Introduzione La Royal Navy, storica spina dorsale della potenza marittima britannica e pilastro della NATO, sta attraversando una crisi profonda e multidimensionale, i cui contorni sono stati delineati con preoccupante chiarezza da una serie di articoli pubblicati da Navy Lookout. Le recenti dimissioni del Primo Lord del Mare, Ammiraglio Sir Ben Key, sebbene attribuite a ragioni personali, giungono in un momento in cui la flotta di Sua Maestà è assediata da una tempesta perfetta di carenze di personale, sottofinanziamento cronico e una conseguente, dolorosa contrazione delle capacità operative. Questa situazione, lungi dall'essere un problema isolato, riflette decisioni strategiche ed economiche risalenti a oltre un decennio fa, i cui effetti deleteri stanno ora venendo drammaticamente a galla. Il presente saggio si propone di analizzare i fatti salienti di questa crisi, per poi esplorarne le complesse conseguenze geopolitiche, strategiche, marittime e le specifiche, seppur indirette, implicazioni per l'Italia. I fatti raccontati da Navy Lookout Gli articoli di Navy Lookout dipingono un quadro allarmante dello stato della Royal Navy (RN) e della sua componente ausiliaria, la Royal Fleet Auxiliary (RFA). Al centro delle cronache vi sono le immediate dimissioni dell'Ammiraglio Sir Ben Key, Primo Lord del Mare, che avrebbe dovuto lasciare l’incarico nell’estate prossima, ufficialmente per motivi personali, ma che si inseriscono in un contesto di speculazioni su una sua possibile frustrazione per la mancanza di supporto politico e risorse adeguate alla Difesa. Il suo mandato, iniziato nel novembre 2021, è stato segnato da un declino misurabile della forza navale. Il First Sea Lord sarà sostituito dal Second Sea Lord l’ammiraglio Sir Martin Connell, in attesa della nomina ufficiale. Tra i possibili candidati alla sua successione spicca il Generale Sir Gwyn Jenkins, che diventerebbe il primo Royal Marine a ricoprire tale incarico. La crisi finanziaria è palpabile: nel febbraio 2023, l'allora Segretario alla Difesa Ben Wallace richiese al Tesoro almeno 11 miliardi di sterline extra solo per mantenere il programma esistente a fronte dell'inflazione, ricevendone solo 5, in gran parte destinati a rimpiazzare le scorte di munizioni inviate all'Ucraina e al progetto sottomarino AUKUS. Questa carenza di fondi ha costretto a scelte dolorose. Due fregate Type 23, HMS Westminster e HMS Argyll, sarebbero destinate alla rottamazione, principalmente per mancanza di equipaggi. La decisione sulla Argyll sorprende, essendo la nave in refitting dal 2022. La perdita di queste unità ridurrebbe il numero di fregate in servizio a sole nove (più sei cacciatorpediniere), mettendo in dubbio la credibilità dell'intera flotta. Particolarmente critica è la questione dei sonar rimorchiati Type 2087 (TAS), essenziali per la guerra antisommergibile (ASW), non installati su tutte le fregate per tagli pregressi. Anche la capacità anfibia è gravemente compromessa: le navi da sbarco (LPD) HMS Bulwark, nonostante un costoso refitting iniziato nel 2019, e HMS Albion sarebbero destinate alla riserva a lungo termine per carenza di personale. Ciò svuoterebbe ulteriormente il concetto di Littoral Response Group e ridimensionerebbe le capacità operative dei Royal Marines, pur non significandone la fine. Le navi ausiliarie classe Bay non sono un sostituto adeguato, e le future Multi-Role Support Ships (MRSS) sono ancora lontane. La crisi del personale è il filo conduttore di molti problemi. La RN sta persino pubblicizzando su LinkedIn la posizione di Contrammiraglio – Direttore dei Sottomarini, per mancanza di candidati interni idonei, un segnale di fallimento nella gestione dei talenti e una preoccupazione per la supervisione della forza sottomarina, nucleare inclusa. La riduzione degli equipaggi, sebbene possa liberare