OHi Mag Report Geopolitico nr. 153 Introduzione L'analisi di John D. McCown, pubblicata l'11 giugno 2025 dal Center for Maritime Strategy, offre una critica incisiva della politica di sicurezza nazionale statunitense, evidenziando un paradosso strategico tanto profondo quanto pericoloso. L'articolo mette a nudo come l'amministrazione americana abbia invocato poteri di emergenza economica internazionale per affrontare una minaccia considerata fittizia – il deficit commerciale – attraverso l'imposizione di dazi che alienano gli alleati e minano l'ordine liberale. Contemporaneamente, la stessa amministrazione ignora una vulnerabilità reale e crescente che rischia di paralizzare la capacità di proiezione militare della nazione: il drastico declino della flotta mercantile battente bandiera americana. Questo saggio, partendo dalla disamina di McCown, intende sintetizzarne i fatti salienti per poi esplorarne le profonde conseguenze geopolitiche, strategiche e marittime, con un'attenzione specifica alle implicazioni per un attore come l'Italia, prima di formulare conclusioni e raccomandazioni di più ampio respiro. I Fatti L'argomentazione di John D. McCown si fonda su una premessa inconfutabile: il commercio marittimo non è solo un motore economico, ma un pilastro della pace e della sicurezza globale. Con quasi la metà dei beni tangibili mondiali trasportata via mare, l'efficienza della flotta mercantile globale ha ridotto le distanze, sollevato centinaia di milioni di persone dalla povertà e, storicamente, mitigato le tensioni internazionali. In questo contesto, l'autore analizza l'uso da parte dell'amministrazione Trump dell'International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), una legge del 1977 concepita per affrontare minacce specifiche e straordinarie provenienti dall'esterno. McCown dimostra come la dichiarazione di un'emergenza nazionale basata sul deficit commerciale del 2024 – pari al 3,15% del PIL, un valore non emergenziale e inferiore a quello degli anni precedenti – rappresenti un'interpretazione illegittima della legge, come confermato da una sentenza unanime della Corte del Commercio Internazionale. L'autore evoca un precedente storico allarmante: l'embargo petrolifero imposto dagli Stati Uniti al Giappone nel 1941, una politica commerciale che fu un catalizzatore diretto dell'attacco a Pearl Harbor, dimostrando come misure economiche punitive possano innescare conflitti militari. Contrapposto a questa emergenza "fittizia", McCown identifica il vero e attuale pericolo per la sicurezza nazionale americana: la drammatica atrofia della sua capacità di trasporto marittimo strategico (sealift). A fronte di una flotta mercantile mondiale di oltre 17.500 navi, solo 95 battenti bandiera statunitense operano nel commercio internazionale. Questo dato, pari allo 0,54% del totale, impallidisce di fronte alle 2.353 navi cinesi, che rappresentano oltre il 13% della flotta globale. Questa disparità non è solo numerica, ma strategica: la Cina esercita un'influenza enorme sulla logistica mondiale, con metà della flotta mercantile globale impegnata a servire le sue rotte commerciali. In uno scenario di crisi, come un'invasione di Taiwan, la capacità di Pechino di esercitare pressioni sulle navi battenti bandiera estera per negare supporto agli Stati Uniti è un fattore critico. La conclusione di McCown è netta: l'uso corretto dell'IEEPA sarebbe dichiarare il crollo della flotta mercantile americana una vera emergenza nazionale e implementare una soluzione immediata, come l'espansione del Maritime Security Program (MSP) per aggiungere almeno 100 navi a duplice uso alla flotta, garantendo così una capacità di sealift affidabile in caso di conflitto. Conseguenze Geopolitiche La diagnosi di McCown rivela conseguenze geopolitiche profonde che trascendono la mera contabilità navale. L'abuso dell'IEEPA per imporre dazi indiscriminati, anche contro alleati storici come l'Unione Europea, il Regno Unito e il Giappone, proietta l'immagine di un'America inaffidabile e transazionale, disposta a sacrificare la coesione delle alleanze sull'altare di un nazionalismo economico mal concepito. Questa politica non solo genera ritorsioni commerciali, ma erode il capitale di fiducia che è alla base del sistema di alleanze occidentale, un sistema fondamentale per controbilanciare l'influenza di potenze revisioniste. Di fatto, mentre si combatte una guerra commerciale contro i propri amici, si ignora la preparazione del terreno per un potenziale conflitto militare in cui quegli stessi amici sarebbero indispensabili. La debolezza strutturale nella capacità di sealift, la vera emergenza, indebolisce la credibilità della deterrenza americana. Se avversari e alleati percepiscono che gli Stati Uniti non hanno la capacità logistica per sostenere un conflitto prolungato lontano dai propri confini, il valore delle garanzie di sicurezza e dei trattati difensivi diminuisce drasticamente. Si crea così un pericoloso vuoto di potere, specialmente nell'Indopacifico, che la Cina è pronta a riempire non solo con la sua potenza navale, ma anche con la sua schiacciante influenza sul commercio marittimo globale. Conseguenze Strategiche Sul piano strategico-militare, le implicazioni delineate da McCown sono allarmanti. La dottrina militare americana si basa sulla capacità di proiettare potenza (power projection) su scala globale. Tuttavia, senza un'adeguata capacità di sealift, questa dottrina diventa un guscio vuoto. Un budget per la difesa di 850 miliardi di dollari serve a poco se le brigate corazzate, le munizioni e i rifornimenti non possono raggiungere il teatro operativo in modo tempestivo e sicuro. L'autore definisce questa vulnerabilità un "tallone d'Achille", un punto debole critico che potrebbe determinare l'esito di un futuro conflitto. In uno scenario di invasione di Taiwan, la mancanza di una flotta mercantile nazionale affidabile costringerebbe