Le interruzioni nelle Global Value Chains (GVC).Vulnerabilità e adattamento delle reti globali9/12/2024 OHi Mag Report Geopolitico nr. 32 ![]() La complessità delle Catene Globali del Valore e il ruolo della logistica marittima Nell’economia post-moderna, le reti della globalizzazione hanno profondamente trasformato i paradigmi produttivi, accelerando la frammentazione delle filiere nazionali, e favorendo la condivisione dei processi industriali a livello globale. Le innovazioni nei trasporti, la digitalizzazione dei sistemi di gestione e trattamento dei dati e una crescente interconnessione tra economie hanno favorito lo sviluppo delle catene globali del valore (Global Value Chains, GVC), rendendole centrali nella produzione contemporanea. Una GVC è sostanzialmente da intendersi come una rete allargata di fornitori internazionali che contribuiscono alla produzione di un determinato bene o servizio, attraverso una distribuzione di competenze, responsabilità e processi, più o meno centralizzati a seconda dei vantaggi competitivi che un attore può offrire. Un’economia globalizzata, guidata dalla libera circolazione degli interessi di attori privati e pubblici, permette l’integrazione di strategie economiche nazionali con le opportunità offerte dalle GVC. Sul piano normativo, a partire dagli anni Novanta, numerosi accordi bilaterali e multilaterali hanno facilitato il commercio transnazionale, abbattendo barriere tariffarie e favorendo la delocalizzazione produttiva degli stati più ricchi. La complessità delle GVC emerge in modo particolarmente evidente in settori ad alta capacità tecnologica come quello dei semiconduttori. Il ciclo di vita di un microchip, per esempio, può coinvolgere fino a 70 paesi, articolandosi in un mosaico di processi produttivi e logistici distribuiti su scala globale. Ogni fase – dall’estrazione dei minerali rari, alla lavorazione e assemblaggio, fino alla distribuzione finale – è essenziale per ottenere un prodotto in grado di soddisfare le richieste di un mercato globale in continua evoluzione. Analogamente, il settore automobilistico, un tempo rappresentativo di un’industria radicata territorialmente, è oggi emblema dell’interdipendenza globale: la produzione di un’automobile Ford, ad esempio, richiede l’integrazione di oltre 1.800 componenti provenienti da una rete internazionale di fornitori. Questo modello consente di ottimizzare costi e qualità, ma espone le catene produttive a una vulnerabilità crescente di fronte a interruzioni improvvise (disruptions), dovute soprattutto al rischio intrinseco rappresentato da una fitta distribuzione di asset, capitali, fabbricati, risorse, e tecnologie tra le parti coinvolte, collocate in molteplici contesti geografici e politici. Ritardi, inefficienze o defezioni lungo la catena logistica possono trasformarsi in perdite economiche significative, soprattutto in settori ad alta complessità operativa. Un aspetto cruciale delle GVC riguarda la gestione dei flussi logistici. Per sostenere il tessuto industriale di un paese è necessario garantire un flusso costante di risorse e semilavorati di alto valore aggiunto, inclusi energia, metalli e beni intermedi. La logistica marittima, in particolare, riveste un ruolo centrale: essa copre oltre il 40% del fabbisogno nazionale di risorse (circa 168 miliardi di euro) e contribuisce al 69% del trasporto dei prodotti finiti destinati ai mercati esteri. A livello strategico, la logistica marittima non solo rappresenta l’anello di congiunzione per la bilancia commerciale di un paese, ma consente anche di raggiungere agevolmente qualunque porto internazionale. La versatilità del trasporto containerizzato – che movimenta indistintamente gas, liquidi infiammabili, beni alimentari, medicinali, automobili e altro – rende il sistema particolarmente flessibile. Secondo l’Osservatorio Maritime Economy del Centro Studi e Ricerche di Napoli, nel 2022 circa il 20% del commercio totale dell’Italia ha transitato attraverso la dorsale del Mar Rosso.1 Inoltre, delle circa 17.000 imbarcazioni che ogni anno attraversano lo stretto di Bab el-Mandeb, oltre