OHi Mag Report Geopolitico nr. 129 Navigare le complessità di un mondo geoeconomico in trasformazione Introduzione Il panorama globale contemporaneo è caratterizzato da una profonda metamorfosi, in cui le tradizionali dinamiche di potere, prevalentemente incentrate sulla forza militare, stanno cedendo il passo a una nuova era: quella della geoeconomia. Questo concetto, come emerge chiaramente dall'analisi dei testi forniti, descrive l'uso strategico della forza economica – industria, finanza, tecnologia, risorse – da parte degli Stati per raggiungere obiettivi politici e di sicurezza nazionale. L'economia non è più solo un presupposto o una causa indiretta di conflitto, ma si configura come uno strumento diretto di potere e contesa. In un mondo segnato da crisi interconnesse – pandemica, climatico-ambientale, economico-sociale e geopolitica – la competizione tra nazioni si gioca sempre più sull'arena economica, ridefinendo l'ordine internazionale, frammentando la globalizzazione iper-liberista e "armando" le interdipendenze. Comprendere questa transizione è cruciale per interpretare le sfide attuali e future. I Fatti Descritti: La Transizione verso la Guerra Economica L'analisi dei documenti evidenzia una chiara transizione dalla guerra tradizionale a forme più pervasive di "guerra economica". Questo cambiamento è alimentato da molteplici crisi globali interconnesse – povertà, scarsità di risorse, dinamiche demografiche, un percepito declino occidentale e crisi del neocolonialismo – che generano instabilità e spingono l'economia e la finanza a diventare le principali arene di conflitto tra Stati. Gli strumenti principali di questa nuova era sono la Guerra Commerciale, volta a ottenere vantaggi commerciali, la Guerra Economica, mirata a indebolire il potenziale militare avversario tramite l'economia, e le Sanzioni Economiche, utilizzate come strumento di coercizione per indurre cambiamenti politici. L'efficacia di queste ultime, come sottolineato, segue "regole d'oro" specifiche legate a vulnerabilità, tempismo, obiettivi e impatto politico. Un aspetto centrale di questa dinamica è l'"imperialismo del dollaro" e la crescente spinta verso la "de-dollarizzazione". L'egemonia del dollaro USA, strumento di potere globale per influenzare l'economia mondiale e imporre supremazia, affronta sfide crescenti da attori come Russia, Cina e i BRICS. Parallelamente, il mondo sta entrando in una fase "post-globale", frammentata dalla sovrapposizione di crisi (geopolitica, come la guerra in Ucraina; economico-sociale post-pandemia; pandemica; ambientale). Questa frammentazione ha evidenziato la vulnerabilità delle Catene Globali del Valore (GVC) e incentivato il reshoring, ovvero il ritorno della produzione nei paesi d'origine o in aree geograficamente più vicine (nearshoring). Le politiche tariffarie aggressive, come quelle dell'amministrazione Trump, hanno accelerato questa riconfigurazione strategica delle supply chain. La globalizzazione a trazione finanziaria, pur avendo favorito alcuni paesi emergenti, ha spesso fallito nel distribuire equamente i benefici, mettendo sotto pressione le classi medie occidentali e alimentando frustrazione, sfiducia verso le élite e i governi, e favorendo l'ascesa del populismo. In questo contesto, la "guerra economica" diventa uno strumento primario, dove la potenza è legata più alla finanza e all'innovazione tecnologica (IA, droni, cyber, ciclo OODA) che alla sola forza militare, richiedendo sofisticate capacità di intelligence economica. L'economia si trasforma così in uno strumento diretto di dominio e potere, in uno scenario in cui, secondo alcune interpretazioni, non esistono veri alleati stabili, e le crisi finanziarie passate possono essere lette come attacchi economici mirati. Le politiche commerciali statunitensi, specialmente sotto l'amministrazione Trump, sono state un fattore destabilizzante, generando incertezza e minando la prevedibilità delle relazioni internazionali, colpendo non solo la Cina ma anche alleati storici. Ciò ha provocato una crisi di fiducia persino nel debito sovrano americano e ha accelerato la frammentazione globale e la ristrutturazione delle supply