gli Stati Uniti a fare affidamento su navi battenti bandiera straniera, che potrebbero essere ritirate dai loro proprietari per ragioni commerciali o sotto coercizione politica da parte di Pechino. Questo ritarderebbe e forse comprometterebbe fatalmente la risposta militare americana, alterando il calcolo strategico della Cina e rendendo un'azione militare contro Taiwan più plausibile. La strategia cinese, al contrario, appare olistica: la sua massiccia flotta mercantile non è solo uno strumento economico, ma una riserva strategica a duplice uso, perfettamente integrata in una visione di fusione civile-militare. La focalizzazione americana sui dazi, quindi, non è solo una politica economicamente dannosa, ma una distrazione strategica che distoglie risorse e attenzione politica dal colmare un divario di capacità che diventa ogni giorno più critico. Conseguenze Marittime Il dominio marittimo è l'arena in cui queste conseguenze si manifestano più concretamente. Il declino della flotta mercantile battente bandiera americana non è solo una questione numerica, ma rappresenta la perdita di un'intera base industriale e umana: cantieri navali, competenze ingegneristiche e, soprattutto, un numero sufficiente di marinai americani qualificati per equipaggiare le navi in tempo di crisi. Questa erosione di capitale umano e industriale è difficile e costosa da invertire. La proposta di McCown di espandere il Maritime Security Program mira precisamente a questo: non solo ad aumentare il numero di navi, ma a mantenere in vita un ecosistema di competenze marittime vitali per la sicurezza nazionale. La dominanza cinese nel settore va oltre il possesso delle navi. Si estende al controllo di terminal portuali strategici in tutto il mondo, al dominio nella costruzione navale e a un'influenza decisiva sui registri delle "bandiere di comodo" (Panama, Liberia, Isole Marshall), che da sole rappresentano oltre il 40% della flotta mondiale. In una crisi, Pechino potrebbe sfruttare questa leva per paralizzare la logistica del suo avversario senza sparare un colpo. Infine, i dazi stessi hanno un impatto destabilizzante sul settore marittimo, creando incertezza, alterando le rotte commerciali e aumentando i costi operativi per le compagnie di navigazione, che prosperano sulla prevedibilità e sulla stabilità. Conseguenze per l’Italia Per una nazione come l'Italia, la cui economia e sicurezza sono intrinsecamente legate al mare e all'ordine internazionale liberale, le analisi di McCown sono un campanello d'allarme. In primo luogo, una politica estera americana imprevedibile e protezionista che indebolisce il legame transatlantico è una minaccia diretta alla sicurezza italiana. La NATO, pilastro della difesa nazionale, si fonda sulla credibilità e la coesione, elementi erosi da guerre commerciali tra alleati. In secondo luogo, l'Italia, come penisola nel cuore del Mediterraneo e piattaforma logistica naturale, soffre direttamente l'instabilità del commercio marittimo globale. I dazi e le contromisure alterano i flussi commerciali che alimentano i porti italiani e sostengono le esportazioni del "Made in Italy". La prospettiva di un'interruzione delle rotte a causa di un conflitto nell'Indopacifico o nel Golfo Persico avrebbe conseguenze economiche catastrofiche. In terzo luogo, la debolezza della capacità di sealift americana mette in discussione la rapidità e l'efficacia di un eventuale intervento statunitense in crisi che potrebbero minacciare direttamente gli interessi italiani, ad esempio nel Mediterraneo Allargato o in Nord Africa. Infine, la proposta di McCown di rivitalizzare la base industriale marittima americana potrebbe rappresentare sia una sfida che un'opportunità per l'industria cantieristica italiana (ad esempio Fincantieri), che potrebbe essere coinvolta in programmi di cooperazione, ma che si troverebbe anche a competere in un contesto di crescente nazionalismo industriale. Conclusioni L'analisi di John D. McCown, datata 11 giugno 2025, espone con chiarezza una fondamentale e pericolosa dissonanza nella grande strategia degli Stati Uniti. Evidenzia come l'ossessione per politiche commerciali protezionistiche, mascherate da emergenze nazionali, non solo mini le fondamenta del sistema di alleanze occidentale, ma distolga l'attenzione da una vulnerabilità strategica critica: l'incapacità di sostenere logisticamente la propria potenza militare su scala globale. La tregua commerciale con la Cina, gli scontri interni a Los Angeles e la crescente tensione nel Golfo Persico non sono eventi isolati, ma sintomi di un ordine globale in cui la razionalità economica è sopraffatta da dinamiche di potere e da una profonda instabilità. La vera emergenza non è il deficit, ma il divario di capacità marittima che invita all'aggressione. La raccomandazione che ne consegue trascende i confini americani. Per potenze alleate come l'Italia e per l'Occidente nel suo complesso, la lezione è chiara: la sicurezza economica e quella militare sono inestricabilmente legate e non possono essere perseguite l'una a scapito dell'altra. È necessaria una ri-prioritizzazione strategica, abbandonando le sterili guerre commerciali per concentrarsi su un rafforzamento collettivo e coordinato delle basi industriali, tecnologiche e logistiche. Assicurare una capacità di trasporto marittimo resiliente e affidabile non è una spesa, ma un investimento fondamentale per la credibilità della deterrenza e la preservazione della pace. Riferimento: McCown, John D., "Trade & U.S. National Security: What Constitutes an International Economic Emergency", Center for Maritime Strategy, 11 giugno 2025, https://centerformaritimestrategy.org/publications/trade-u-s-national-security-what-constitutes-an-international-economic-emergency/ © RIPRODUZIONE RISERVATA
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
RedazioneCERCA▼Cerca per argomenti oppure un'autore
Archives
Luglio 2025
Categories |