OHi Mag Report Geopolitico nr. 158 Una bussola per l'Italia nell'era dell'incertezza: sintesi del rapporto di futuri probabili Introduzione Il Rapporto "Per una Strategia di Sicurezza Nazionale", redatto dal gruppo di lavoro dell'associazione "Futuri Probabili", nasce da una constatazione fondamentale: a differenza dei principali paesi del mondo, l'Italia non possiede ancora un documento strategico unitario e periodicamente aggiornato che definisca i suoi interessi e le priorità di sicurezza in un contesto globale in profonda trasformazione. Questa sintesi intende distillare i punti salienti di tale Rapporto, evidenziando come l'analisi delinei un mondo entrato in una "età dell'incertezza", caratterizzata da un cambiamento d'epoca che non è solo un'evoluzione, ma una vera e propria mutazione dei paradigmi geopolitici, tecnologici e culturali. Il documento si propone come una bussola per i decisori politici, suggerendo un quadro di riferimento integrato per affrontare le sfide esterne, dalle nuove dinamiche di competizione globale alla sicurezza marittima e cibernetica, e le fragilità interne, prima fra tutte la necessità di investire nel capitale umano. L'obiettivo è trasformare interventi settoriali, seppur validi, in una visione d'insieme coerente, indispensabile per navigare le acque turbolente del XXI secolo e per garantire la stabilità e la prosperità della nazione. I Fatti Il Rapporto dipinge un quadro fattuale del mondo contemporaneo segnato da una rottura epocale con il passato recente. La fine della Guerra Fredda aveva illuso l'Occidente di poter estendere il proprio modello come universale, ma oggi questo scenario è tramontato. Il primo dato di fatto è il ritorno della guerra come strumento ordinario per la risoluzione delle controversie, come dimostrano l'invasione russa dell'Ucraina e la crisi in Medio Oriente. Questo ha eroso la fiducia nel diritto internazionale e nelle istituzioni multilaterali, con i confini territoriali che tornano a essere oggetto di contesa. Un secondo fatto cruciale è lo spostamento del baricentro geopolitico ed economico mondiale dall'asse Atlantico a quello Pacifico. Qui, giganti come Cina e India, che rappresentano metà della popolazione mondiale, sfidano l'egemonia occidentale sul piano tecnologico, industriale e militare. La competizione non è più solo economica, ma strategica, e si manifesta con pratiche non di mercato, come aiuti di stato e politiche protezionistiche, che destabilizzano i mercati globali. Parallelamente, emerge con forza un nuovo protagonismo di aggregazioni di Paesi come i BRICS (recentemente allargato a Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti) e il cosiddetto "Global South". Questi attori, spinti da un sentimento anti-occidentale radicato nella memoria del colonialismo, non si allineano automaticamente alle posizioni di USA ed Europa e rivendicano un ruolo da protagonisti in un nuovo ordine multipolare. Infine, il Rapporto sottolinea la centralità demografica e strategica dell'Africa: entro il 2050 la sua popolazione raddoppierà, rendendola un attore decisivo per gli equilibri futuri in termini di risorse, energia, mercati e flussi migratori. Conseguenze Geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi fatti sono profonde e ridefiniscono la mappa del potere globale. L'Occidente si trova oggi in minoranza e il suo modello di liberaldemocrazia è messo in discussione, percepito da molti non come universale ma come un costrutto culturale specifico, talvolta associato a un passato imperialista. Ne deriva un disordine geopolitico in cui le alleanze sono più fluide e le istituzioni internazionali, nate nel secondo dopoguerra, faticano a mantenere la propria legittimità. La sfida lanciata dai BRICS e dal Global South non è puramente economica, ma politica. L'obiettivo è creare un sistema alternativo di relazioni internazionali, con nuove istituzioni finanziarie (come la New Development Bank) e meccanismi di scambio che riducano la dipendenza dal dollaro. Questo processo mira a fondare una globalizzazione più "equa" che dia maggior voce ai Paesi emergenti, modificando gli equilibri di potere in organismi come il Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Il mondo sta diventando non bipolare, ma autenticamente multipolare e frammentato, dove ogni nazione cerca di massimizzare la propria autonomia. In questo scenario, la ridefinizione delle carte geografiche tramite la forza, come tentato dalla Russia in Ucraina, cessa di essere un tabù, minacciando la stabilità globale. Conseguenze Strategiche La competizione globale non si gioca più solo sui campi di battaglia tradizionali, ma si è estesa a nuovi domini strategici. Il primo è quello economico-industriale, dove la sicurezza delle catene di approvvigionamento è diventata una priorità assoluta. La pandemia e la guerra in Ucraina hanno mostrato la fragilità della dipendenza da pochi fornitori per beni essenziali. La competizione è feroce per l'accesso a materie prime critiche (come litio e cobalto), fondamentali per la duplice transizione verde e digitale, e per i semiconduttori, il cui controllo è concentrato in poche aree geografiche (es. Taiwan). A questo si aggiungono i nuovi domini di confronto: lo Spazio, il Cyberspazio e, come il Rapporto sottolinea con forza, il dominio Subacqueo. Lo Spazio non è più solo un'arena per l'esplorazione scientifica ma un'area di crescente militarizzazione e competizione economica. Il Cyberspazio è un campo di battaglia permanente, dove attacchi informatici da parte di attori statali e non statali minacciano infrastrutture critiche e la stabilità sociale. Infine, la dimensione Subacquea ("corsa