OHi Mag Report Geopolitico nr. 134 Introduzione In un’era caratterizzata da una crescente instabilità geopolitica e da una rapida evoluzione tecnologica, la necessità per le potenze mondiali di ripensare le proprie strategie di difesa e la struttura delle proprie forze armate è diventata impellente. Gli Stati Uniti, in particolare, si trovano di fronte a un bivio, pressati dalla competizione con attori statali di pari livello, dalla proliferazione di minacce asimmetriche e dalla velocità con cui le innovazioni tecnologiche stanno ridisegnando il campo di battaglia. L'articolo "The Armed Forces of the Future", pubblicato da Michael Froman, Presidente del Council on Foreign Relations (CFR), il 23 maggio 2025, offre una lucida analisi di questa urgenza, delineando le direttrici fondamentali lungo le quali la trasformazione militare statunitense dovrebbe muoversi. Froman, basandosi su un incontro eccezionale con i vertici di tutte le forze armate USA, evidenzia un consenso diffuso sulla necessità di un cambiamento radicale, non solo incrementale, per affrontare le minacce moderne e mantenere la leadership americana. I Fatti Michael Froman, nel suo articolo, riporta i risultati di un significativo incontro tenutosi presso il Council on Foreign Relations a Washington D.C., una sorta di "think tank" strategico che ha visto la partecipazione congiunta dei Capi di Stato Maggiore di tutte le branche delle forze armate statunitensi: Esercito, Corpo dei Marines, Marina, Aeronautica, Forza Spaziale e Guardia Costiera. Un evento raro, sottolinea Froman, soprattutto in un contesto pubblico e non classificato, focalizzato sul futuro della strategia e della leadership militare USA. Da questo confronto è emersa con chiarezza una volontà condivisa di cambiamento radicale nelle modalità di combattimento, nella strutturazione delle forze e nella gestione degli appalti e delle acquisizioni. Froman identifica una "confluenza di eventi" che rende questo momento potenzialmente diverso dai precedenti tentativi di riforma: l'ascesa della Cina come "pacing threat" (la minaccia che detta il passo), il ruolo preponderante del settore privato nello sviluppo di tecnologie innovative con implicazioni militari, e un consenso emergente tra esecutivo, Congresso e settore della difesa sull'insostenibilità finanziaria e strategica dello status quo. L'analisi di Froman articola questa spinta riformatrice attorno a sei temi trasversali: 1. Ristrutturazione delle forze per le nuove sfide. Le forze armate devono adattarsi alle minacce che è più probabile debbano affrontare. L'esempio citato è quello del Corpo dei Marines, che, dopo decenni focalizzati sulla controinsurrezione e sul terrorismo, è a metà di un processo decennale di riprogettazione per enfatizzare capacità anfibie adatte a operazioni contro avversari di pari livello in acque litoranee, un chiaro riferimento alla Cina. 2. Dispiegamento delle forze nei teatri prioritari. Si ripropone la questione se gli Stati Uniti possano o debbano ridurre la propria attenzione sull'Europa o sul Medio Oriente per ribilanciarsi maggiormente verso l'Indo-Pacifico. Due terzi delle forze da combattimento attive dei Marines operano già in quest'area. Tuttavia, le priorità di postura a lungo termine non sempre si allineano con le crisi attuali, come dimostra il ridispiegamento di un gruppo d'attacco di portaerei dall'Indo-Pacifico per supportare le operazioni nel Comando Centrale contro gli Houthi e in difesa di Israele. 3. Nuova dinamica tra militare e settore privato. Startup, aziende di tecnologia per la difesa e nuovi appaltatori stanno guidando lo sviluppo di nuove capacità. Tradizionalmente, il Pentagono emetteva requisiti dettagliati e gli appaltatori costruivano secondo tali specifiche, un processo che poteva richiedere dai sei ai dieci anni per una piattaforma complessa, rendendola potenzialmente obsoleta al momento del dispiegamento. Ora, il ritmo del cambiamento tecnologico è accelerato, con gran parte dell'innovazione (droni, Intelligenza Artificiale) proveniente dal settore privato. Le forze armate cercano di integrare rapidamente queste tecnologie. La chiave, suggerisce Froman, potrebbe risiedere nella combinazione di piattaforme autonome e armi tradizionali, come l'Aeronautica prevede di fare con il bombardiere B-21, il caccia F-47 e i velivoli da combattimento collaborativi non pilotati (CCA). Sistemi come il proposto scudo missilistico "Golden Dome" del Presidente Trump, in cui la Space Force avrà un ruolo centrale, si baseranno su architetture aperte e interoperabili. L'Esercito sta testando tecnologie emergenti sul campo, come una brigata da combattimento mobile equipaggiata con droni in Europa che si è dimostrata il 300% più letale, ma tali progetti pilota necessitano di essere scalati a livello interforze. 