fatto, fisico o informatico che sia. Da quel momento tutto potrà assumere una valenza completamente diversa. La libera interpretazione umana e la ricontestualizzazione dell'evento stesso in una molteplicità di scenari diversi, faranno sì che una verità possa essere trasformata in qualcosa di diverso seppur ne conservi alcuni tratti realistici. Tuttavia un sano sospettare su tutto ciò che avviene nel mondo che ci circonda, rientra nella normale concezione umana e nello stato di diritto della libertà di espressione. Non a caso il primo emendamento della Costituzione statunitense o Carta dei diritti (Bill of rights) parla proprio della libertà di parola che non è sottoposta ad alcun vincolo nel senso che essa è considerata pre- esistente alla nascita del Congresso che quindi non ha la potestà di legiferare contro di essa. Tutto ciò non deve però portare a una dialettica violenta seguita da disordinate e improduttive rappresaglie di piazza, fisiche e/o digitali che possono sostituirsi a una normale ed efficace procedura legislativa. Violenza diffusa, tensioni politiche, e mancanza di libertà di esprimere le proprie idee, unitamente a problemi economici alimentano l'emigrazione verso comunità sociali ritenute più vicine al proprio ideale di vita e dove la speranza per le giovani generazioni possano essere assicurate. Il lamento sulla piazza digitale dei social non ha quell'impatto sulle masse e sui poteri che potrebbe sembrare, viceversa sono il terreno ideale per momentanee diatribe, insignificanti comportamenti sociali, sostanziose perdite di tempo sottratte alla propria vita, alla risoluzione dei problemi, a una sana attività politica soprattutto a livello locale. Ma sarebbe sbagliato impedire che ciò avvenga, sebbene esista il pericolo di subire forme di ipnosi, prigioni all'interno delle proprie ideologie. La cultura di massa e quella sensazione di libertà che offrono i media contemporanei, creano l'ambiente ideale per soggiogare coloro che credono di dare fastidio ai grandi meccanismi di potere che a loro volta offrono agli stessi il vantaggio di appartenenza: lo stile di vita sopra la media globale, lauti pasti, accessori di ogni genere, assistenza nel fine vita e sicurezza. In ambito marinaro si dice che all’equipaggio debba essere comunque assicurata la possibilità di esprimere le proprie idee attraverso il “mugugno” al fine di prevenire che le ingiustizie portino all’ammutinamento, cosa questa che sovvertirebbe l’ordine e la disciplina di bordo. Dissentire quindi può essere positivo a meno che non sfoci in anarchia e lotta senza quartiere. Le masse possono avere così la possibilità di sfogare la propria rabbia, ma il suo contenimento può avvenire solo se i principi di massima esposti dalle Nazioni Unite saranno assicurati. In sostanza non potremo mai vivere in un mondo perfetto, ma ciò non significa che ci si debba sforzare di puntare al meglio per tutti gli esseri viventi. L’uso dei mezzi informatici può quindi diventare un fattore di potenza o una vulnerabilità. Dipende solo dall’uso che se ne fa e dalle regole che gli individui decidono di seguire. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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