il 10% appartiene a operatori che agiscono sotto bandiera italiana.2 Oggi, le capacità logistiche globali si trovano sempre più sotto pressione a causa dell’aggravarsi degli squilibri geopolitici e dell’intensificarsi delle crisi presso i nodi critici delle catene di trasporto (i cosiddetti bottlenecks). In quest’ottica, mai come negli ultimi anni la sicurezza economica di un sistema paese dipende dalla stabilità e dalla sicurezza dei trasporti, i quali costituiscono il cardine per la fluidità dei flussi commerciali e la resilienza delle catene del valore. I fattori di interruzione dell’approvvigionamento ( disruptions) Le interruzioni nelle reti di approvvigionamento, o disruptions, sono un fenomeno sempre più frequente, capace di mettere in luce la complessità e l’interdipendenza delle Catene Globali del Valore. Gli effetti di incidenti, anche localizzati, come un nubifragio in un porto indonesiano, un ammaraggio di un mercantile, o l’ostruzione di un canale di collegamento, possono propagarsi in un raggio di migliaia di chilometri, a seconda di quanto è estesa la copertura geografica di una GVC. Questo effetto domino è reso possibile dall’intricato sistema di rapporti di interdipendenza produttiva tra regioni e settori economici, che caratterizzano l’odierna economia globalizzata. I molteplici fattori che concorrono al rallentamento dei processi logistici, come: l’instabilità politica di una regione costiera, inflazione, crisi energetiche, pandemie, e molto altro, sono responsabili di un indebolimento progressivo dell’efficienza dei trasporti. La logistica marittima è, infatti, puntualmente tra i settori più vulnerabili ai riflessi geoeconomici di una crisi regionale. La pandemia di COVID-19 ha rappresentato un esempio emblematico: il blocco di porti strategici, la carenza di container e di personale, hanno comportato un rallentamento significativo dei tempi di consegna, con conseguente aumento dei transit times. Secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale (IMF), i tempi medi di resa delle spedizioni internazionali via mare sono aumentati del 25% solamente durante il biennio 2020-2022.3 Tale rallentamento della resa di navigazione ha registrato un impatto rilevante sui costi logistici: la difficoltà nel reperire vuoti liberi su navi. La congestione dei porti (overbooking), e l’aumento dei prezzi di combustibile, aggravato dalla crisi ucraina, hanno fatto lievitare il costo di spedizione di un container standard da 20 piedi di ben sette volte rispetto ai livelli pre-pandemici4. Un onere insostenibile per molte aziende esportatrici, non solo italiane. La logistica, dunque, emerge come il metronomo dell’economia mondiale. Il malfunzionamento del settore dei trasporti può compromettere l'intero sistema produttivo ed economico globale.5 L’aggravarsi delle crisi regionali, in Ucraina e Medio Oriente, impone una rivalutazione delle contromisure che i paesi europei dovrebbero perseguire, ma, come viene spesso ammantato dalle propagande compiacenti di alcuni governi, non giustifica la distruzione del sistema produttivo globalizzato, nonostante tutte le inefficienze, che le interruzioni alla filiera produttiva ha evidenziato. Un esempio rilevante di politica di diversificazione strategica è rappresentato dal Piano Mattei, che punta a diversificare le risorse energetiche, ampliare i mercati di destinazione e favorire l’avvicinamento di nuovi attori geopolitici. Questa strategia non implica un rifiuto della globalizzazione, ma un suo adattamento alle nuove sfide di un contesto globale sempre più frammentato, in cui il diritto alla libertà di commercio, navigazione e transito rimane un principio fondamentale per la sicurezza economica di un paese. Le vulnerabilità delle GVC non si limitano agli effetti delle pandemie o delle crisi energetiche. Un altro esempio molto attuale è rappresentato dagli attacchi non convenzionali dei ribelli Houthi ai danni di mercantili nel Golfo di Aden, che hanno destabilizzato il commercio internazionale, soprattutto per i paesi esportatori del Mediterraneo. Le rotte marittime containerizzate