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OHi Mag Report Geopolitico nr. 213 Fonte LT Sean F. Barry, USN, "Safety of Navigation is Not the Priority", Center for Maritime Strategy, 9 settembre 2025, https://centerformaritimestrategy.org/publications/safety-of-navigation-is-not-the-priority/ Introduzione
La Marina degli Stati Uniti si trova oggi di fronte a un paradosso formativo di portata strategica: mentre le riforme implementate dopo i tragici incidenti del 2017 (gli incidenti tragici più significativi che hanno coinvolto la US Navy includono le collisioni delle navi da guerra USS Fitzgerald (DDG-65) e USS John S. McCain (DDG-56) con navi commerciali, che hanno causato la morte di numerosi marinai) hanno certamente migliorato la sicurezza della navigazione, hanno simultaneamente creato una generazione di ufficiali navali inadeguatamente preparati per il combattimento in mare. Il Tenente Sean F. Barry solleva una questione fondamentale che trascende i confini americani e investe l'intera concezione moderna della guerra navale: la sicurezza della navigazione non dovrebbe essere la priorità assoluta, ma piuttosto il requisito minimo su cui costruire competenze militari più complesse. Questa riflessione critica emerge in un momento storico in cui le tensioni geopolitiche globali richiedono marine militari capaci di operare efficacemente in scenari di conflitto, non semplicemente di evitare collisioni in tempo di pace. La questione sollevata da Barry rappresenta un microcosmo di sfide più ampie che investono tutte le marine militari occidentali, chiamate a bilanciare sicurezza operativa e preparazione al combattimento in un contesto internazionale sempre più instabile. La riforma dell'addestramento navale post-2017 negli USA Le tragiche collisioni della USS Fitzgerald (DDG 62) e della USS John S. McCain (DDG 56) nel 2017 rappresentarono un momento di svolta per la Marina degli Stati Uniti, catalizzando una serie di riforme strutturali nell'addestramento degli ufficiali con incarico di guardia in plancia che hanno ridefinito completamente i curricula formativi. Le indagini condotte dal Government Accountability Office, dalle sottocommissioni del Congressional Committee on Armed Services, dal National Transportation Safety Board e dal Dipartimento della Marina identificarono unanimemente bassi standard di conoscenza marinaresca e una scarsa applicazione delle regole internazionali per pevenire gli abbordi in mare (COLREGS) come fattori contribuenti principali. La risposta istituzionale fu immediata e radicale. Gli Surface Warfare Officers (SWO), responsabili dell'operatività delle navi da guerra, divennero il focus principale delle riforme attuate. L'introduzione di test periodici obbligatori sulle "regole" da parte della Guardia Costiera, superate solo sulla base del raggiungimento di un punteggio minimo del 90%, rappresentò solo la punta dell'iceberg di una trasformazione formativa più profonda. Quattro corsi fondamentali furono completamente rivisti per includere addestramento più rigoroso in marinaresca e navigazione. La nuova struttura formativa richiede ora che gli SWO completino il Basic Division Officer's Course (BDOC) e l'Officer of the Deck (OOD) Phase 1 prima di imbarcarsi sulla loro prima nave, seguiti dall'Advanced Division Officer's Course (ADOC) e dall'OOD Phase 2 prima dell'assegnazione alla seconda unità. Questa sequenzialità rappresenta un cambio paradigmatico rispetto al passato, quando molte competenze venivano acquisite direttamente a bordo attraverso esperienza pratica. L'intero curriculum dei corsi OOD e almeno un quarto di BDOC e ADOC si concentrano specificamente su navigazione e capacità marinaresca, coprendo un spettro amplissimo di argomenti che spazia dalla gestione del team di guardia alle previsioni meteorologiche, fino a tematiche più sfumate come la conformità alle normative di protezione ambientale e la navigazione astronomica. Gli ufficiali trascorrono ore in simulatori iper-realistici, navigando in porti, stretti e oceani aperti in condizioni che replicano fedelmente la realtà operativa. Il culmine di questa formazione consiste in esami scritti e valutazioni pass-fail nei simulatori, un sistema che garantisce standard uniformi ma che, secondo la critica di Barry, produce "marinai professionisti" piuttosto che "ufficiali di marina completi". Questi laureati sono indubbiamente competenti nella navigazione da porto a porto, ma la preparazione al combattimento rimane significativamente lacunosa. La lacuna più eclatante riguarda l'assenza completa di addestramento alle manovre evasive necessarie per difendersi da missili, siluri