I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo L’era della transazione e della frammentazione strategica Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La strutturazione e l'interpretazione dei dati sono frutto di un processo di sintesi volto a creare un quadro analitico coerente e organico. La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte e scelte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il panorama globale dell'8 luglio 2025 è un mosaico di crisi, segnato da incertezza e frammentazione. Questi non sono eventi isolati, ma sintomi di una trasformazione strutturale: il passaggio da un ordine basato su regole a una geopolitica transazionale, aggressiva e imprevedibile. Il motore di questa dinamica è la politica estera dell'amministrazione Trump, le cui oscillazioni generano onde d'urto globali, dall'Ucraina al Mar Rosso. In questo nuovo contesto, i conflitti si cronicizzano, l'economia si militarizza e le crisi umanitarie diventano strumenti di pressione. La presente analisi decodifica questi segnali, delineando le conseguenze strategiche e marittime di un mondo instabile e offrendo una prospettiva sulle vulnerabilità dell'Italia. La giornata in sintesi La giornata dell'8 luglio 2025 ha dipinto un quadro di alta tensione globale, con la condotta dell'amministrazione USA come fulcro. In una spettacolare inversione di rotta, Washington ha sbloccato l'invio di missili Patriot all'Ucraina, motivato dalla frustrazione verso Putin. Sul fronte economico, ha annunciato nuovi dazi contro 14 nazioni, definendoli una "tassa per trattare" ma prorogando i negoziati. Contemporaneamente, i teatri di conflitto si sono infiammati. Mentre la Russia avanzava in Ucraina, il Mar Rosso ha visto la ripresa dei violenti attacchi Houthi, con 4 marinai uccisi, e una pericolosa escalation: la Germania ha accusato la Cina di aver puntato un laser contro un suo aereo da ricognizione. Sul piano strategico, Pechino ha compiuto un passo monumentale, creando con una fusione il più grande costruttore navale del mondo, consolidando il suo potere marittimo. Le crisi umanitarie si sono aggravate, con la minaccia di deportazione di massa per oltre due milioni di rifugiati afghani da Iran e Pakistan, la persistente drammaticità a Gaza e una nuova ondata di profughi dal Myanmar. La stabilità interna russa è stata inoltre scossa dalla morte sospetta di un ex ministro (avvenuta il giorno 7 luglio), mentre un summit ONU sull'IA ha messo in guardia sul crescente "divario digitale" globale. Principali notizie del giorno
Principali notizie marittime del giorno
Analisi per Teatro Operativo Mediterraneo Allargato. Questo teatro è un mosaico di crisi interconnesse. La ripresa degli attacchi Houthi e l'incidente del laser cinese nel Mar Rosso alzano il livello della contesa. La crisi umanitaria a Gaza persiste, con i piani di Netanyahu per "esportare" i palestinesi e la condanna di Lula che polarizza il dibattito internazionale. Le tensioni tra Russia e Azerbaigian nel Caucaso, l'attivismo diplomatico dell'Iran e la crisi migratoria gestita in modo frammentato (come dimostra l'incidente del "Team Europe" in Libia) confermano la regione come l'epicentro dell'instabilità globale. L'Italia risponde rafforzando le proprie capacità difensive (progetto "cupola", fregate FREMM EVO). Heartland euro-asiatico. Il fulcro rimane la guerra in Ucraina, dove la decisione americana sulle armi potrebbe ricalibrare gli equilibri sul campo. La cooperazione sino-russa si approfondisce a livello tecnologico-militare (componenti cinesi per droni russi), mentre l'Asia Centrale diventa un'arena di crescente rivalità per il controllo della "Via della Seta". La crisi afghana, alimentata dalle deportazioni, rischia di destabilizzare ulteriormente la regione, mentre la Russia affronta le conseguenze interne del conflitto, tra corruzione e purghe politiche. Teatro operativo Boreale-Artico. Il teatro è dominato dalle implicazioni della politica di Trump. L'incertezza sulla leadership americana spinge l'Europa a un "bagno di realtà", come evidenziato da diverse analisi critiche sulla sua inadeguatezza strategica e sull'inefficienza della spesa per la difesa. La NATO reagisce proattivamente, schierando F-35 e droni di sorveglianza nel Baltico per proteggere il fianco orientale. L'accordo per estendere i prestiti UE per la difesa a UK e Canada segnala un tentativo di rafforzare il coordinamento tra alleati occidentali al di là delle tensioni politiche. Teatro operativo Australe-Antartico. Le dinamiche principali sono la spinta del Sud Globale per un ordine multipolare, incarnata dal summit BRICS a Rio, e la competizione per l'influenza in Africa. L'approccio "carota e bastone" di Trump in Africa e la riconciliazione nazionale in Liberia sono eventi significativi. Indopacifico. È il teatro principale della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina. Washington adotta misure dirette per contenere Pechino, come il divieto di acquisto di terreni agricoli. La Cina risponde consolidando il suo potere industriale (fusione cantieristica) e mostrando