dell’Indo-Pacifico – la dorsale preferenziale per il commercio dei paesi affacciati sul Mare Nostrum – hanno subito un aumento significativo dei tempi di transito, poiché molte imbarcazioni sono state costrette a circumnavigare il Capo di Buona Speranza per ragioni di sicurezza. Questa deviazione ha provocato incrementi vertiginosi dei costi di trasporto, misurati in €/TEU (Euro per unità equivalente a un container da 20 piedi), con impatti negativi per le economie esportatrici e per la bilancia commerciale. Nonostante queste difficoltà, nel terzo trimestre del 2024 si è osservato un aumento delle quantità di merci trasportate via mare, segnando il quarto trimestre consecutivo di crescita dopo il calo iniziale dovuto alla pandemia di COVID-19. Questa tendenza sembra suggerire che le GVC possiedano una resilienza intrinseca: come un fluido che si adatta al contenitore, esse modificano i propri itinerari e strategie per fronteggiare le avversità. La capacità delle GVC di adattarsi dimostra come il commercio internazionale, pur in un mondo sempre più frammentato, rimanga una costante iperattiva e vitale per il progresso economico globale. In definitiva, le interruzioni alle GVC rappresentano una sfida cruciale per l’economia moderna, ma al tempo stesso offrono l’opportunità di ripensare le reti logistiche e produttive in un’ottica di maggiore sostenibilità e flessibilità. Solo attraverso una combinazione di investimenti strategici, cooperazione internazionale e adattamento tecnologico sarà possibile garantire la continuità e l’efficienza delle catene globali del valore in un contesto globale sempre più incerto. Contro-offensive militari e resilienza economica delle GVC Le misure adottate dai governi occidentali per contrastare le aggressioni degli Huthi nel Mar Rosso riflettono l’importanza attribuita al concetto di dominio marittimo nelle strategie di sicurezza globale. Il principio della libertà di navigazione, sancito dalla Convenzione UNCLOS del 1982, rappresenta un pilastro fondamentale della diplomazia marittima multilaterale e dell’intero sistema di libero scambio globale, sostenuto altresì dai principi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Tale libertà, tuttavia, è sempre più minacciata dai conflitti regionali e dalle dinamiche geopolitiche che rischiano di frammentare le relazioni alla base delle Catene Globali del Valore. L’Italia ha dimostrato un impegno significativo nel sostenere la resilienza delle comunicazioni globali marittime, aderendo con determinazione all’operazione militare europea EUNAVFOR Àspides, volta alla messa in sicurezza del Mar Mediterraneo e delle rotte che si estendono fino al Golfo di Aden. Per il governo italiano, la stabilità di questa area strategica non è solo una priorità militare, ma un obiettivo strategico connesso alla sicurezza economica. Lo ha sottolineato lo stesso Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, evidenziando l’importanza di garantire la sicurezza nello stretto di Bab el-Mandeb, fornendo rassicurazioni sul contributo militare italiano, anche in vista di un possibile futuro disimpegno statunitense dalla regione.6 Fin dall’inizio della missione Àspides, Roma ha assunto un ruolo guida nel comando tattico delle operazioni, schierando navi di primo livello come le fregate Virginio Fasan e Federico Martinengo e il cacciatorpediniere Caio Duilio per contrastare le minacce agli asset commerciali nel Golfo di Aden. Durante la cerimonia del passaggio del comando della missione tra Italia e Grecia, svoltasi il 6 novembre 2024, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Luciano Portolano, ha ribadito che lo scopo della missione rimane quello di “fornire supporto alle linee marittime di comunicazione e garantire il diritto alla libertà di navigazione.” Le dichiarazioni istituzionali sembrano così confermare l’esistenza di una relazione strategica tra sicurezza marittima e GVC. Secondo i dati raccolti dall’ICE, il 67,4% dell’export italiano nel 2023 aveva come destinazione destinazione mete portuali nell’indo-pacifico.7 Tuttavia, le rotte che attraversano il