o droni in arrivo. Questi argomenti non sono coperti in presentazioni, esami o scenari di simulazione, e vengono menzionati meno di una dozzina di volte durante l'intero BDOC. Questa omissione appare particolarmente grave considerando che tali minacce rappresentano realtà operative quotidiane in molti teatri operativi contemporanei. Mentre BDOC e ADOC includono contenuti teorici sulla guerra marittima, manca completamente l'applicazione pratica di questi principi alle manovre di una nave da guerra in operazioni navali o combattimento. Gli unici scenari di simulazione che coinvolgono esplicitamente le manovre per operazioni navali coprono vagamente rifornimenti in movimento, operazioni di volo e comunicazioni radio. Questa preparazione poteva essere sufficiente per ciò che la maggior parte delle navi da guerra vedeva in tempo di pace - transiti di routine di oceani, stretti e porti, richiedenti rigorosa aderenza ai COLREGS - ma risulta inadeguata per navi che oggi si trovano in mari ostili con avversari qualitativamente seri all'orizzonte. I corsi non fanno alcuno sforzo per rispondere alle domande reali che un Officer of the Deck deve porsi: quando è necessaria la deviazione dalle regole per compiere la missione? Qual è il ruolo nel verificare che i missili lanciati dal sistema di lancio verticale siano stati efficaci? A quale rilevamento relativo non sarà più in grado di ingaggiare un missile in arrivo con il sistema d'arma di ultima difesa (CIWS)? L'obiettivo unico dei corsi dalla loro riforma è garantire che le navi da guerra non collidano con altre imbarcazioni in mare. Il risultato è la produzione semplificata di ufficiali timorosi e avversi al rischio piuttosto che ufficiali di marina competenti nella gestione del rischio. Questa distinzione non è meramente semantica: rappresenta una differenza fondamentale nell'approccio operativo che può determinare il successo o il fallimento in scenari di combattimento reali. Alcuni SWO riconoscono apertamente che i corsi preparano inadeguatamente alle operazioni in mare, argomentando che le manovre tattiche possono essere insegnate all'arrivo sulla prima nave. Tuttavia, questa posizione ignora la realtà operativa contemporanea, dove ufficiali vengono trasferiti da Rota o Manama per imbarcarsi su navi da guerra dirette in zone di pericolo entro giorni dal loro arrivo, senza tempo per tale addestramento on-the-job. La pratica corrente è paragonabile al impiegare un pilota su una portaerei per la sua prima missione senza avergli mai insegnato a difendersi da un missile terra-aria. L'assurdità di tale approccio diventa evidente quando si considera che un ufficiale di guardia in plancia può – nei casi in cui abbia tempo a disposizione – trovare i riferimenti pertinenti o trovare le informazioni chiedendo a un collega più esperto di lui. Diversa la situazione se lo stesso ufficiale deve decidere cosa fare quando si verifichi il caso di scoperta che un missile sia in arrivo verso una fiancata della nave. In questo caso ogni secondo è importante. La soluzione apparentemente ovvia di allungare i corsi per coprire entrambi gli argomenti si scontra con la realtà operativa delle navi che non possono accettare ulteriori ritardi nell'arrivo dei loro equipaggi, vista anche la cronica incompletezza tabellare dovuta a uno scarso numero di personale impiegabile. La prioritizzazione diventa l'unica opzione viabile, e la priorità è, come ha affermato il Chief of Naval Operations, Ammiraglio Daryl Caudle, nei suoi discorsi di insediamento, "reagire adeguatamente per conto della nostra nazione quando chiamati a farlo". Barry propone un cambio di paradigma radicale: invece di insegnare agli ufficiali navali come navigare in un traffico denso, insegnargli a mantenere la posizione mentre forniscono difesa anti missili balistici vicino a traffico denso. Un ufficiale posto in uno scenario dove deve navigare da un porto senza l'uso di radio, radar e GPS per ingannare un avversario sarà più preparato per un transito in tempo di pace con quegli strumenti a sua disposizione. La proposta di utilizzare un corso simulato per insegnare a un ufficiale di guardia in plancia su come si comporti la sua nave mentre segue un percorso tortuoso dovrebbe essere sostituita dall'insegnargli a navigare lungo una rotta stretta liberata da una nave caccia-mine. Il compito richiederà una competenza ancora più elevata nella conduzione della nave e permetterà all'ufficiale di commettere errori eseguendo tattiche necessarie in tempo di guerra. L'unico rischio nel simulatore è un voto scarso assegnato da un valutatore. Ben diverso il caso reale quando in combattimento il