OHi Mag Report Geopolitico nr. 147 Introduzione L'Operazione Ragnatela, condotta dall'Ucraina il 1° giugno 2025, non è stata semplicemente un'audace incursione militare, ma una vera e propria "cartolina dal futuro" della guerra, un evento destinato a segnare una svolta epocale nelle dottrine strategiche globali. Utilizzando una combinazione letale di tecnologie a basso costo, inganno logistico e intelligenza artificiale, Kyiv è riuscita a colpire il cuore profondo del dispositivo militare russo, dimostrando che nell'era della guerra asimmetrica nessun santuario può più considerarsi inviolabile. Questo attacco ha scatenato un'onda d'urto che va ben oltre i danni materiali inflitti, innescando una complessa catena di conseguenze geopolitiche, strategiche, tecnologiche e persino marittime. Il presente saggio, basandosi sull'analisi di diverse fonti specializzate tra cui Chatham House, l'IISS, l'Atlantic Council e il Lawfare Institute, si propone di dissezionare i fatti dell'Operazione Ragnatela e di esplorarne le profonde implicazioni per l'equilibrio globale, per la NATO e, di conseguenza, per la sicurezza nazionale dell'Italia. I Fatti L'esecuzione dell'Operazione Ragnatela, pianificata per oltre diciotto mesi, rappresenta un capolavoro di guerra asimmetrica e inganno strategico. Secondo le informazioni rilasciate dall'intelligence ucraina e analizzate da istituti come l'IISS, l'attacco ha impiegato 117 droni per colpire simultaneamente almeno quattro basi aeree russe, alcune situate a migliaia di chilometri dal fronte, come quella di Belaya nella regione di Irkutsk. L'aspetto più rivoluzionario, come dettagliato dall'analista Nicholas Weaver del Lawfare Institute, risiede nel metodo di infiltrazione. Prendendo spunto dal mito del cavallo di Troia, i servizi segreti ucraini (SBU) hanno nascosto le piattaforme di lancio all'interno di "case modulari in legno" o in doppi fondi di container ISO, trasportati da camionisti russi del tutto ignari del loro reale carico. Una volta posizionati a pochi chilometri dagli obiettivi, i droni sono stati rilasciati e guidati verso i loro bersagli. Secondo le stime ucraine, l'operazione ha danneggiato o distrutto 41 aerei, inclusi bombardieri strategici Tu-95, causando perdite per circa 7 miliardi di dollari. Questi velivoli sono di fatto insostituibili, poiché la loro produzione è cessata nei primi anni '90. Il successo dell'operazione è ancora più notevole se si considera il suo costo irrisorio, basato sull'impiego di tecnologie accessibili. Contrariamente a quanto si possa pensare, non si è trattato di un attacco completamente autonomo. Le analisi dei filmati suggeriscono l'uso di un approccio ibrido: il software open-source ArduPilot, un sistema di pilotaggio automatico per hobbisti, è stato utilizzato per la navigazione fino ai waypoint prestabiliti, dopodiché operatori umani hanno assunto il controllo manuale per la fase terminale, garantendo una precisione chirurgica. L'intelligenza artificiale, come riportato da Formiche.net, ha svolto un ruolo cruciale nella fase di pianificazione, addestrando gli algoritmi a riconoscere e colpire i punti deboli strutturali degli aerei russi, utilizzando come dati di training persino modelli esposti nei musei. Le Conseguenze Geopolitiche Le ripercussioni geopolitiche dell'attacco sono state immediate e profonde, proiettando un'ombra di instabilità sull'equilibrio globale. Secondo l'analisi di George Beebe del Quincy Institute, l'obiettivo primario dell'operazione non era tanto militare quanto politico, con Washington come principale destinatario del messaggio. Colpendo asset strategici russi, parte integrante della triade nucleare, Kyiv ha deliberatamente alzato la posta, cercando di forzare la mano all'amministrazione Trump, rendendo più difficile un percorso negoziale e spingendo per un inasprimento delle sanzioni. Questo ha creato una situazione di altissima tensione, con il presidente americano che, secondo alcune fonti, si sarebbe infuriato per un'azione percepita come un ostacolo alla pace. Per la Russia, l'attacco è stato un'umiliazione profonda, esponendo gravi falle nella sicurezza interna e mettendo il Cremlino sotto una pressione senza precedenti per