4. Cambiamento fondamentale nel processo di bilancio e finanziamento. Vi è una forte richiesta di flessibilità per spostare fondi tra sistemi diversi, di bilanci pluriennali anziché risoluzioni di bilancio a breve termine ripetute, e della capacità di cancellare programmi obsoleti. L'Esercito sta mostrando volontà di abbandonare sistemi iconici come l'Humvee e l'elicottero d'attacco Apache AH-64D. Tuttavia, la flessibilità negli appalti e finanziamenti affidabili richiedono il coinvolgimento del Congresso, data la sua supervisione e le dinamiche politiche legate agli investimenti nei distretti elettorali. 5. Stato della base industriale della difesa USA. Questa si è significativamente ridotta dalla fine della Guerra Fredda, con carenze di capacità che impattano tutte le forze, specialmente nel dominio marittimo. La Guardia Costiera, ad esempio, dispone di un solo rompighiaccio pesante operativo, il Polar Star, vecchio di cinquant'anni, mentre le questioni di sicurezza artica (interesse di Trump per la Groenlandia, autoproclamazione della Cina come "stato quasi-artico") richiedono maggiore efficacia. La capacità cantieristica totale della Cina è 200 volte superiore a quella disponibile per le forze armate USA. Sia il Presidente Biden che il Presidente Trump (con un recente ordine esecutivo) hanno affrontato questo divario, cercando riforme burocratiche e finanziamenti d'emergenza per snellire i processi di appalto e progettazione navale. Gli USA potrebbero beneficiare di partenariati e investimenti esteri da alleati come Giappone e Corea del Sud, ma i cambiamenti richiederanno anni a causa dei vincoli strutturali (mancanza di infrastrutture produttive e manodopera qualificata). 6. Investimento nel personale. Tutti i capi di stato maggiore concordano sull'importanza di reclutare, trattenere, promuovere, motivare e responsabilizzare i migliori uomini e donne. Ciò include addestramento, qualità della vita e percorsi di carriera. Vi sono segnali positivi, con un aumento dei reclutamenti e un incremento di fondi (8,5 miliardi di dollari nel "One Big Beautiful Bill" di Trump) per la manutenzione delle caserme, l'assistenza sanitaria militare e altre iniziative per la qualità della vita. Froman, tuttavia, esprime preoccupazione per il potenziale impatto negativo sul morale e sull'interesse delle future generazioni causato dal licenziamento di alti leader militari avvenuto all'inizio dell'anno, inclusi i due unici capi servizio donna e il secondo afroamericano a presiedere lo Stato Maggiore Congiunto. Conseguenze Geopolitiche Le trasformazioni delineate da Froman comportano profonde conseguenze geopolitiche. La designazione della Cina come "pacing threat" e il conseguente ribilanciamento strategico verso l'Indo-Pacifico segnalano una chiara priorità nella politica estera e di difesa statunitense. Questo spostamento potrebbe indurre Pechino a percepire un accerchiamento strategico, potenzialmente acuendo le tensioni nel Mar Cinese Meridionale, riguardo Taiwan e in altre aree di frizione. Allo stesso tempo, potrebbe rassicurare gli alleati regionali degli USA (Giappone, Corea del Sud, Australia, Filippine), spingendoli però anche a un maggiore impegno nella propria difesa. Un'eventuale riduzione dell'attenzione statunitense su Europa e Medio Oriente, sebbene mitigata dalla necessità di rispondere a crisi contingenti, potrebbe creare vuoti di potere o percepiti tali. In Europa, ciò potrebbe accelerare le iniziative per una maggiore autonomia strategica e un aumento della spesa per la difesa da parte dei membri della NATO, come già osservato dopo l'invasione russa dell'Ucraina. Per la Russia, una minore focalizzazione USA sull'Europa potrebbe essere vista come un'opportunità, sebbene la deterrenza NATO rimanga un fattore importante da considerare. Nel Medio Oriente, una postura USA meno assertiva potrebbe incoraggiare attori regionali come Iran e Turchia a espandere la propria influenza, e spingere alleati storici come Arabia Saudita e Israele a diversificare le proprie partnership di sicurezza. L'enfasi sull'integrazione di nuove tecnologie come IA e droni potrebbe innescare nuove corse agli armamenti, non solo con la Cina ma anche con la Russia e altre potenze emergenti, con implicazioni per la stabilità strategica e la proliferazione di sistemi d'arma avanzati. La competizione per la