personale per le nuove fregate Type 26 e Type 31, non è una soluzione semplice a causa della necessità di competenze specialistiche e dei tempi di formazione. Il "rimbalzo" di reclutamento durante il COVID è stato seguito da un crollo delle domande e un aumento delle dimissioni volontarie (Voluntary Outflow - VO) post-pandemia. Sebbene la retribuzione non sia la ragione principale, la sua erosione a causa dell'inflazione sta diventando un fattore critico, come evidenziato dall'Armed Forces Continuous Attitude Survey (AFCAS). Le carenze sono acute in specializzazioni chiave come gli ingegneri navali. La qualità variabile degli alloggi e delle infrastrutture a terra contribuisce ulteriormente al basso morale. La Royal Fleet Auxiliary (RFA) versa in condizioni altrettanto critiche. Solo due delle sette navi da rifornimento sono attive. RFA Tiderace è in disarmo per mancanza di equipaggio, e RFA Fort Victoria, cruciale per il supporto logistico del Carrier Strike Group (CSG), difficilmente sarà disponibile per il dispiegamento CSG25 nell'Indo-Pacifico. La RN ha dovuto firmare un memorandum d'intesa con la Marina tedesca per il supporto di navi cisterna durante l'addestramento. Il personale RFA, rappresentato dai sindacati RMT e Nautilus, ha votato per lo sciopero a causa di una riduzione del potere d'acquisto di circa il 30% dal 2010. Un rapporto indipendente del Faststream Recruitment Group ha confermato che le retribuzioni RFA sono inferiori alla media di mercato, con condizioni di lavoro più dure. Nonostante ciò, la RFA continua a svolgere compiti importanti, come il supporto all'operazione umanitaria a Gaza e il dispiegamento del Littoral Response Group (South) (RFA Lyme Bay e Argus) a est di Suez, sebbene i piani per un loro stazionamento permanente in Asia-Pacifico siano stati rivisti. Conseguenze Geopolitiche Le difficoltà della Royal Navy hanno profonde ripercussioni geopolitiche. La capacità del Regno Unito di proiettare potenza e influenza a livello globale, un caposaldo della sua politica estera post-Brexit ("Global Britain"), è direttamente minacciata. La ridotta disponibilità di navi da guerra e ausiliarie limita la presenza britannica in aree strategiche chiave, dall'Atlantico settentrionale all'Indo-Pacifico. Il dispiegamento del CSG25 dovrà tener conto della carenza di supporto logistico RFA. La credibilità del Regno Unito come alleato affidabile all'interno della NATO e in altri contesti multilaterali (come AUKUS) rischia di essere erosa. Se una delle principali potenze navali dell'Alleanza Atlantica non è in grado di mantenere i propri impegni o di fornire le capacità promesse, il peso ricade inevitabilmente sugli altri membri. La necessità di appoggiarsi alla Marina tedesca per navi cisterna da addestramento è un segnale imbarazzante di questa dipendenza. La postura di deterrenza nei confronti di potenziali avversari, in particolare la Russia, che sta intensificando la sua attività sottomarina nell'Atlantico settentrionale, è indebolita da una flotta visibilmente in affanno e numericamente ridotta. Un Regno Unito navalmente meno capace significa anche una minore influenza nelle dinamiche di sicurezza marittima internazionale e una voce potenzialmente meno autorevole nei consessi globali. Conseguenze Strategiche Dal punto di vista strategico, la crisi attuale costringe il Regno Unito a una revisione, forse non esplicita ma certamente fattuale, delle proprie ambizioni. La capacità di condurre operazioni anfibie su scala significativa, una componente fondamentale della proiezione di forza, è quasi azzerata con il probabile disarmo delle LPD Albion e Bulwark. Il concetto di Littoral Response Group, già ridimensionato, diventa ancora più teorico. La capacità di lotta antisom (ASW), cruciale per la protezione delle rotte marittime, del deterrente nucleare e dei gruppi