una risposta decisa, al fine di non apparire debole. Il rischio, avverte Beebe, è che Mosca possa percepire l'attacco come un'azione congiunta Ucraina-NATO, superando una "linea rossa" legata alla sicurezza dei propri asset nucleari e innescando un'escalation incontrollabile. Tuttavia, l'analista Mark J. Massa dell'Atlantic Council offre una prospettiva complementare e cruciale. Egli sostiene che la mancata rappresaglia nucleare da parte di Mosca, nonostante l'attacco rientrasse nei criteri della sua dottrina nucleare aggiornata, dimostra che il rischio di un'escalation automatica a seguito di attacchi convenzionali è stato probabilmente esagerato. Ciò non elimina il pericolo, ma suggerisce che esiste una soglia di tolleranza più alta di quanto teorizzato, in cui attacchi che non costituiscono una minaccia esistenziale all'intero arsenale nucleare potrebbero non scatenare una risposta atomica. Si delinea così un nuovo, pericoloso equilibrio in cui i limiti vengono costantemente testati. Le Conseguenze Strategiche Dal punto di vista strategico, l'Operazione Ragnatela ha demolito uno dei pilastri fondamentali della dottrina militare russa: la "profondità strategica". La vastità del suo territorio non è più una garanzia di sicurezza per le sue infrastrutture militari e industriali critiche. Se droni a basso costo, lanciati dall'interno del paese, possono colpire basi in Siberia, allora nulla è più veramente al sicuro. Questa nuova realtà, però, non riguarda solo la Russia. Come sottolineato da Chatham House e dall'Atlantic Council, anche i paesi della NATO sono estremamente vulnerabili. Per decenni, l'Alleanza ha trascurato la protezione delle proprie infrastrutture strategiche, concentrando asset costosi e insostituibili in poche basi, spesso note e visibili da immagini satellitari. La flotta di bombardieri strategici americani, come fa notare Massa, è spesso parcheggiata allo scoperto, un bersaglio invitante per minacce simili. L'operazione ucraina funge da campanello d'allarme, dimostrando che questi siti sono ora bersagli facili per attacchi a lungo raggio condotti con tecnologie accessibili non solo a stati, ma anche ad attori non statali. La guerra non si combatte più solo lungo confini definiti, ma ovunque esista un'infrastruttura critica da colpire. L'impossibilità di "proteggere tutto, ovunque, sempre" impone un radicale ripensamento del concetto di difesa del territorio nazionale. Si impongono scelte difficili su quali asset prioritizzare, spostando il focus strategico dalla difesa passiva alla deterrenza attiva, all'intelligence predittiva e alle operazioni di disturbo, come quelle condotte dalle forze speciali, il cui ruolo, secondo Massa, ritorna centrale nella competizione tra grandi potenze. Le Conseguenze Marittime Sebbene l'Operazione Ragnatela si sia svolta in un contesto terrestre e aereo, i suoi principi e le sue tattiche hanno implicazioni devastanti e dirette per il dominio marittimo. Le lezioni apprese sono perfettamente trasferibili a porti, rotte commerciali e flotte navali, aree finora considerate relativamente sicure da questo tipo di minaccia interna. I porti commerciali e le basi navali, con la loro vasta estensione e la concentrazione di asset di altissimo valore (navi da guerra all'ancora, navi portacontainer, gru, depositi di carburante), rappresentano l'equivalente marittimo delle basi aeree: sono obiettivi "soft", complessi da difendere in modo perimetrale e ideali per attacchi di saturazione a basso costo. La tattica del "cavallo di Troia" utilizzata con i camion assume una dimensione ancora più allarmante se applicata al trasporto marittimo. Un singolo mercantile può trasportare migliaia di container, ognuno dei quali potrebbe, in teoria, nascondere un sistema di lancio per droni, trasformando una nave civile in una portaerei clandestina capace di proiettare una minaccia a migliaia di chilometri di distanza. Nicholas Weaver ha persino ipotizzato l'uso di "narco-sottomarini autonomi carichi di droni", un'evoluzione che renderebbe il rilevamento e l'intercettazione quasi impossibili. La vulnerabilità delle flotte militari è altrettanto evidente. L'esperienza nel Mar Rosso, dove costosi missili intercettori