OHi Mag Report Geopolitico nr. 149 Introduzione L'intervista rilasciata dall'ammiraglio Enrico Credendino, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, a Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera, offre uno spaccato lucido e allarmante sulle nuove sfide che l'Italia e l'Occidente affrontano in un contesto globale radicalmente mutato. Dalle parole dell'ammiraglio emerge un quadro in cui la pace in Europa non è più un dato acquisito e il Mediterraneo è tornato a essere un'arena di confronto diretto tra potenze. Le lezioni apprese dal conflitto ucraino, la minaccia persistente della flotta russa, la guerra non dichiarata nel Mar Rosso e la necessità di un'urgente innovazione tecnologica e strategica costituiscono i pilastri di un'analisi che va ben oltre la cronaca militare. Si tratta di una riflessione profonda sulla postura strategica dell'Italia, nazione a vocazione marittima, di fronte a un mondo più pericoloso, dove la sicurezza nazionale si gioca quotidianamente nelle acque del "lago nostrum" e lungo le rotte commerciali globali. I fatti L'ammiraglio Credendino, nel suo dialogo con Cremonesi, descrive una realtà operativa profondamente trasformata dall'aggressione russa all'Ucraina. Il fatto centrale da cui si dipana l'intera analisi è la fine dell'era post-Guerra Fredda, un periodo in cui la Marina Militare operava prevalentemente in missioni di pace, considerando il continente europeo un'area sicura. Oggi, afferma Credendino, "abbiamo la guerra in casa". Questa nuova realtà si è manifestata con una presenza navale russa senza precedenti nel Mediterraneo, che tra il 2022 e il 2023 ha raggiunto picchi di quindici navi da guerra e tre sottomarini, costringendo la flotta italiana a un intenso e costante sforzo di monitoraggio. Sebbene oggi la presenza russa sia numericamente ridotta a cinque o sei unità, la minaccia persiste e si evolve. Mosca, infatti, sta cercando attivamente di stabilire una base navale a Derna, in Libia, una mossa che l'ammiraglio definisce "un dramma" per la sicurezza italiana. Questa proiezione di potenza russa nel cuore del Mediterraneo è accompagnata da un'intensa attività di spionaggio: le navi italiane al largo della Libia sono quasi costantemente pedinate da unità russe, spesso camuffate da pescherecci, ma in realtà cariche di sensori. Parallelamente, nel Mar Rosso, la Marina italiana è impegnata in una vera e propria "guerra" nell'ambito dell'Operazione Aspides, dove ha già abbattuto otto droni Houthi per proteggere il traffico commerciale. Le conseguenze geopolitiche di questo scenario sono di vasta portata. Il Mediterraneo non è più un "lago della NATO", ma un'arena di competizione strategica. La ricerca russa di una base in Libia segna un tentativo di Mosca di proiettare la propria influenza nel fianco sud dell'Europa, sfidando l'egemonia occidentale e creando un punto di pressione permanente sull'Italia e sull'Alleanza Atlantica. Questa mossa si inserisce in una più ampia strategia russa di destabilizzazione e di ricerca di "porti caldi", resa più urgente dalla chiusura del Mar Nero da parte della Turchia. La presenza russa in Libia altererebbe drasticamente gli equilibri di potere in Nord Africa, offrendo a Mosca una leva strategica sul controllo dei flussi energetici e migratori. Sul fronte mediorientale, l'impegno italiano e internazionale nel Mar Rosso, sebbene necessario per la sicurezza economica, inserisce l'Italia direttamente in un conflitto per procura che vede contrapposti l'Iran e i suoi alleati Houthi da un lato, e l'Occidente e le potenze regionali sunnite dall'altro. Questo posiziona l'Italia su una linea di faglia geopolitica estremamente volatile, con il rischio di un'escalation che potrebbe estendersi oltre la regione. Sul piano strategico, le dichiarazioni di Credendino evidenziano una duplice trasformazione. In primo luogo, la relazione con gli Stati Uniti si è evoluta da un concetto di "piena alleanza" a uno di "intercambiabilità". Esempi come il cacciatorpediniere Duilio che dirige caccia F-16 americani dimostrano un livello di integrazione operativa senza precedenti, una necessità imposta dalla complessità delle nuove minacce. Questo, nonostante il cambio di amministrazione alla Casa Bianca, suggerisce che la cooperazione militare sul campo prosegue indipendentemente dalle turbolenze politiche. In secondo luogo, il conflitto ucraino ha impartito una lezione strategica fondamentale: la vulnerabilità delle grandi navi da battaglia tradizionali di fronte a droni a basso costo. L'affondamento di unità russe "antiquate" ha sorpreso la NATO e ha reso evidente l'insostenibilità