portaerei, è minacciata dalla riduzione del numero di fregate e dalla non completa dotazione di sonar TAS. Strategicamene, la Royal Navy rischia un "hollowing out", ovvero uno svuotamento di competenze e capacità operative reali dietro una facciata di piattaforme moderne ma non pienamente equipaggiate o equipaggiabili. La perdita di personale esperto e la difficoltà nel formare nuove leve con le giuste specializzazioni (come gli ingegneri o gli specialisti della forza sottomarina) creano un deficit di conoscenza istituzionale difficile da colmare nel breve-medio termine. Questo potrebbe portare a una dipendenza crescente da tecnologie automatizzate o da un ripensamento radicale delle dottrine operative, orientandosi verso missioni più limitate o una maggiore integrazione con le marine alleate, non per scelta strategica ma per necessità. Il fallimento nel finanziare adeguatamente la Strategic Defence Review (SDR) mina la capacità di rispondere alle minacce identificate. Conseguenze Marittime Le conseguenze marittime dirette sono una drastica riduzione della disponibilità della flotta. Meno navi operative significano una minore capacità di pattugliamento, tempi di risposta più lunghi alle crisi, e una maggiore pressione sulle unità e sugli equipaggi rimanenti, esacerbando i problemi di morale e ritenzione. La manutenzione delle navi, già un punto critico, potrebbe subire ulteriori ritardi o tagli, portando a un circolo vizioso di inefficienza e usura accelerata degli assetti. La capacità di sostenere operazioni prolungate lontano dalle basi, come quelle richieste da un Carrier Strike Group, è seriamente compromessa dalla crisi della RFA. La mancanza di navi da rifornimento adeguate (in particolare per le scorte solide e le munizioni) limita l'autonomia e la flessibilità operativa del gruppo portaerei, costringendolo a fare affidamento su porti amici predeterminati o sul supporto logistico di nazioni alleate, minando il concetto di CSG indipendente. La sicurezza delle Sea Lines of Communication (SLOCs), vitali per l'economia britannica, diventa più difficile da garantire con una presenza navale diradata. Anche la capacità di condurre addestramenti realistici e complessi è ridotta, come dimostra la necessità di una nave cisterna tedesca per il Flag Officer Sea Training (FOST). Conseguenze per l’Italia Le difficoltà della Royal Navy, pur essendo un problema primariamente britannico, possono avere riflessi indiretti anche per l'Italia. In un contesto NATO, l'indebolimento di un partner navale chiave come il Regno Unito significa che il fardello della sicurezza marittima collettiva, specialmente nel Mediterraneo e nelle sue adiacenze, potrebbe distribuirsi maggiormente su altre marine alleate, inclusa quella italiana. L'Italia, con la sua crescente capacità di proiezione marittima e le sue moderne capacità (incluse le portaerei), potrebbe essere chiamata a un impegno ancora maggiore per colmare eventuali lacune lasciate dalla ridotta operatività britannica in specifiche aree o missioni dell'Alleanza. La crisi della RN offre anche lezioni preziose per l'Italia e altre nazioni europee riguardo alla necessità di investimenti sostenuti e a lungo termine nella difesa, e soprattutto nella gestione del personale, per evitare dinamiche simili di declino. Potrebbero emergere opportunità di collaborazione industriale o operativa, qualora il Regno Unito cercasse partner per condividere oneri o sviluppare capacità congiunte. Tuttavia, la conseguenza più probabile è un aumento della pressione sulle marine europee per garantire la stabilità e la sicurezza negli spazi marittimi di interesse comune, in un momento in cui le sfide geopolitiche sono in aumento. La Marina Militare Italiana, con la sua professionalità e i suoi assetti, potrebbe vedere accresciuto il suo ruolo e la sua importanza strategica nel