i muscoli militari (laser nel Mar Rosso). L'India si trova in una posizione complessa: partner economico per l'Occidente, ma al centro di controversie sulla libertà di stampa (scontro con X) e impegnata a gestire le ricadute delle crisi regionali (profughi dal Myanmar). La crescita del Vietnam, presentata al World Economic Forum, indica l'emergere di nuovi attori economici rilevanti in questa macro-area. Conseguenze Geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono profonde e delineano un mondo in cui le vecchie certezze sono state smantellate. L'approccio dell'amministrazione Trump, basato sulla massima imprevedibilità per massimizzare la leva negoziale, sta erodendo le fondamenta delle alleanze tradizionali. Gli alleati, dall'Europa al Giappone, non sono più partner in un ordine condiviso, ma concorrenti o clienti in una serie di transazioni bilaterali. Questo crea un vuoto di leadership occidentale e un clima di sfiducia che avvantaggia le potenze revisioniste. La decisione sulle armi all'Ucraina non è un atto di solidarietà atlantica, ma una mossa tattica condizionata alla reazione di Putin, rendendo la sicurezza europea dipendente dagli umori e dai calcoli della Casa Bianca. In questo vuoto, emergono tentativi di costruire ordini alternativi, come quello promosso dai BRICS. Tuttavia, il summit di Rio, privo dei leader di Cina e Russia e segnato da posizioni divisive come la dura condanna del brasiliano Lula al "genocidio" di Gaza, mostra le profonde fratture e i limiti di questo blocco. Il Sud Globale cerca una voce, ma è tutt'altro che monolitico e resta vulnerabile alle pressioni esterne. La geopolitica si sta regionalizzando. Le tensioni crescenti tra Russia e Azerbaigian, la rinnovata assertività diplomatica dell'Iran e la competizione per l'influenza in Asia Centrale lungo la "Via della Seta" indicano che i conflitti locali non sono più contenuti da un'architettura di sicurezza globale, ma sono liberi di divampare. Infine, le crisi umanitarie sono state pienamente integrate nell'arsenale geopolitico. Le deportazioni di massa degli afghani non sono solo una tragedia, ma un atto politico che riflette il crescente nazionalismo e la fatica dell'accoglienza, usato per esercitare pressione e scaricare responsabilità. Conseguenze Strategiche Sul piano strategico, gli eventi dell'8 luglio confermano che la competizione tra potenze è diventata totale, estendendosi dal campo di battaglia convenzionale ai domini economico, tecnologico e informativo. La guerra in Ucraina è l'emblema del conflitto di logoramento industriale. La decisione americana sui Patriot è una boccata d'ossigeno per Kiev, ma il ritiro di un colosso come BlackRock dal piano di ricostruzione segnala la sfiducia del capitale privato e l'enorme difficoltà di rendere "sostenibile" un conflitto a tempo indefinito. La scoperta di componenti cinesi nei droni russi, attraverso hub come Khabarovsk, non è un dettaglio tecnico ma la prova di un allineamento strategico sino-russo che mira a erodere la supremazia tecnologica occidentale. La militarizzazione degli spazi contesi è un'altra conseguenza diretta. Il Mar Rosso è diventato un teatro a due livelli: la minaccia asimmetrica degli Houthi, proxy dell'Iran, si sovrappone ora a un confronto a bassa intensità tra potenze NATO e la Cina. L'incidente del laser è un messaggio strategico chiaro: Pechino non solo è presente in un'arteria vitale per l'Occidente, ma è disposta a interferire attivamente con le operazioni militari europee, testandone le reazioni. Questo si lega indissolubilmente alla mossa cinese di creare un monopolista della cantieristica. Il dominio sulla costruzione navale conferisce a Pechino un vantaggio decisivo a lungo termine, permettendole di dettare i ritmi della logistica globale e di accelerare l'espansione della propria marina militare, sfidando il secolare potere marittimo statunitense. La competizione è anche tecnologica, come dimostra la preoccupazione per l'uso dell'IA per eludere sanzioni, e informativa, con lo scontro tra il governo indiano e la piattaforma X che esemplifica la lotta per il controllo della narrazione digitale. Conseguenze Marittime Il dominio marittimo, per secoli pilastro dell'ordine globale a guida occidentale, è oggi apertamente conteso. Gli eventi del giorno lo dimostrano in modo inequivocabile. La ripresa degli attacchi Houthi nel Mar Rosso non solo minaccia la libertà di navigazione e le vite dei marittimi, ma impone costi economici diretti, costringendo le flotte a deviare sulla rotta più lunga e costosa del Capo di Buona Speranza. La sicurezza dei choke points marittimi, come Bab el-Mandeb, non è più garantita. L'incidente del laser cinese aggiunge una dimensione ancora più preoccupante: la sfida al controllo dei mari non proviene solo da attori non statali, ma da una superpotenza rivale che impiega le sue forze navali per proiettare potenza e contestare la presenza occidentale. La fusione di CSSC e CSIC è forse l'evento marittimo più significativo a lungo termine. Dà alla Cina una capacità industriale senza pari di costruire, riparare