economica dell'utilizzare missili da milioni di euro per abbattere droni da poche decine di migliaia. La Marina italiana, e con essa tutte le flotte occidentali, è quindi costretta a un'accelerazione dell'innovazione, sviluppando nuove capacità di difesa basate su cannoni ad alta precisione, sistemi di jamming e droni difensivi. La creazione di un polo per la guerra sottomarina a La Spezia e gli investimenti in droni marini, aerei e sottomarini, indicano una chiara virata verso la guerra ibrida e asimmetrica. Le conseguenze marittime sono dirette e immediate. Il Mediterraneo è diventato un bacino più affollato, conteso e pericoloso, dove il rischio di un incidente tra flotte rivali è costantemente elevato. La sicurezza delle linee di comunicazione marittima (SLOCs) è la priorità assoluta, non solo nel Mar Rosso, ma anche nel Mediterraneo stesso. La minaccia non è solo di superficie, ma si estende al dominio sottomarino. Gli attacchi al gasdotto North Stream e ai cavi sottomarini hanno acceso un allarme sulla vulnerabilità delle infrastrutture che garantiscono il flusso di dati e di energia. Per la Marina Militare, questo si traduce nella necessità di un potenziamento della flotta, non solo in termini numerici, ma soprattutto qualitativi. Le nuove unità, come la portaerei Trieste, sono concepite come piattaforme multi-dominio, capaci di imbarcare caccia, elicotteri e droni di ogni tipo. Il progetto di una futura portaerei a propulsione nucleare indica l'ambizione di garantire una presenza marittima globale e persistente, un requisito indispensabile per una nazione la cui economia dipende dal mare. Per l'Italia, le implicazioni sono esistenziali. Come nazione eminentemente marittima, la cui prosperità economica e sicurezza dipendono dalla libertà di navigazione e dalla stabilità del Mediterraneo Allargato, il quadro descritto da Credendino rappresenta una sfida epocale. Una base russa in Libia non sarebbe solo un problema militare, ma una minaccia diretta alla sicurezza energetica e alla gestione dei flussi migratori. La guerra nel Mar Rosso mette a rischio le rotte commerciali vitali che collegano l'Italia ai mercati asiatici attraverso il canale di Suez. La necessità di aumentare il budget della Difesa al 2% del PIL, in linea con gli impegni NATO, diventa non più una richiesta astratta, ma una necessità strategica urgente per dotare la Marina degli strumenti necessari ad affrontare queste minacce. L'aumento del personale, richiesto dall'ammiraglio per raggiungere i livelli di marine simili come quella francese e britannica, è la conseguenza logica di un impegno operativo che si estende oggi dal Pacifico all'Artico, richiedendo un turn-over e una sostenibilità dello sforzo che l'organico attuale fatica a garantire. Conclusioni In conclusione, l'intervista all'ammiraglio Credendino non è un semplice resoconto operativo, ma un vero e proprio manifesto strategico che delinea la nuova, e pericolosa, realtà in cui l'Italia si trova a operare. Il Mediterraneo è tornato a essere il cuore pulsante delle tensioni globali, un'arena dove la proiezione di potenze rivali e le minacce ibride mettono a repentaglio la sicurezza e la prosperità nazionale. La Marina Militare è in prima linea, costretta a un rapido adattamento tecnologico e dottrinale per affrontare sfide che vanno dalla guerra convenzionale a quella asimmetrica e cibernetica. Di fronte a questo scenario, la raccomandazione strategica che emerge è chiara e ineludibile: l'Italia deve prendere piena coscienza della sua dimensione marittima e investire di conseguenza. È necessario sostenere politicamente ed economicamente il piano di ammodernamento e potenziamento della flotta, riconoscendo che la spesa per la difesa non è un costo, ma un investimento sulla sicurezza nazionale. Bisogna inoltre rafforzare la cooperazione internazionale, sia in ambito NATO che europeo, per condividere l'onere della sicurezza marittima e sviluppare una risposta coesa alle minacce comuni. Infine, è cruciale promuovere una "cultura del mare" a livello nazionale, per far comprendere che il futuro dell'Italia si gioca, oggi più che mai, sulle acque del Mediterraneo e sugli oceani del mondo. Riferimento: Lorenzo Cremonesi, "Credendino (Marina): «Noi in azione nel mar Rosso. I russi al largo della Libia spiano la nostra Marina»", Corriere della Sera, 10 Giugno 2025, https://www.corriere.it/cronache/25_giugno_08/credendino-marina-noi-in-guerra-nel-mar-rosso-i-russi-al-largo-della-libia-spiano-la-nostra-marina-ace1795e-c6fa-4afa-b651-bb52dfbc2xlk.shtml © RIPRODUZIONE RISERVATA
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