OHi Mag Report Geopolitico nr. 108 Introduzione Il Caucaso meridionale si conferma una delle aree geopoliticamente più complesse e instabili dello scacchiere eurasiatico. Al centro di queste turbolenze si trova l'Armenia, una nazione dalla storia millenaria oggi stretta in una morsa critica, come evidenziato nell'analisi di Antonio Russo del 21 aprile 2025 per iari.site. Pressata dall'assertività crescente dei vicini Azerbaigian e Turchia, e testimone di un progressivo e preoccupante disallineamento da parte del suo storico protettore, la Russia, Yerevan si trova di fronte a sfide esistenziali. L'articolo di Russo esamina le dinamiche regionali che minacciano non solo la stabilità armena ma l'intero assetto del Caucaso meridionale, un'area dove il controllo delle rotte energetiche e la competizione geoeconomica alimentano rivalità profonde. Questo saggio si propone di sintetizzare ed analizzare i fatti e le interpretazioni presentate da Russo, esplorandone le conseguenze geopolitiche, strategiche, marittime e le implicazioni per l'Italia. I fatti L'analisi di Antonio Russo affonda le radici nella complessa storia armena per contestualizzare la vulnerabilità attuale. Ricorda secoli di dominazioni straniere, culminate nel lungo periodo ottomano, interrotto solo dalla breve indipendenza del 1918. Cruciale è il riferimento all'incorporazione dell'Armenia orientale nell'Impero Russo dopo la guerra russo-persiana del 1828 e, soprattutto, al genocidio perpetrato dai Giovani Turchi a partire dal 1915. Questo tragico evento, con la deportazione e la morte di centinaia di migliaia di armeni, non solo è riconosciuto da molti paesi ma costituisce un elemento fondante della memoria storica e dell'identità nazionale armena, alimentando una diffidenza storica verso la Turchia. Successivamente, l'incorporazione nell'Unione Sovietica nel 1922 portò alla controversa assegnazione, nel 1923, della regione a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh (Artsakh) alla Repubblica Socialista Sovietica Azera, ponendo le basi per un contenzioso decennale che sarebbe riesploso con violenza dopo il crollo dell'URSS. La popolazione armena locale, lamentando tentativi di "azerificazione" forzata da parte di Baku, iniziò a mobilitarsi per la riunificazione con l'Armenia, supportata ideologicamente e materialmente da Yerevan. Questo contesto storico sfociò in ripetuti conflitti. Russo si concentra sugli eventi più recenti: l'attacco azero del settembre 2020, che portò all'annessione della parte meridionale del Nagorno-Karabakh, e la successiva tregua mediata dalla Russia nel novembre 2020, con l'invio di forze di peacekeeping russe. Tuttavia, questa pace si rivelò fragile. Il 19 settembre 2023, l'Azerbaigian lanciò una nuova, fulminea offensiva militare che portò alla resa completa della autoproclamata Repubblica di Artsakh e alla sua dissoluzione formale dal 1° gennaio 2024. Questo evento provocò un esodo di massa della popolazione armena locale (oltre 100.000 persone) verso l'Armenia, ponendo fine a secoli di presenza armena nella regione. In questo drammatico scenario, Russo identifica il ruolo chiave di due "imperi ostili" tra loro ma convergenti contro l'Armenia: Turchia e, in modo più complesso e recente, la Russia. L'asse tra Turchia e Azerbaigian si è costantemente rafforzato dal 1992, basandosi su affinità etniche (entrambi popoli turchi), linguistiche, culturali e religiose (maggioranza musulmana, seppur con concezioni laiche dello stato), cementate da interessi strategici ed economici condivisi sotto il motto "due stati, una nazione". La Turchia ha fornito un supporto cruciale, anche militare (ad esempio con droni), all'Azerbaigian nei recenti conflitti. Di fronte a questo blocco, l'Armenia ha storicamente contato sull'alleanza con la Russia, membro fondatore dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), un'alleanza militare guidata da Mosca. La Russia manteneva una presenza militare in Nagorno-Karabakh con funzione di peacekeeping e, per decenni, la sua influenza militare ed economica è stata considerata un fattore di stabilità (o di congelamento del conflitto) nella regione. Tuttavia, Russo evidenzia il punto di svolta cruciale: durante l'offensiva azera del 2023, la Russia è rimasta inerte, non intervenendo a difesa dell'alleato armeno né attivando i meccanismi della CSTO. Il successivo completo disimpegno militare russo dalla regione (formalizzato il 5 ottobre 2023) e le dichiarazioni di Putin, che di fatto attribuivano a