supremazia tecnologica diventerà un campo di battaglia geopolitico cruciale. Infine, l'aumentata attenzione alla sicurezza artica, stimolata anche dalle ambizioni cinesi, preannuncia una nuova arena di competizione geopolitica per risorse e rotte strategiche. Conseguenze Strategiche Dal punto di vista strategico, il cambiamento più significativo è il passaggio da un focus decennale sulla controinsurrezione e il controterrorismo a una preparazione per conflitti ad alta intensità contro avversari tecnologicamente avanzati ("near-peer"). Questa transizione richiede una dottrina militare rinnovata, nuove tattiche e un equipaggiamento radicalmente diverso. La capacità di proiettare potenza in ambienti contesi, specialmente in contesti litoranei e marittimi come quelli dell'Indo-Pacifico (grazie alla ristrutturazione dei Marines), diventa una priorità strategica. La rapidità dell'innovazione tecnologica guidata dal settore privato impone una revisione fondamentale dei processi di acquisizione e integrazione. La strategia di combinare piattaforme tradizionali con sistemi autonomi (come nel caso dei CCA dell'Air Force) mira a ottenere un vantaggio qualitativo e quantitativo ("mass affordable") rispetto agli avversari. Lo sviluppo di architetture aperte e interoperabili, come per lo scudo "Golden Dome", è strategico per garantire l'adattabilità futura e la possibilità di integrare rapidamente nuove tecnologie da fornitori diversi, inclusi gli alleati. La riforma del processo di bilancio e la volontà di cancellare programmi legacy, se attuate, libererebbero risorse cruciali per investire in capacità future. La flessibilità finanziaria diventa un imperativo strategico per rispondere dinamicamente all'evoluzione delle minacce e delle tecnologie. La revitalizzazione della base industriale della difesa è altrettanto strategica: senza una capacità produttiva adeguata, specialmente nel settore navale, la capacità degli USA di sostenere un conflitto prolungato o di rispondere a molteplici crisi simultanee sarebbe compromessa. La ricerca di partnership con alleati come Giappone e Corea del Sud per la cantieristica navale è una mossa strategica per mitigare questa vulnerabilità, ma richiede tempo. Infine, il riconoscimento del personale come "l'asset più importante" sottolinea che la superiorità tecnologica da sola non è sufficiente; la qualità, la motivazione e l'addestramento delle risorse umane rimangono un pilastro fondamentale della strategia di difesa. La preoccupazione di Froman sul morale del personale indica un potenziale rischio strategico se non gestito attentamente. Conseguenze Marittime Le conseguenze marittime della trasformazione militare statunitense sono particolarmente pronunciate. La ristrutturazione dei Marines per operazioni anfibie in acque litoranee è specificamente mirata a scenari di conflitto nell'Indo-Pacifico, dove la proiezione di potenza dal mare e il controllo di stretti e isole chiave sono vitali. Questo implica un rinnovato focus su navi anfibie, supporto logistico marittimo e capacità di operare in ambienti marittimi altamente contesi. Il ridispiegamento di gruppi d'attacco di portaerei, come quello della USS Carl Vinson, evidenzia la flessibilità della potenza navale ma anche le tensioni tra le priorità strategiche a lungo termine (Indo-Pacifico) e le esigenze operative immediate (Medio Oriente). La capacità di mantenere una presenza credibile in più teatri marittimi contemporaneamente sarà una sfida continua. La critica carenza nella base industriale della cantieristica navale, con la capacità cinese che sovrasta quella statunitense di 200 volte, rappresenta una vulnerabilità marittima di primaria importanza. Questo divario impatta la capacità di costruire nuove navi da guerra, sottomarini e navi di supporto al ritmo necessario, nonché di riparare e mantenere la flotta esistente. Le iniziative per snellire gli appalti e cercare cooperazione con alleati come Giappone e Corea del Sud sono tentativi di affrontare questo problema strutturale, ma i risultati non saranno immediati. La necessità di una maggiore capacità rompighiaccio, evidenziata dalla singola unità operativa della Guardia Costiera, è direttamente collegata alla crescente importanza strategica dell'Artico come nuova frontiera marittima. L'apertura di rotte di navigazione e l'accesso a risorse naturali rendono la presenza e la capacità operativa nell'Artico un imperativo marittimo. L'integrazione di droni operanti sott'acqua, in superficie e in aria rivoluzionerà la guerra navale, offrendo nuove capacità di sorveglianza, ricognizione, attacco