chain verso la resilienza. Conseguenze Geopolitiche L'impatto geopolitico globale della geoeconomia è profondo e multiforme. Si assiste a un ridisegno dell'ordine internazionale, con un'intensificata competizione tra grandi potenze, esemplificata dalla rivalità USA-Cina. La frammentazione economica, in antitesi alla globalizzazione iper-liberista, porta alla formazione di blocchi economici contrapposti (Occidente vs. Sud Globale/Cina). L'interdipendenza, un tempo vista come garante di pace, viene "armata" ("weaponization"), trasformandosi in uno strumento di coercizione attraverso l'uso strategico delle dipendenze. Le istituzioni multilaterali (ONU, WTO) sono sfidate e indebolite da questo approccio unilaterale e dall'uso aggressivo di strumenti economici. La guerra in Ucraina ha agito da catalizzatore, evidenziando le divisioni interne all'Europa (tra "nuova" e "vecchia" Europa sulla strategia verso la Russia) e accrescendone la dipendenza strategica dalla NATO e dagli USA, ponendo interrogativi sulla sua futura autonomia. Emerge un mondo più multipolare e meno prevedibile, con attori come India, Brasile e Indonesia che guadagnano peso perseguendo strategie autonome. La globalizzazione non è finita, ma è "contaminata" da logiche di conflitto, protezione e autonomia strategica. L'inaffidabilità percepita di alcuni attori tradizionali, come Washington durante certe amministrazioni, può spingere paradossalmente alleati a ricalibrare con cautela i rapporti economici con potenze rivali come la Cina, in cerca di stabilità e prevedibilità. La fine della fiducia nel libero scambio come garante di pace, segnata anche dall'invasione russa dell'Ucraina, costringe in particolare l'Europa a confrontarsi con una realtà di insicurezza e competizione strategica. Conseguenze Strategiche Sul piano strategico, la geoeconomia ridefinisce la sicurezza nazionale, includendo intrinsecamente la sicurezza economica. Per gli Stati diventa prioritario costruire la resilienza, attraverso il controllo delle risorse critiche, la diversificazione delle filiere produttive e la protezione delle infrastrutture. La supremazia tecnologica assume un'importanza cruciale, così come l'integrazione degli strumenti economici nelle strategie complessive di sicurezza nazionale. La potenza di uno Stato dipende sempre più dalla sua forza economica, finanziaria e, soprattutto, dalla sua capacità di innovazione tecnologica continua. L'intelligence economica diventa fondamentale per anticipare minacce e cogliere opportunità. Le strategie di conflitto economico, pur apparendo meno dirette della violenza militare, possono avere conseguenze devastanti e sproporzionate sulle popolazioni civili. Questo spinge gli Stati a considerare la "sicurezza economica" come parte integrante della sicurezza nazionale, focalizzandosi sulla resilienza delle supply chain (energia, cibo, tecnologia) e sullo sviluppo di capacità economiche difensive e offensive. L'Europa, ad esempio, sta tentando di riorientare la propria economia verso una maggiore autonomia strategica, anche nel settore della difesa, ma affronta ostacoli come la debolezza industriale pregressa, alti costi energetici e dipendenze esterne. Il concetto di "Stato forte ed economia ordinata", derivante dall'ordoliberalismo tedesco, che propugna un mercato libero ma strettamente vincolato da regole imposte da uno Stato forte, continua a influenzare le politiche europee, sebbene con esiti controversi, specialmente per i paesi del Sud Europa, limitando talvolta la flessibilità e la capacità di risposta a crisi impreviste. La necessità di un "nuovo pensiero strategico" olistico, integrato e multidimensionale diventa imperativa. Conseguenze Marittime La dimensione marittima assume un'importanza cruciale nell'era geoeconomica. Il controllo delle rotte marittime (SLOCs), dei punti nodali come stretti e porti, delle risorse marine e la sicurezza delle catene di approvvigionamento via mare diventano elementi centrali. Il dominio marittimo si trasforma in un'arena fondamentale per esercitare influenza e coercizione geoeconomica. Strumenti come blocchi navali, sanzioni che isolano porti o creano "flotte ombra", il controllo strategico di rotte e chokepoints, e l'importanza dei porti come asset critici sono tutti elementi di questa dimensione. Le politiche tariffarie e l'incertezza che ne deriva influenzano i volumi e le rotte del commercio marittimo, aumentano la volatilità dei noli e accrescono l'importanza strategica di infrastrutture portuali efficienti e resilienti. Nonostante la digitalizzazione, il controllo delle rotte marittime, degli hub portuali e dei punti di snodo oceanici rimane cruciale per la gestione delle supply chain globali, con l'emergere di nuovi fronti di interesse strategico come l'Artico. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, le implicazioni sono particolarmente significative. Data la sua forte integrazione globale, la dipendenza dall'export e dall'energia, e la sua posizione strategica nel Mediterraneo, il paese è particolarmente esposto alle dinamiche geoeconomiche. La debolezza del tessuto manifatturiero (in parte eredità delle privatizzazioni), la carenza di investimenti in Ricerca & Sviluppo, la "fuga di cervelli" e la storica vulnerabilità agli shock finanziari rendono urgenti misure per rafforzare la resilienza economica e innovativa. La sicurezza e la prosperità dell'Italia richiedono una strategia nazionale integrata, focalizzata su resilienza, innovazione tecnologica e un ruolo attivo nell'Unione Europea. Il mercato del lavoro italiano ha mostrato dinamiche peculiari, come una "Great Reallocation" piuttosto che una "Great Resignation" nel 2021, seguita da un'inversione di tendenza nel 2022 a causa di shock esterni come l'aumento dei prezzi energetici e l'incertezza geopolitica. Persiste un mismatch tra domanda e offerta di competenze. L'economia italiana, fortemente esportatrice in settori chiave come macchinari, automotive e "Made in Italy", è particolarmente esposta a turbolenze commerciali e a politiche tariffarie aggressive, rendendo cruciale una risposta europea unitaria. L'Italia si trova spesso stretta tra le pressioni di grandi attori globali e le dinamiche interne all'UE, dovendo bilanciare l'impegno europeo per l'autonomia strategica con la storica alleanza atlantica e la tutela degli interessi nazionali. Conclusioni e Raccomandazioni Il mondo sta attraversando una fase di profonda transizione, caratterizzata dall'ascesa della geoeconomia come paradigma dominante nelle relazioni internazionali. La competizione tra Stati si manifesta sempre più attraverso strumenti economici, finanziari e tecnologici, in un contesto di crisi interconnesse e di crescente frammentazione dell'ordine globale. Le vecchie certezze sulla globalizzazione come motore di pace e prosperità diffusa sono state messe in discussione, e l'interdipendenza stessa è diventata un'arma. Per nazioni come l'Italia, fortemente integrate nell'economia globale e strategicamente posizionate, questa nuova realtà presenta sfide complesse ma anche opportunità. È imperativo sviluppare una consapevolezza strategica aggiornata, che riconosca la centralità della sicurezza economica e della resilienza. Ciò richiede investimenti mirati in innovazione tecnologica, diversificazione delle filiere, protezione delle infrastrutture critiche e sviluppo del capitale umano. A livello europeo, è cruciale rafforzare l'autonomia strategica, non in chiave isolazionista, ma come capacità di agire in modo coeso e assertivo per difendere i propri interessi e valori. Ridefinire il concetto di "valore", come suggerito da Mariana Mazzucato, privilegiando la creazione di valore reale rispetto all'estrazione finanziaria, e riconoscere il ruolo propulsivo di uno Stato imprenditore, può fornire una bussola in questo scenario. L'Italia, agendo attivamente all'interno di un'UE più forte e coesa, può navigare le turbolenze della geoeconomia, trasformando le vulnerabilità in punti di forza per un futuro di prosperità sostenibile e sicurezza integrata. Riferimento. La presente sintesi è elaborata sulla base delle valutazioni emerse nel convegno “Lavoro ed economia tra mercati, dazi e conflitti”, tenutosi a Ceggia (VE) il 13 maggio 2025. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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