Yerevan la responsabilità della situazione per non aver accettato compromessi in passato, hanno sancito una rottura evidente dello storico legame e lasciato l'Armenia strategicamente isolata. L'analisi sottolinea anche la profonda vulnerabilità economica dell'Armenia, strutturalmente dipendente dalla Russia per energia, commercio, rimesse dei lavoratori (che influenzano oltre il 30% del PIL secondo il FMI) e infrastrutture. Questa dipendenza limita fortemente l'autonomia della politica estera armena. Di fronte a questa debolezza e all'abbandono russo, Yerevan si è vista costretta a cercare un accordo con Baku. Russo riporta che il 13 marzo 2025 i ministri degli Esteri dei due paesi hanno dichiarato di aver raggiunto un'intesa di principio sui termini sostanziali di un trattato di pace. Tuttavia, l'autore esprime scetticismo sulla possibilità di una pacificazione duratura. Il presidente azero Aliyev continua a utilizzare una retorica nazionalista aggressiva, basata sull'immagine del "nemico armeno", e ha avanzato rivendicazioni sull'"Azerbaigian occidentale" (l'intero territorio dell'attuale Armenia), definendo Yerevan "storicamente terra azera", preparando potenzialmente il terreno per future pretese. In questa postura, Baku si appoggia fortemente alla Turchia. L'alleanza va oltre il pan-turchismo: Ankara vede Baku come un partner energetico cruciale per diversificare le proprie fonti (gas e petrolio azeri) e ridurre il deficit di bilancio. Un progetto chiave in questo senso è il Corridoio di Zangezur, che dovrebbe attraversare una stretta striscia di territorio armeno meridionale per collegare direttamente l'Azerbaigian alla sua exclave del Nakhchivan e quindi alla Turchia. Questo corridoio faciliterebbe enormemente il commercio e il flusso energetico tra i due alleati, realizzando la visione di Erdoğan di unire il "mondo turco", ma è visto da Yerevan come una minaccia alla propria sovranità territoriale e alla propria integrità. Parallelamente al suo allontanamento dall'Armenia, Mosca si è significativamente avvicinata all'Azerbaigian. Russo spiega questo riallineamento con ragioni geoeconomiche e geopolitiche post-sanzioni (guerra in Ucraina). L'Azerbaigian offre alla Russia opportunità per rilocalizzare attività economiche colpite dalle sanzioni, funge da acquirente e potenziale rivenditore di petrolio russo (aggirando le sanzioni UE), e rappresenta un nodo strategico cruciale per il trasporto di merci verso l'Iran e il Golfo Persico (nell'ambito del Corridoio Nord-Sud, INSTC). Sentendosi tradita da Mosca e pressata da Baku e Ankara, l'Armenia ha iniziato a guardare con maggiore interesse verso l'Occidente, in particolare l'Unione Europea. L'UE ha risposto con un primo sostegno finanziario (10 milioni di euro tramite lo Strumento Europeo per la Pace) alle forze armate armene, nel tentativo di attrarre nella propria sfera d'influenza un paese situato in un'area strategica contesa con la Russia. Il governo armeno ha persino presentato una proposta di legge per l'adesione all'UE. Tuttavia, Russo mette in guardia sulla realpolitik: l'Europa (e l'Italia in particolare, che riceve circa il 57% del petrolio e il 20% del gas azero) dipende significativamente dalle forniture energetiche dell'Azerbaigian attraverso il Corridoio Meridionale del Gas (TAP). Questa dipendenza rende difficile per l'UE assumere una posizione troppo critica verso Baku o troppo favorevole a Yerevan, specialmente dopo aver ridotto la dipendenza dal gas russo. Infine, l'analisi introduce il ruolo complesso dell'Iran. Storicamente, Teheran ha difeso l'integrità territoriale armena e visto con sospetto l'espansionismo azero, anche per bilanciare l'influenza turca e per la presenza di una numerosa minoranza azera in Iran. Tuttavia, i recenti cambiamenti geopolitici, in particolare il rafforzamento dell'asse Mosca-Teheran dovuto alle sanzioni occidentali, stanno spingendo l'Iran verso un riavvicinamento pragmatico con Baku. L'Azerbaigian diventa un partner necessario per entrambi i paesi sanzionati per sviluppare rotte commerciali alternative (come l'INSTC, esemplificato dall'accordo sulla tratta ferroviaria Rešt-Astara). Questo ulteriore riallineamento indebolisce la posizione dell'Armenia, privandola anche del potenziale contrappeso iraniano. Conseguenze Geopolitiche Le dinamiche descritte da Russo delineano uno scenario geopolitico fosco per l'Armenia e instabile per il Caucaso. La conseguenza più evidente è l'estremo isolamento e la vulnerabilità dell'Armenia, privata