risultato sarebbe la rottura dello scafo sotto la linea di galleggiamento e il conseguente allagamento o un possibile incendio a bordo con possibile affondamento dell’unità navale. Un ufficiale addestrato a ostacolare un’unità avversaria mentre conduce operazioni tese alla libertà di navigazione sarà più adatto a gestire l’unità e tutto ciò che si avvicina entro 3 miglia nautiche da essa. Ogni frase, ogni domanda, ogni scenario nei simulatori deve essere esplicitamente collegato alle realtà delle operazioni navali moderne e a una situazione reale di combattimento. Conseguenze geopolitiche La critica di Barry ha implicazioni geopolitiche che si estendono ben oltre i confini nazionali, toccando il cuore della credibilità deterrente occidentale negli scenari di tensione globale contemporanei. In un mondo dove Cina e Russia stanno rapidamente modernizzando le loro capacità navali e sviluppando dottrine operative sempre più aggressive, la preparazione inadeguata degli ufficiali di marina occidentali al combattimento reale potrebbe essere percepita come un segnale di debolezza strategica. La supremazia navale americana, pilastro dell'ordine internazionale post-bellico, si basa non solo sulla superiorità tecnologica delle piattaforme, ma anche sulla competenza operativa dei loro equipaggi. Se gli ufficiali americani sono addestrati principalmente per evitare collisioni in tempo di pace piuttosto che per manovrare efficacemente in combattimento, questa lacuna potrebbe incoraggiare avversari strategici a testare la determinazione e la capacità occidentale in scenari di crisi. La percezione di una marina statunitense tecnologicamente avanzata ma operativamente limitata potrebbe alterare significativamente i calcoli di rischio di potenze revisioniste, aumentando la probabilità di confronti diretti che l'Occidente preferisce evitare. Inoltre, questo divario formativo potrebbe compromettere l'efficacia delle operazioni multinazionali NATO e delle coalizioni internazionali, dove l'interoperabilità tra diverse marine militari dipende non solo dalla compatibilità tecnologica ma anche dalla condivisione di dottrine operative comuni. Se la componente navale americana, tradizionalmente leader nelle operazioni congiunte, risulta inadeguatamente preparata per scenari di combattimento complessi, l'intera architettura della sicurezza marittima occidentale potrebbe subire contraccolpi significativi. Conseguenze strategiche Dal punto di vista strategico, la dicotomia tra formazione tesa a ottenere la sicurezza della navigazione e la preparazione al combattimento rifletteno una sfida più ampia nell'adattamento delle forze navali alle realtà operative del XXI secolo. La tradizionale distinzione tra tempo di pace e tempo di guerra si è progressivamente offuscata, con marine militari chiamate a operare in zone grigie dove la minaccia di escalation è costante, ma spesso non dichiarata. L'approccio formativo criticato da Barry potrebbe generare una generazione di ufficiali eccellenti nell'evitare incidenti ma inadeguati nella gestione di scenari di confronto diretto, creando un pericoloso disallineamento tra capacità teoriche e realtà operative. Questa lacuna potrebbe manifestarsi in momenti critici, dove la differenza tra successo e fallimento operativo dipende dalla rapidità e accuratezza delle decisioni tattiche prese sotto stress estremo. La questione solleva anche interrogativi fondamentali sulla dottrina navale occidentale e sulla sua capacità di adattamento alle minacce emergenti. L'enfasi eccessiva sulla sicurezza della navigazione potrebbe riflettere un approccio strategico essenzialmente difensivo, inadeguato per contesti operativi dove l'iniziativa tattica e l'aggressività controllata rappresentano elementi decisivi. La necessità di bilanciare preparazione al combattimento e sicurezza operativa richiede una riconcettualizzazione complessiva dei curricula formativi, con implicazioni significative per i budget della difesa e le priorità strategiche nazionali. Conseguenze maritime Nel contesto specificamente marittimo, la critica di Barry evidenzia una contraddizione fondamentale nell'evoluzione delle capacità navali moderne. Mentre le tecnologie di combattimento navale hanno raggiunto livelli di sofisticazione senza precedenti, con sistemi d'arma sempre più automatizzati e capacità di ingaggio a distanze estreme, la formazione degli ufficiali responsabili dell'impiego di tali sistemi rimane ancorata a paradigmi legati a concetti inadeguati per le realtà operative contemporanee. La conseguenza più immediata di questa lacuna formativa potrebbe manifestarsi nelle operazioni di scorta navale, controllo