vengono usati per abbattere droni economici, dimostra l'insostenibilità economica dell'attuale postura difensiva navale. Le marine militari, progettate per affrontare minacce convenzionali su vasta scala, sono impreparate a gestire attacchi asimmetrici, diffusi e a sciame, lanciati da prossimità. La ragnatela, quindi, si estende inevitabilmente agli oceani, minacciando di paralizzare le catene logistiche globali e di rendere obsolete le tradizionali dottrine di potere navale. Le Conseguenze per l'Italia Per l'Italia, in quanto membro fondatore della NATO e nazione strategicamente esposta al centro del Mediterraneo, le lezioni dell'Operazione Ragnatela sono dirette, urgenti e non possono essere ignorate. Le vulnerabilità evidenziate per l'Alleanza si applicano pienamente, e forse con maggiore intensità, al nostro Paese. Le basi militari, sia nazionali che alleate sul nostro territorio, i porti commerciali di importanza strategica come Genova, Trieste e Gioia Tauro, le centrali elettriche e le infrastrutture energetiche come i rigassificatori e i gasdotti, sono ora potenzialmente esposti a minacce simili. Queste minacce, è fondamentale sottolinearlo, potrebbero essere portate non solo da attori statali ostili, ma anche da gruppi terroristici o altre entità non statali che possono acquisire queste tecnologie a basso costo sul mercato nero. La difesa nazionale non può più basarsi unicamente su costosi sistemi tradizionali, come caccia intercettori o batterie missilistiche progettate per minacce di altra natura. È imperativo per l'Italia accelerare gli investimenti in un ecosistema di difesa multi-dominio, con un'enfasi specifica sulle capacità anti-drone (C-UAS), sulla guerra elettronica per il disturbo dei segnali di guida (jamming), e sull'integrazione pervasiva dell'intelligenza artificiale nei sistemi di comando e controllo per una risposta più rapida ed efficace. Inoltre, la crescente instabilità geopolitica e il rischio di escalation tra grandi potenze, evidenziati dall'attacco, richiedono che l'Italia, insieme ai partner europei, rafforzi la propria autonomia strategica. La dipendenza da un'architettura di sicurezza transatlantica, per quanto fondamentale, deve essere integrata da una maggiore capacità di azione autonoma a livello europeo, per poter rispondere a minacce ibride e asimmetriche che si manifestano con una velocità e una complessità senza precedenti. Conclusioni In definitiva, l'Operazione Ragnatela rappresenta un punto di non ritorno nella storia della conflittualità moderna, un momento spartiacque che ridefinisce le regole dell'ingaggio. Ha dimostrato in modo inequivocabile che l'era dei santuari strategici protetti dalla distanza geografica è finita. L'ingegnosa combinazione di droni a basso costo, logistica clandestina e intelligenza artificiale ha creato un nuovo modello di guerra asimmetrica, accessibile a una vasta gamma di attori e in grado di proiettare una minaccia letale ovunque nel mondo. L'attacco ha messo a nudo la fragilità delle dottrine di difesa convenzionali e l'insostenibilità economica dei sistemi anti-aerei tradizionali di fronte a minacce low-cost e diffuse. Per la Russia è stata un'umiliazione strategica; per l'Ucraina, una dimostrazione di resilienza e innovazione; per la NATO e per l'Italia, un avvertimento che non può essere ignorato. La raccomandazione che ne consegue è tanto chiara quanto urgente. È necessario un ripensamento fondamentale della postura difensiva, abbandonando un approccio monolitico e costoso per abbracciare un modello agile, stratificato e tecnologicamente avanzato. L'Italia e i suoi alleati dovrebbero investire massicciamente in un portafoglio diversificato di soluzioni anti-drone, che spazino dal jamming alla cyber-difesa, dall'intelligence predittiva basata su AI a sistemi di intercettazione a basso costo. È cruciale promuovere l'innovazione e l'adattamento rapido, imparando costantemente dalle lezioni dei conflitti in corso. La sicurezza nazionale non dipenderà più solo dalla potenza di fuoco, ma dalla velocità di apprendimento e dalla capacità di anticipare e neutralizzare minacce complesse e decentralizzate. Riferimenti:
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