e modernizzare flotte commerciali e militari a una velocità e a un costo che l'Occidente fatica a eguagliare. Questo ha implicazioni dirette sulla bilancia del potere navale nell'Indo-Pacifico e oltre. Mentre la Cina costruisce, l'Occidente si trova a gestire le conseguenze della globalizzazione marittima, come dimostra la maxi-causa per disastro ambientale intentata dall'India contro MSC. Questo episodio sottolinea la crescente pressione normativa e la responsabilità legale a cui è sottoposto il settore dello shipping. La sicurezza marittima è quindi una questione a 360 gradi: militare, economica, legale e ambientale. La centralità degli stretti, come analizzato in uno degli articoli di oggi, non è mai stata così evidente: chi li controlla, influenza il destino delle nazioni. Conseguenze per l'Italia Per l'Italia, nazione che proietta la sua economia e la sua sicurezza dal cuore del Mediterraneo, le conseguenze di questo scenario sono dirette e allarmanti. La nostra posizione geografica, un tempo punto di forza, ci rende estremamente vulnerabili all'instabilità del "Mediterraneo Allargato". La crisi nel Mar Rosso ha un impatto immediato sui nostri porti, minacciando di declassare il Mediterraneo da autostrada a cul-de-sac marittimo e colpendo il cuore della nostra economia di trasformazione e di export. Sul piano politico-strategico, l'Italia subisce appieno il "bagno di realtà" descritto da analisti come Marta Dassù. La volatilità della politica americana ci pone di fronte a un dilemma lacerante: la dipendenza dalla garanzia di sicurezza di un alleato sempre più inaffidabile ci costringe a riconsiderare i nostri paradigmi. Le analisi critiche sulla spesa militare europea inefficiente (Di Donato), sulla mancanza di strategie migratorie (Panebianco) e sull'inadeguatezza generale dell'Europa (Orsina) – sono diagnosi spietate che riguardano l'Italia in prima persona. L'incidente del "Team Europe" respinto in Libia è un piccolo ma significativo esempio della nostra difficoltà a tradurre le ambizioni europee in azioni efficaci sul terreno. Di fronte a queste minacce, l'Italia sta reagendo. L'investimento in una "cupola difensiva" multilivello e l'avvio del programma per le nuove fregate FREMM EVO da parte di Fincantieri sono passi necessari per adeguare il nostro strumento militare a un contesto di minacce aeree e navali più complesse. Tuttavia, come sottolinea il dibattito sull'articolo 5 della NATO, la partecipazione alle alleanze comporta anche rischi di trascinamento in conflitti non direttamente legati ai nostri interessi nazionali. La sfida per l'Italia è quindi duplice: contribuire a una difesa europea più coesa ed efficiente, e allo stesso tempo rafforzare la propria resilienza nazionale, proteggendo le infrastrutture critiche come i porti (emendamento "salva porti") e le reti energetiche (smart grid), e diversificando i partner economici, come dimostra l'attenzione crescente verso l'India. Conclusioni L'istantanea globale dell'8 luglio 2025 rivela un mondo che è inserito nell’era della competizione, non da regole condivise ma da transazioni di potere. L'ordine liberale non è solo in crisi, ma viene attivamente smantellato da una combinazione di revisionismo da parte di potenze come Cina e Russia e di un'imprevedibile politica di "interesse nazionale" da parte degli Stati Uniti. Questo scenario di frammentazione strategica e di confronto permanente aumenta i rischi di errore di calcolo e di escalation, rendendo il mondo oggettivamente più pericoloso. Le istituzioni multilaterali appaiono inadeguate, mentre i domini un tempo considerati civili – commercio, tecnologia, informazione – sono diventati veri e propri campi di battaglia. Per una nazione come l'Italia, la navigazione in queste acque turbolente richiede un cambio di paradigma fondato su pragmatismo, lucidità e coraggio strategico. Le raccomandazioni che emergono da questa analisi sono chiare. In primo luogo, è imperativo accelerare il percorso verso una reale autonomia strategica europea, non in contrapposizione all'alleanza atlantica, ma come suo pilastro più solido e affidabile. Ciò significa investire in modo coordinato ed efficiente nella difesa, sviluppare capacità industriali e tecnologiche comuni e parlare con una sola voce sulle grandi crisi internazionali. In secondo luogo, è fondamentale rafforzare la resilienza nazionale, proteggendo le infrastrutture critiche, diversificando le catene di approvvigionamento e investendo in settori strategici come la cybersicurezza e l'energia. Terzo, l'Italia deve perseguire una diplomazia agile e multi-vettoriale, capace di dialogare con tutti gli attori, consolidando i rapporti con i partner tradizionali e costruendone di nuovi con le potenze emergenti. Infine, la sicurezza marittima deve essere riconosciuta come un interesse nazionale vitale, meritevole di investimenti prioritari e di un'attenzione politica costante. Abbandonare le illusioni del passato e affrontare la realtà di un mondo competitivo è il primo, indispensabile passo per tutelare la nostra sicurezza e prosperità future.