Mar Rosso e il Golfo di Aden sono sempre più vulnerabili alle tensioni geopolitiche, mettendo così a rischio la sovranità economica e l’approvvigionamento di risorse essenziali per il Paese. Ripristinare la stabilità in questa regione chiave consentirebbe all’Italia di preservare l’accesso ai canali logistici strategici, dai quali dipendono le importazioni di materie prime, energia e componenti industriali, nonché il regolare transito delle merci attraverso il Canale di Suez. Tali dinamiche assumono una rilevanza ancor maggiore alla luce delle critiche rivolte alla globalizzazione e alla sostenibilità delle GVC. Alcuni politici invocano un ritorno al protezionismo e all’autarchia economica, proponendo il reshoring delle filiere produttive, ovvero il processo antitetico alla suddivisione globale del lavoro, che prevede la ricollocazione entro i confini nazionali di quelle attività estrattive, manifatturiere e di distribuzione, che furono esternalizzate nei paesi di nuova indipendenza politica (Europa Orientale) e di rapido sviluppo economico (Sud-Est Asiatico), allo scopo di sfruttare le nuove opportunità di mercato dettate dalla fine della Guerra Fredda. Tuttavia, questa strategia, sebbene popolare in certi ambienti, si scontra con la complessa realtà economica contemporanea. Le GVC rimangono altamente dipendenti, ed estremamente voraci, di risorse primarie ed energetiche, soprattutto: minerali rari, semiconduttori, e combustibili fossili. La relazione è ancora più sensibile ora, in un momento di rinnovamento industriale in cui la transizione energetica verso tecnologie a basse emissioni richiede una crescente disponibilità di terre rare, di cui oltre il 40% vengono estratte nel sottosuolo della RPC.8 La geopolitica dei minerali evidenzia una profonda dipendenza economica nazionale dai settori ad alto valore aggiunto, come quello dei semiconduttori e dei microchip. Nonostante le aspirazioni di maggiore autonomia strategica delineate nel rapporto di Mario Draghi sul rilancio della competitività europea9, oggi l'Europa si confronta con la realtà di una catena del valore globale dominata dai giganti dell'elettronica mondiale. L'azienda italo-francese STMicroelectronics ha compiuto significativi progressi nel campo, ma permangono sfide strutturali. La dipendenza tecnologica, il divario di know-how e la carenza di infrastrutture adeguate per l'estrazione e lo sviluppo dei minerali critici mettono in evidenza il gap che separa l'Europa dai principali attori globali. Colossi come TSMC, Samsung e Intel detengono una posizione dominante grazie a capacità produttive avanzate e un accesso privilegiato alle risorse necessarie. Tentativi troppo ambiziosi di reshoring rischierebbero di compromettere gravemente l'approvvigionamento nazionale di materiali fondamentali, sia per l'industria civile che per quella militare. La sfida per l'Europa non risiede solo nel colmare il divario tecnologico, ma anche nel garantire un accesso stabile e sostenibile alle materie prime essenziali, promuovendo al contempo investimenti mirati nello sviluppo infrastrutturale e nella ricerca avanzata. Se non altro, la globalizzazione rafforza anche la cooperazione internazionale, incentivando la trasmissione di ricchezza, conoscenze e manodopera qualificata. Studiosi come Uri Dadush considerano la globalizzazione un fenomeno intrinseco al sistema internazionale contemporaneo.10 Le guerre, le tensioni divampano, arroventando l’equilibrio mondiale; i piccoli stati sfidano le egemonie economiche; e nel frattempo, la globalizzazione continua a fluire, a espandersi, a riempire spazi geografici, premiando gli attori capaci di attrarre gli investimenti grazie alla loro cultura, economia e produttività, come fecero le tigri asiatiche a partire dagli anni Ottanta. L’adozione di misure più efficaci per garantire la libertà di navigazione, anche attraverso una maggiore cooperazione internazionale, è quindi imprescindibile. Un’analisi della Banca Mondiale (2022) sottolinea inoltre l’impatto umano ed economico di una eventuale rottura definitiva delle GVC tra Europa e Asia: un