del suo tradizionale ombrello di sicurezza russo e circondata da vicini ostili o indifferenti. L'Azerbaigian emerge come potenza regionale dominante nel Caucaso meridionale, forte del sostegno turco (ma anche di Israele) e della neutralità/compiacenza russa, e potenzialmente propenso a ulteriori azioni revisioniste basate sulla retorica dell'"Azerbaigian occidentale". La Turchia consolida la sua influenza strategica nella regione, estendendo la sua proiezione verso l'Asia Centrale attraverso l'asse con Baku. La Russia dimostra una politica estera sempre più pragmatica e transazionale, disposta a sacrificare alleanze storiche (CSTO con l'Armenia) sull'altare dei propri interessi economici e strategici immediati (aggiramento sanzioni, corridoi commerciali). Questo mina la credibilità della CSTO e invia un segnale preoccupante ad altri alleati regionali di Mosca. L'Unione Europea si trova di fronte a un dilemma: sostenere i valori democratici e l'integrità territoriale armena o dare priorità alla sicurezza energetica garantita dall'Azerbaigian. Il suo coinvolgimento rimane finora limitato e prevalentemente "soft". L'Iran, pur mantenendo interessi storici, è costretto a un complesso equilibrismo a causa della sua alleanza con la Russia e delle sanzioni, riducendo il suo margine di manovra a favore dell'Armenia. Il Caucaso meridionale diventa così un'arena di competizione tra potenze (Russia, Turchia, UE, Iran) dove l'Armenia rischia di essere la vittima sacrificale. Conseguenze Strategiche Sul piano strategico, l'Armenia affronta un vuoto di sicurezza drammatico. Il collasso dell'alleanza con la Russia la costringe a cercare disperatamente nuovi garanti per la propria sopravvivenza. Le opzioni sono limitate: l'UE offre supporto economico e politico ma è riluttante a fornire garanzie militari significative; la Francia ha mostrato maggiore disponibilità, ma da sola non può sostituire la Russia; un eventuale coinvolgimento USA è incerto e complicherebbe ulteriormente le relazioni con Russia e Iran. L'Azerbaigian gode di una chiara superiorità militare convenzionale, ulteriormente rafforzata dall'esperienza bellica e dal supporto turco. Il progetto del Corridoio Zangezur assume una valenza strategica enorme. Per Baku e Ankara, rappresenta il collegamento fisico diretto che cementerebbe la loro alleanza e aprirebbe nuove rotte commerciali ed energetiche verso l'Asia Centrale, bypassando potenzialmente altre vie. Per l'Armenia, rappresenta una minaccia esistenziale alla propria sovranità, al controllo del proprio territorio meridionale e alla continuità del confine con l'Iran (di vitale importanza economica e strategica). La realizzazione di questo corridoio, specialmente se imposta con la forza o sotto coercizione, ridurrebbe l'Armenia a uno stato frammentato e strategicamente irrilevante. La strategia russa di utilizzare l'Azerbaigian come hub logistico ed economico per mitigare le sanzioni e sviluppare il corridoio INSTC verso l'Iran e il Golfo rafforza ulteriormente la posizione strategica di Baku a scapito di Yerevan. L'Armenia rischia di diventare un ostacolo da aggirare o rimuovere in questa nuova mappa geoeconomica regionale disegnata da Mosca, Teheran e Baku. Conseguenze Marittime Come già analizzato in altri saggi sul Caucaso e la Turchia, l'articolo di Russo si concentra quasi esclusivamente sulle dinamiche terrestri dell’area, una regione priva di sbocchi diretti su mari aperti (escluso il Mar Caspio, bacino chiuso con dinamiche proprie). L'Armenia è un paese senza sbocco al mare, quindi non vi sono conseguenze marittime dirette per essa. Tuttavia, come già accennato, le dinamiche energetiche e dei corridoi di trasporto hanno importanti implicazioni marittime indirette. Il Corridoio Meridionale del Gas, che porta il gas azero in Europa (Italia inclusa) attraverso la Turchia e il gasdotto TAP (che attraversa Grecia, Albania e approda in Puglia), acquista un'importanza strategica fondamentale per la sicurezza energetica europea, influenzando le decisioni politiche verso l'Azerbaigian. La stabilità di questo flusso via terra e poi sottomarino (nel tratto adriatico) è cruciale. Il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC), che collega Russia, Azerbaigian e Iran (con potenziali estensioni all'India), mira a creare un'alternativa terrestre e parzialmente marittima (via Caspio e Golfo Persico/Oceano Indiano) alle rotte marittime tradizionali che passano per Suez o circumnavigano l'Europa. Lo sviluppo di questo