OHi Mag Report Geopolitico nr. 141 INTRODUZIONE L'articolo "Military ranks must face radical change or remain broken" di Donald Vandergriff, pubblicato su Responsible Statecraft, lancia un appello accorato e urgente per una trasformazione radicale del sistema del personale e della leadership delle forze armate statunitensi. Vandergriff, forte di decenni di esperienza come sostenitore di riforme militari, accoglie con favore le recenti dichiarazioni del Sottosegretario alla Difesa per il Personale e la Prontezza, Stuart Scheller, vedendole come un'opportunità unica per affrontare problematiche profondamente radicate. L'autore sostiene che l'attuale sistema promuove una cultura disfunzionale, caratterizzata da burocrazie ipertrofiche, carrierismo sfrenato, carenza di leadership etica e dottrine militari fossilizzate. Questi difetti, a suo dire, non solo minano l'efficacia operativa ma servono più gli interessi del complesso militare-industriale che la sicurezza nazionale, mettendo a rischio la vita dei soldati e alimentando conflitti interminabili. I Fatti Donald Vandergriff dipinge un quadro critico del sistema di gestione del personale militare statunitense, identificandolo come la radice di molteplici disfunzioni che affliggono le forze armate. Il cuore del problema risiede nel modello di promozione "up or out" (promozione o congedo), che incentiva gli ufficiali a dare priorità all'avanzamento di carriera piuttosto che al successo della missione. Questo sistema, secondo l'autore, premia coloro che evitano controversie e si allineano allo status quo, creando un ambiente fertile per il carrierismo e una leadership poco incline all'innovazione o alla critica costruttiva. Tale dinamica si sposa perfettamente con gli interessi del complesso militare-industriale, che beneficia di operazioni oltreoceano prolungate e della domanda continua di armamenti e servizi. Vandergriff cita esempi concreti come il costoso e fallimentare programma Littoral Combat Ship (LCS), del valore di 10 miliardi di dollari, e la ventennale campagna in Afghanistan, costata 2 trilioni di dollari, che ha arricchito le aziende della difesa a fronte di errori strategici che hanno prolungato il conflitto e esposto le truppe a rischi inutili. L'autore denuncia inoltre la mancanza di leadership etica, un problema esacerbato da una cultura "zero-difetti" che punisce il dissenso motivato, come nel caso di Scheller. A supporto, cita lo studio "Lying to Ourselves: Dishonesty in the Army Profession" (2015) che evidenzia come l'eccesso di requisiti amministrativi porti a travisamenti sistematici. Un altro grave problema è l'ipertrofia delle gerarchie e dei quartier generali ("bloated officer corps and sprawling headquarters"). Citando un rapporto del Congressional Research Service (CRS) del 2024 e un articolo dell'Epoch Times del 2023, Vandergriff sottolinea come il numero di ufficiali superiori sia sproporzionato rispetto alla dimensione totale della forza, creando inefficienze, rallentando i processi decisionali e distogliendo risorse dalle unità combattenti. Per contrastare queste storture, Vandergriff propone una riforma basata su quattro pilastri: etica (promuovendo il Mission Command e il coraggio morale), merito (sostituendo l'"up or out" con un sistema basato su competenze reali), trasparenza (nei processi di promozione e assegnazione, come suggerito anche dal Marine Corps Trust Study del 2001) ed efficienza (riducendo i ranghi e i quartier generali). Conseguenze Geopolitiche Le disfunzioni sistemiche descritte da Vandergriff, se non corrette, comportano profonde e negative conseguenze geopolitiche per gli Stati Uniti. Un apparato militare appesantito dalla burocrazia, guidato da una logica carrieristica e influenzato dagli interessi del complesso militare-industriale, rischia di perdere credibilità agli occhi di alleati e avversari. La capacità di proiettare potenza in modo efficace e di rispondere prontamente alle crisi globali verrebbe compromessa. Gli alleati potrebbero iniziare a dubitare dell'affidabilità e della competenza degli Stati Uniti come partner per la sicurezza, spingendoli a cercare alternative o a sviluppare maggiori capacità autonome, potenzialmente frammentando alleanze consolidate come la NATO. D'altro canto, gli avversari potrebbero percepire queste debolezze interne come un'opportunità per sfidare più apertamente gli interessi americani e l'ordine internazionale a guida statunitense. La tendenza a impegnarsi in "guerre infinite", alimentata dalle dinamiche descritte, non solo dissipa risorse preziose ma può anche destabilizzare intere regioni, creando vuoti di potere e alimentando l'estremismo, con un effetto boomerang sulla sicurezza globale. Una leadership militare meno etica e più incline a coprire gli errori, come suggerito dallo studio "Lying to Ourselves", eroderebbe ulteriormente la fiducia internazionale nella condotta delle operazioni militari USA. Conseguenze Strategiche Sul piano strategico, le criticità evidenziate da Vandergriff sono altrettanto deleterie. Un sistema che non premia l'innovazione e il pensiero critico, ma piuttosto il conformismo e l'allineamento allo status quo, porta inevitabilmente a una "dottrina militare fossilizzata". Ciò rende le forze armate meno capaci di adattarsi all'evoluzione della guerra, alle nuove tecnologie e alle strategie asimmetriche impiegate dai potenziali avversari. La preferenza per sistemi d'arma costosi e tecnologicamente complessi, spesso spinti dal complesso militare-industriale piuttosto che da reali esigenze operative (come nel caso dell'LCS), può portare a una errata allocazione delle risorse, distogliendole