disinvestimento occidentale dalla Cina, con la conseguente chiusura delle forniture di Pechino e il blocco contestuale della filiera manifatturiera condivisa, potrebbe spingere 52 milioni di persone verso la povertà estrema. Questo dato dimostra come le GVC rimangano fondamentali per il mantenimento della prosperità globale. Secondo la WTO, nel 2018 il 29% del valore dei beni e servizi finiti derivava da contributi stranieri. Questo intreccio internazionale riduce i costi di produzione, promuove l’efficienza e stimola l’innovazione. (figura 3) Oggi, le multinazionali (MNZs) giocano un ruolo cruciale nel preservare questa struttura, opponendosi al fenomeno del reshoring per via degli alti costi associati. Inoltre, la frammentazione delle GVC penalizzerebbe maggiormente i paesi in via di sviluppo, privandoli dell'accesso ai mercati globali e dei benefici derivanti dall'integrazione economica. Storicamente, gli scambi commerciali hanno sempre facilitato la condivisione di risorse, idee e competenze, costruendo ponti culturali ed economici che arricchiscono l’intero sistema internazionale. Mantenere attive e resilienti le arterie logistiche globali rappresenta una priorità strategica condivisa, imprescindibile per garantire stabilità e progresso in un mondo sempre più interconnesso. In conclusione, la crisi del Mar Rosso rappresenta una minaccia concreta agli interessi nazionali italiani, e in senso lato, al sistema di libero scambio del Mediterraneo allargato. Per l’Italia, posizionata strategicamente al crocevia delle rotte marittime tra Europa, Asia e Africa, l’adozione di una postura meno remissiva è indispensabile per proteggere i flussi commerciali vitali e preservare la sovranità economica. Rafforzare la presenza nelle missioni internazionali, ampliare la cooperazione multilaterale e investire in infrastrutture marittime e logistiche rappresentano priorità imprescindibili per garantire la stabilità e la competitività del Paese. La storia del Mediterraneo insegna che le potenze in grado di controllare le proprie acque e garantire la sicurezza delle rotte commerciali hanno prosperato economicamente e politicamente. Dai Fenici ai Romani, fino alle potenze marittime moderne, il dominio sui mari ha sempre rappresentato un prerequisito per lo sviluppo e la stabilità di un popolo. Di fronte alle sfide odierne, l’Italia, di concerto con le potenze alleate, è chiamata ad affermare il proprio impegno verso la salvaguardia delle arterie marittime globali, non solo come misura di sicurezza nazionale, ma come contributo strategico al mantenimento di un ordine economico aperto e resiliente, essenziale per affrontare le incertezze di un mondo sempre più interconnesso. 1 Osservatorio Maritime Economy (srm), Corridoi ed Efficienza Logistica dei Territori, ed. 2024. 2 F. Bertasi, Rivista di “Domino”, No. 2, Febbraio 2024, p. 64. 3 PortWatch, International Monetary Fund. 4 Freightos Baltic Index: Global Container Freight Index, https://fbx.freightos.com [ultimo accesso: Luglio 2024]. 5 Una nave che raggiunge l’Oceano Indo-Pacifico, transitando da Capo di Buona Speranza, deve percorrere circa 2.700 miglia nautiche aggiuntive rispetto a una nave che vi giunge attraverso il Mar Rosso. (N.d.A.) 5 Una nave che raggiunge l’Oceano Indo-Pacifico, transitando da Capo di Buona Speranza, deve percorrere circa 2.700 miglia nautiche aggiuntive rispetto a una nave che vi giunge attraverso il Mar Rosso. (N.d.A.) 6 Conferenza stampa del Ministro Tajani a margine della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, 17 Febbraio 2024. 7 ICE_2023_Rapporto_web.pdf 8 WTO, Global Value Chain Development Report 2023. 9 M. Draghi, The future of European competitiveness – A competitiveness strategy for Europe, 9 Settembre 2024. 10 U. Dadush, The Policy Response to Global Value Chain Disruption, in “Global Policy”, Vol. 14, 2023, pp. 548- 557. © RIPRODUZIONE RISERVATA Scarica l'articolo ![]()
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Andrea ZanoniBio non disponibile Cerca▼Cerca per argomenti oppure un'autore
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