corridoio, favorito dal riallineamento russo-iraniano-azero, potrebbe alterare i flussi commerciali globali e ridurre l'importanza di alcune rotte marittime consolidate, con impatti a lungo termine sul trasporto marittimo globale. La posizione dell'Armenia, potenzialmente d'intralcio al ramo caucasico dell'INSTC o al Corridoio Zangezur, assume quindi una rilevanza indiretta anche in questo contesto più ampio. Conseguenze per l'Italia Per l'Italia, le conseguenze della crisi armena e delle dinamiche caucasiche sono significative, principalmente legate alla sfera energetica e alla stabilità regionale. L'Italia è uno dei principali destinatari del gas azero trasportato attraverso il gasdotto TAP, che rappresenta una quota importante della diversificazione energetica nazionale, specialmente dopo la riduzione delle forniture russe. Questa dipendenza energetica dall'Azerbaigian crea un legame economico forte ma anche un vincolo diplomatico. Rende difficile per l'Italia (e per l'UE nel suo complesso) adottare posizioni fortemente critiche nei confronti di Baku, anche di fronte a violazioni del diritto internazionale o preoccupazioni umanitarie riguardanti l'Armenia. La stabilità del Caucaso meridionale è quindi di interesse diretto per l'Italia, poiché qualsiasi conflitto o instabilità potrebbe mettere a rischio la sicurezza degli approvvigionamenti energetici attraverso il Corridoio Meridionale del Gas. Roma ha interesse a promuovere la de-escalation e soluzioni diplomatiche, pur muovendosi con cautela per non compromettere le relazioni con Baku. L'Italia opera all'interno del quadro UE e NATO, cercando di bilanciare gli interessi energetici con i valori democratici e l'impegno per la stabilità regionale. L'esodo degli armeni dal Nagorno-Karabakh ha inoltre sollevato questioni umanitarie che hanno avuto eco anche nell'opinione pubblica e nel dibattito politico italiano. Un eventuale collasso dello stato armeno o una sua ulteriore destabilizzazione potrebbero avere ripercussioni sulla stabilità dell'intera regione, con potenziali effetti a catena anche sul vicinato europeo. Conclusioni e Raccomandazioni Antonio Russo dipinge un quadro allarmante: l'Armenia è effettivamente "in trappola", schiacciata tra l'ostilità attiva di Azerbaigian e Turchia e l'abbandono strategico da parte della Russia. Priva di solide garanzie di sicurezza e afflitta da dipendenza economica, Yerevan si trova in una posizione di estrema vulnerabilità, costretta a negoziare da una posizione di debolezza con un vicino, l'Azerbaigian, che non mostra reali intenzioni di pacificazione duratura e coltiva ambizioni revisioniste. L'interesse occidentale, pur presente, è frenato da considerazioni di realpolitik, in particolare dalla dipendenza energetica dall'Azerbaigian. L'Iran, potenziale contrappeso, è a sua volta vincolato dai propri interessi e dall'alleanza con Mosca. Gli scenari futuri prospettati da Russo vanno da un difficile mantenimento dello status quo sotto pressione costante, fino al rischio concreto di nuove aggressioni e perdite territoriali che potrebbero portare alla disintegrazione dello stato armeno sovrano. La sopravvivenza dell'Armenia appare legata alla capacità della comunità internazionale, e in particolare dell'Occidente, di andare oltre le dichiarazioni di principio e fornire un sostegno concreto e credibili garanzie di sicurezza, bilanciando gli interessi energetici con i principi del diritto internazionale e della protezione delle piccole nazioni. Le raccomandazioni implicite nell'analisi suggeriscono l'urgenza di un impegno diplomatico internazionale più robusto per prevenire ulteriori aggressioni e definire uno status definitivo dei confini basato sul diritto internazionale. Sarebbe necessario un sostegno economico e infrastrutturale all'Armenia per ridurne la dipendenza dalla Russia e rafforzarne la resilienza. Tuttavia, senza garanzie di sicurezza tangibili (politiche, se non militari) da parte di attori esterni credibili (UE, USA, Francia), il futuro dell'Armenia come stato sovrano e indipendente nel Caucaso meridionale rimane altamente incerto. La passività internazionale rischia di avallare la legge del più forte e di destabilizzare ulteriormente una regione già critica. Riferimento: Antonio Russo, L’Armenia è in trappola?, IARI Istituto Analisi Relazioni Internazionali, 21 Aprile 2025, https://iari.site/2025/04/21/larmenia-e-in-trappola/. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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