da investimenti più cruciali per la prontezza e la modernizzazione. Il processo decisionale strategico, appesantito da strati eccessivi di burocrazia nei quartier generali ipertrofici, diventa lento e meno reattivo. Inoltre, la mancanza di trasparenza e la cultura del "zero-difetti" possono impedire che gli errori strategici, come quelli commessi in Iraq o Afghanistan, vengano riconosciuti e corretti tempestivamente, portando al protrarsi di conflitti mal pianificati e costosi in termini di vite umane e risorse. L'adozione di filosofie di comando più agili ed efficaci, come il Mission Command, risulta difficile in una cultura che privilegia l'obbedienza cieca al coraggio morale e all'iniziativa dei comandanti sul campo. Conseguenze Marittime Sebbene l'articolo di Vandergriff affronti il sistema del personale militare nel suo complesso, le implicazioni per il dominio marittimo sono dirette e significative. La US Navy, come le altre branche, soffrirebbe degli stessi mali: carrierismo, influenza del complesso militare-industriale nella definizione dei requisiti e nelle acquisizioni, e una potenziale sclerosi dottrinale. L'esempio del Littoral Combat Ship, menzionato esplicitamente, è emblematico di come programmi navali estremamente costosi e afflitti da problemi di progettazione possano essere portati avanti a scapito di piattaforme più efficaci e necessarie, proprio a causa delle dinamiche perverse tra Pentagono e industria. Una leadership navale plasmata dal sistema "up or out" potrebbe essere meno incline a rischi calcolati o a innovazioni tattiche e strategiche necessarie per affrontare potenze navali emergenti o minacce asimmetriche in mare. La burocratizzazione dei comandi navali e la mancanza di trasparenza potrebbero inficiare la prontezza operativa, la manutenzione delle flotte e la capacità di dispiegare rapidamente forze credibili. In un contesto di crescente competizione marittima globale, una US Navy afflitta da tali problemi strutturali vedrebbe ridotta la sua capacità di garantire la libertà di navigazione, proteggere le linee di comunicazione marittime vitali e proiettare potenza in modo efficace, con un impatto diretto sulla stabilità degli oceani e sul commercio mondiale. Conseguenze per l'Italia Per l'Italia, membro chiave della NATO e nazione con profondi interessi strategici nel Mediterraneo, le conseguenze di un sistema militare statunitense disfunzionale sarebbero molteplici. Innanzitutto, l'affidabilità e l'efficacia dell'ombrello di sicurezza americano, pilastro della difesa collettiva europea, verrebbero messe in discussione. Una minore capacità statunitense di rispondere alle crisi o di mantenere una presenza deterrente in aree vitali come il Mediterraneo "allargato" potrebbe creare vuoti di potere e instabilità, con ricadute dirette sulla sicurezza italiana, inclusa la gestione dei flussi migratori, la sicurezza energetica e la lotta al terrorismo. L'Italia e gli altri alleati europei potrebbero trovarsi sotto crescente pressione per aumentare i propri contributi alla difesa e assumersi maggiori responsabilità operative, in un contesto di risorse comunque limitate. La qualità della cooperazione militare e dell'interoperabilità all'interno dell'Alleanza Atlantica potrebbe risentire di una leadership statunitense meno innovativa o più incline a errori strategici. Inoltre, se il complesso militare-industriale americano spingesse per soluzioni non ottimali o per un coinvolgimento prolungato in conflitti lontani, ciò potrebbe distogliere l'attenzione e le risorse da teatri più vicini e rilevanti per gli interessi italiani ed europei. La perdita di fiducia pubblica nelle istituzioni militari statunitensi, citata nell'articolo, potrebbe anche avere un effetto contagio, minando il sostegno popolare per le missioni internazionali e la cooperazione transatlantica. CONCLUSIONI In definitiva, l'analisi di Donald Vandergriff mette a nudo una crisi sistemica all'interno delle forze armate statunitensi, dove il meccanismo di gestione del personale e la cultura della leadership appaiono non solo inadeguati ma attivamente dannosi per la sicurezza nazionale e il benessere dei militari. Le problematiche del carrierismo, dell'influenza pervasiva del complesso militare-industriale, delle burocrazie elefantiache e della carenza di etica e trasparenza dipingono un quadro preoccupante, le cui conseguenze si estendono ben oltre i confini americani, toccando la stabilità geopolitica, l'efficacia strategica e la sicurezza marittima globale, con implicazioni dirette per alleati come l'Italia. Vandergriff non si ferma però alla critica, ma indica una via d'uscita attraverso una riforma strutturata sui quattro pilastri: etica, merito, trasparenza ed efficienza, inclusa la drastica riduzione dei ranghi dirigenziali e dei quartier generali. L'autore vede nell'attuale congiuntura, con una nuova leadership al Pentagono potenzialmente più sensibile al tema, un'opportunità cruciale per smantellare un sistema obsoleto e costruire una forza armata che valorizzi le competenze reali, il coraggio morale e che sia realmente al servizio del Paese, riducendo l'impulso verso "guerre infinite" e proteggendo coloro che servono in uniforme. La sfida è immensa, ma la posta in gioco – la vitalità stessa della difesa americana – lo è ancora di più. RIFERIMENTO. Vandergriff, Donald, "Military ranks must face radical change or remain broken", Responsiblestatecraft.org, 02 giugno 2025, https://responsiblestatecraft.org/hegseth-personnel-reforms-military/. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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