agli abissi") è cruciale per la posa di cavi per le comunicazioni e l'energia, e per lo sfruttamento di risorse minerarie. La sicurezza di queste infrastrutture sottomarine è una nuova, vitale, priorità strategica. La stessa tecnologia digitale ha aperto la frontiera della "guerra cognitiva", che mira a manipolare le opinioni e a minare dall'interno la coesione delle democrazie. Conseguenze Marittime: Il Dominio Subacqueo e il Mediterraneo Allargato Per una penisola come l'Italia, le conseguenze marittime sono di esistenziale importanza. Il Rapporto evidenzia come il concetto di Mediterraneo vada oggi inteso in senso "allargato", includendo il Mar Nero, il Mar Rosso e le rotte atlantiche verso Gibilterra. È in questo macro-spazio che si concentrano i principali interessi nazionali. Il mare è la linfa vitale del commercio globale (oltre l'80%) e delle comunicazioni digitali (99% dei dati viaggia su cavi sottomarini). La stabilità di passaggi obbligati come Suez, Bab el-Mandeb e lo Stretto di Sicilia è quindi una questione di sicurezza nazionale. Gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso hanno dimostrato quanto velocemente l'instabilità in un'area apparentemente remota possa impattare l'economia europea. Il documento pone un accento particolare sulla dimensione subacquea, definendola una nuova frontiera strategica. I fondali marini non sono solo vie per cavi di dati ed energia, ma anche potenziali depositi di risorse naturali. La loro protezione da sabotaggi o interferenze diventa fondamentale. Per l'Italia, la "Blue Economy" rappresenta oltre il 10% del PIL, includendo trasporto marittimo, cantieristica, portualità e turismo. La sicurezza marittima è quindi inscindibilmente legata alla sicurezza economica. In questo contesto, l'Italia, per la sua posizione geografica, è chiamata a esercitare un ruolo di media potenza marittima, dotandosi di strumenti e capacità per proteggere le proprie rotte commerciali e le infrastrutture sottomarine, affermando la propria presenza in un'arena sempre più affollata e contesa da attori regionali e globali. Conseguenze per l'Italia Di fronte a questo scenario, il Rapporto delinea le conseguenze dirette per l'Italia e le priorità strategiche che ne derivano. L'assenza di una strategia unitaria rende le risposte del Paese frammentate. La prima grande risposta strategica individuata è il "Piano Mattei" per l'Africa. Non è solo una politica di cooperazione, ma un progetto geopolitico per costruire un partenariato paritario con le nazioni africane, volto a garantire la sicurezza energetica (trasformando l'Italia in un hub energetico europeo), a governare i flussi migratori e a promuovere uno sviluppo condiviso che contrasti l'influenza di potenze rivali. Sul fronte interno, la prima priorità è la difesa della liberaldemocrazia, minacciata sia da spinte autoritarie esterne sia da fragilità interne. Ciò implica il contrasto alla criminalità organizzata, che oggi sfrutta la tecnologia per espandere il suo raggio d'azione, e soprattutto un investimento massiccio sul capitale umano. Il Rapporto denuncia con forza la "povertà educativa", i bassi risultati nei test internazionali (PISA), l'alto tasso di abbandono scolastico e l'emorragia di talenti (la "fuga dei cervelli"). Nessuna strategia di sicurezza nazionale può avere successo senza cittadini istruiti e competenti. È quindi vitale investire nella scuola, rivalutare il ruolo degli insegnanti e creare un contesto che trattenga le migliori intelligenze. Infine, l'Italia deve dotarsi di una politica industriale strategica per l'energia, diversificando le fonti (includendo il nucleare), per il digitale, per colmare il divario tecnologico, e per assicurarsi l'accesso alle materie prime critiche, anche attraverso il riciclo e la riapertura di siti minerari nazionali. Conclusioni In conclusione, il Rapporto "Per una Strategia di Sicurezza Nazionale" è un vibrante appello alla consapevolezza e all'azione. L'Italia si trova a un bivio, in un mondo instabile dove le minacce sono multidimensionali e interconnesse. Le principali vulnerabilità identificate non risiedono solo all'esterno – nella competizione geopolitica e nella dipendenza tecnologica ed energetica – ma anche e soprattutto all'interno, nella fragilità del suo sistema educativo e nella scarsa efficienza della pubblica amministrazione, che si traduce in una cronica incapacità di spesa e di realizzazione dei progetti. La raccomandazione centrale e più urgente del documento è quella di superare la frammentazione attuale e adottare una vera Strategia di Sicurezza Nazionale. Questo non è un semplice documento, ma un processo di integrazione sinergica tra diverse politiche: quella estera (con il Piano Mattei come perno), quella industriale (energia, digitale, materie prime), quella di difesa (con un focus su mare, cyber e spazio) e quella interna (giustizia e, soprattutto, istruzione). Il successo di una tale strategia richiede un cambiamento culturale, fondato sulla cooperazione tra pubblico e privato e sul recupero del senso di responsabilità collettiva. Come ammoniscono gli autori del Rapporto, l'Italia deve agire con urgenza per colmare il divario accumulato. La sfida è immensa, ma la posta in gioco – la stabilità della Repubblica e il benessere delle future generazioni – lo è ancora di più. Non c'è più tempo da perdere, perché c'è molto tempo da recuperare. Riferimento Futuri Probabili per la Formazione del Capitale Umano, Rapporto per una strategia di sicurezza nazionale, https://www.futuriprobabili.it/ © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Luglio 2025
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