fianco sud della NATO. Conclusioni e Raccomandazioni La situazione della Royal Navy, così come emerge dagli articoli di Navy Lookout, è quella di una forza navale un tempo egemone che lotta per mantenere la propria rilevanza di fronte a un'erosione sistemica di risorse umane, finanziarie e materiali. Non si tratta di problemi passeggeri, ma di una crisi strutturale che affonda le radici in decenni di decisioni miopi e sotto-investimenti, i cui nodi stanno venendo al pettine con una forza devastante. Le dimissioni del Primo Lord del Mare sono solo la punta dell'iceberg di un malessere diffuso che rischia di compromettere irrimediabilmente la capacità del Regno Unito di tutelare i propri interessi e contribuire alla sicurezza globale. Per invertire questa china pericolosa, sono necessarie azioni coraggiose e immediate. In primo luogo, un impegno politico ed economico reale e sostenuto per la Difesa, che vada oltre le mere dichiarazioni d'intenti e si traduca in finanziamenti adeguati a coprire non solo i nuovi programmi, ma anche la manutenzione e l'ammodernamento dell'esistente e, soprattutto, il personale. È imperativo affrontare la crisi del personale con un pacchetto completo che includa retribuzioni competitive, migliori condizioni di vita e di lavoro, e percorsi di carriera gratificanti. Senza i suoi marinai, la Royal Navy non è che un insieme di scafi vuoti. È fondamentale una pianificazione strategica realistica, che allinei le ambizioni con le risorse disponibili, per evitare il ripetersi di cicli di espansione e contrazione dannosi. Solo così la Royal Navy potrà sperare di superare l'attuale "tipping point" e ricostruire la propria forza, a beneficio del Regno Unito e dei suoi alleati. Riferimento: AA.VV., "Professional head of the Royal Navy, Admiral Ben Key has resigned, citing personal reasons"; "Is the Royal Navy in crisis?"; "First Sea Lord will not run from the challenge of fixing the Royal Navy"; "Diminishing strength of the Royal Fleet Auxiliary undermines the Royal Navy’s global reach"; "Not enough sailors – another Royal Navy personnel crisis is brewing". Sito: Navy Lookout (www.navylookout.com). Le date degli articoli sono compresi tra il 2024 e il maggio del 2025. Questo saggio va aggiornato con quanto emerso successivamente nel sito: https://www.independent.co.uk/news/uk/home-news/royal-navy-admiral-ben-key-investigation-relationship-b2748316.html. L'Ammiraglio Sir Benjamin Key, capo della Royal Navy (First Sea Lord), avrebbe temporaneamente lasciato le sue funzioni a seguito di un'indagine. Secondo quanto riportato da diverse testate giornalistiche, l'inchiesta, confermata dal Ministero della Difesa britannico, riguarderebbe una presunta relazione inappropriata con un'ufficiale donna sua subordinata, in violazione del "service test" interno alla Marina, che stabilisce gli standard di condotta. Sir Benjamin, 59 anni, sposato e padre di tre figli, con una carriera quarantennale nella Marina, ricopriva la prestigiosa carica di First Sea Lord dal 2021. Si prevedeva il suo ritiro per l'estate, ma gli è stato invece chiesto di sospendere il suo incarico durante lo svolgimento delle indagini. Il comando della Royal Navy è stato assunto ad interim dal Second Sea Lord, il Vice Ammiraglio Sir Martin Connell. Il ruolo del First Sea Lord è di massima importanza, essendo responsabile dell'efficacia bellica, dell'efficienza operativa e del morale dell'intera forza navale. Sir Benjamin, che ha ricevuto numerose e importanti onorificenze nel corso della sua lunga carriera, tra cui il titolo di Cavaliere Commendatore dell'Ordine del Bagno (KCB), è stato contattato per un commento sulla vicenda, ma al momento non sono state rilasciate dichiarazioni personali. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giugno 2025
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