e guerra anti-sottomarino, potenziando le piattaforme tradizionali e aumentando la persistenza e la portata delle operazioni marittime. La sicurezza delle linee di comunicazione marittime (SLOC) rimarrà una missione fondamentale, resa più complessa dalla proliferazione di minacce asimmetriche e dalla competizione tra grandi potenze. Conseguenze per l'Italia Le trasformazioni in atto nelle forze armate statunitensi, come descritte da Michael Froman, avranno inevitabili ripercussioni anche per l'Italia, sia come membro della NATO che come attore nel Mediterraneo Allargato. Un eventuale, anche parziale, disimpegno o una riduzione del focus statunitense sull'Europa, a favore dell'Indo-Pacifico, comporterebbe una maggiore responsabilità per gli alleati europei, Italia inclusa, nel garantire la sicurezza del fianco sud ed est dell'Alleanza. Questo potrebbe tradursi in richieste di aumento della spesa per la difesa, di un maggiore contributo alle missioni NATO e di un potenziamento delle capacità nazionali, specialmente in settori chiave come la sorveglianza marittima nel Mediterraneo, la difesa aerea e la prontezza delle forze terrestri. L'enfasi statunitense sull'integrazione di tecnologie avanzate (IA, droni, sistemi spaziali) e su architetture aperte potrebbe offrire opportunità per l'industria della difesa italiana. Se l'Italia saprà allineare i propri investimenti e sviluppi tecnologici a questi standard, potrebbe partecipare a programmi di cooperazione internazionale, rafforzando la propria base industriale e tecnologica e garantendo l'interoperabilità con il principale alleato. Le lezioni apprese dagli USA sulla necessità di riformare i processi di acquisizione, di investire nella base industriale e di valorizzare il personale militare sono altamente pertinenti anche per l'Italia. Il nostro Paese potrebbe trarre spunto da queste riflessioni per modernizzare le proprie forze armate, rendendole più agili, tecnologicamente avanzate e sostenibili. La cooperazione con alleati come Giappone e Corea del Sud nel settore navale da parte USA potrebbe anche suggerire all'Italia di esplorare simili partenariati strategici per rafforzare settori industriali chiave. Infine, la crescente instabilità nel Mediterraneo Allargato, potenzialmente esacerbata da un minore coinvolgimento diretto USA in alcune aree, richiederà all'Italia un ruolo ancora più proattivo nella gestione delle crisi, nella lotta al terrorismo e nella stabilizzazione regionale, mettendo ulteriormente alla prova le capacità della Marina Militare e delle altre forze. Conclusioni L'analisi di Michael Froman dipinge un quadro chiaro: le forze armate statunitensi sono a un punto di svolta, dovendosi confrontare con la necessità ineludibile di una trasformazione profonda per affrontare un contesto di sicurezza globale radicalmente mutato. La convergenza di opinioni tra i vertici militari sulla direzione di questo cambiamento è un segnale potente, ma le sfide – dalla competizione strategica con la Cina alla rapida obsolescenza tecnologica, dalla fragilità della base industriale alla cruciale gestione del capitale umano – sono imponenti e richiedono un impegno sostenuto e trasversale che coinvolga l'intero apparato statale, Congresso incluso. La strada indicata, focalizzata sulla ristrutturazione delle forze, sul dispiegamento prioritario, sull'integrazione accelerata della tecnologia proveniente anche dal settore privato, sulla riforma dei processi di bilancio e acquisizione, sulla rivitalizzazione della base industriale e sull'investimento nel personale, rappresenta una roadmap ambiziosa. Per l'Italia e per gli altri alleati europei, le riflessioni e le direzioni strategiche intraprese dagli Stati Uniti non sono semplici spettatrici, ma comportano implicazioni dirette e la necessità di un adattamento proattivo. È fondamentale che anche l'Europa acceleri i propri sforzi verso una maggiore responsabilità strategica, investendo in capacità moderne e interoperabili e rafforzando la cooperazione intra-europea e transatlantica. La preoccupazione di Froman per il morale del personale militare USA, a seguito di decisioni politiche controverse, funge da monito universale: la forza di qualsiasi apparato militare risiede, in ultima analisi, negli uomini e nelle donne che lo compongono. Riferimento: Froman, Michael, "The Armed Forces of the Future", Council on Foreign Relations (CFR.org), 23 Maggio 2025, https://www.cfr.org/article/armed-forces-future. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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