delle rotte commerciali e pattugliamento di zone economiche esclusive, dove la capacità di rispondere rapidamente e efficacemente a minacce simmetriche e asimmetriche rappresenta un requisito operativo fondamentale. Ufficiali addestrati principalmente per evitare collisioni potrebbero trovarsi inadeguati nella gestione di scenari dove manovre aggressive e decisioni rapide sotto fuoco rappresentano la differenza tra successo e fallimento della missione. L'impatto sulla guerra antisommergibile, sulla difesa antimissile e sulle operazioni anfibie potrebbe essere particolarmente significativo, considerando che questi domini operativi richiedono una comprensione intuitiva delle dinamiche di combattimento navale che non può essere acquisita attraverso simulazioni focalizzate esclusivamente sulla sicurezza della navigazione. La complessità crescente degli ambienti operativi marittimi, caratterizzati dalla presenza simultanea di minacce aeree, di superficie e subacquee, richiede ufficiali capaci di processare informazioni multiple e prendere decisioni tattiche in frazioni di secondo. Conseguenze per l'Italia Per l'Italia, le implicazioni della critica americana all'addestramento navale assumono particolare rilevanza considerando il ruolo strategico della Marina Militare nel Mediterraneo e la crescente importanza delle missioni internazionali. La Marina, tradizionalmente ha sempre dato grande importanza alla capacità dei suoi ufficiali di condurre le unità navali. A tale proposito basti ricordare l’addestramento rappresentato dal passaggio per il ponte di Taranto o le attività della scuola di comando navale. Resta da considerare che oggi le operazioni sono orientate verso attività di pattugliamento costiero, controllo della libertà di navigazione, dell'immigrazione, e missioni umanitarie, che tende a far operare le unità in contesti sempre più complessi che richiedono capacità di combattimento sofisticate. L'acquisizione di nuove piattaforme navali avanzate, dalle fregate FREMM ai cacciatorpediniere della classe Duilio, ha significativamente aumentato le capacità tecniche della flotta, ma la questione sollevata da Barry andrebbe considerata in quanto solleva interrogativi sulla preparazione degli ufficiali della Marina Militare per l'impiego ottimale di tali sistemi in scenari di combattimento reali. La formazione presso l'Accademia Navale di Livorno e i successivi corsi di specializzazione dovranno probabilmente essere controllati a adattati alla realtà odierna al fine di incorporare scenari operativi più realistici che preparino gli ufficiali italiani non solo alla navigazione sicura ma anche al combattimento navale moderno. La partecipazione italiana a missioni NATO nel Mediterraneo orientale, nel Mar Nero e nell'Oceano Indiano richiede ufficiali capaci di operare efficacemente in ambienti ad alta tensione, dove la capacità di manovra tattica e la prontezza decisionale rappresentano elementi critici per il successo della missione e la sicurezza dell'equipaggio. L'adozione di metodologie formative che bilancino sicurezza operativa e preparazione al combattimento diventa quindi una necessità strategica per garantire l'efficacia delle forze navali italiane in scenari internazionali sempre più complessi. Conclusioni La provocazione intellettuale del Tenente Barry rappresenta molto più di una critica interna alla US Navy: costituisce un campanello d'allarme per tutte le marine militari sulla necessità di ripensare fondamentalmente i paradigmi formativi in un'era di crescente competizione strategica. La sicurezza della navigazione, pur rimanendo un requisito essenziale, non può diventare l'obiettivo finale dell'addestramento navale, ma deve rappresentare la base su cui costruire competenze di combattimento più complesse e realistiche. La sfida per i responsabili dell'addestramento in mare consiste nel trovare un equilibrio ottimale tra la necessaria cautela operativa e l'indispensabile preparazione al combattimento, sviluppando curricula che preparino gli ufficiali tanto per la navigazione sicura quanto per l'impiego efficace delle loro navi come strumenti di guerra. Questo richiede un investimento significativo in simulatori avanzati, scenari di addestramento realistici e una cultura professionale che premi la mitigazione intelligente del rischio piuttosto che la sua completa eliminazione. L'alternativa - una generazione di ufficiali tecnicamente competenti ma tatticamente inadeguati - rappresenterebbe un rischio inaccettabile per la sicurezza nazionale e la stabilità internazionale in un mondo sempre più pericoloso.
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