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I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Cristallizzazione di un mondo frammentato Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La strutturazione e l'interpretazione dei dati sono frutto di un processo di sintesi volto a creare un quadro analitico coerente e organico. La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte e scelte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
La giornata del 7 luglio 2025 offre una fotografia nitida di un ordine mondiale ormai "in frantumi". La realtà di una frammentazione accelerata soppianta definitivamente l'illusione di un'integrazione multilaterale post-Guerra Fredda, orchestrandosi attorno a due poli strategici contrapposti. Da un lato, un Occidente guidato dall'America protezionista di Trump; dall'altro, il blocco BRICS+ che, dal vertice di Rio de Janeiro, lancia la sua sfida più esplicita all'ordine a guida occidentale. In questo scenario di grande competizione, i conflitti regionali, dal Medio Oriente all'Ucraina, diventano i teatri operativi di questa nuova polarizzazione globale. L'analisi che segue, basata sulla documentazione fornita, intende decostruire gli eventi di questa giornata per delinearne le profonde conseguenze geopolitiche, strategiche e marittime, con un'attenzione particolare alle implicazioni per l'interesse nazionale italiano, attore intrinsecamente legato alle dinamiche del Mediterraneo e del commercio globale. Sintesi dei principali fatti del giorno La giornata del 7 luglio 2025 ha cristallizzato un panorama di crescente tensione globale, dominato dallo scontro tra due poli emergenti. Da un lato, il 17° vertice BRICS+ a Rio de Janeiro ha formalizzato la sfida all'ordine occidentale, condannando il protezionismo e proponendo riforme finanziarie. Dall'altro, la risposta quasi simultanea del Presidente Trump, con la minaccia di un dazio universale del 10%, ha trasformato la competizione economica in un aperto confronto politico. Questo scontro non è rimasto confinato alla diplomazia. In Medio Oriente, la crisi si è aggravata con l'incursione israeliana in Libano, mentre nel Mar Rosso i miliziani Houthi hanno rotto una tregua affondando una portarinfuse, minacciando direttamente il commercio marittimo globale e provocando una rappresaglia israeliana. Sul fronte europeo, la guerra in Ucraina ha mostrato un duplice volto: l'innovazione strategica della "rivoluzione dei droni" e la vulnerabilità derivante dalla parziale sospensione degli aiuti militari americani. A completare il quadro, tensioni interne hanno scosso le grandi potenze, dalla misteriosa morte di un ministro russo alle catastrofi naturali e alle nuove sfide politiche negli Stati Uniti, delineando un mondo instabile sia all'esterno che all'interno. Di seguito l’elenco dei principali fatti del giorno.
Analisi per Teatro Operativo
Conseguenze geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono profonde e delineano la struttura di un nuovo disordine mondiale. La contemporaneità tra il vertice BRICS e la minaccia dei dazi di Trump non è casuale, ma rappresenta la formalizzazione di una frattura globale. Il mondo si sta visibilmente dividendo in due sfere di influenza economiche e, sempre più, ideologiche. Da un lato, il blocco occidentale, che cerca di mantenere la propria supremazia attraverso strumenti di pressione economica e alleanze militari tradizionali come la NATO. Dall'altro, un "Sud Globale" aggregato attorno ai BRICS+, che contesta l'architettura finanziaria e politica esistente (FMI, dollaro) e promuove un modello multipolare. Le assenze di leader di peso come Xi Jinping e Vladimir Putin al summit di Rio, tuttavia, rivelano che questo secondo blocco è ancora alla ricerca di una coesione interna e di una leadership indiscussa. L'erosione delle istituzioni multilaterali, come l'Organizzazione Mondiale del Commercio, è una conseguenza diretta di questa polarizzazione. Il Medio Oriente diventa il principale scacchiere di questa competizione: la mediazione americana sulla crisi di Gaza (incontro Trump-Netanyahu) si scontra con una realtà in cui attori regionali chiave come Iran e Arabia Saudita sono ormai membri dei BRICS, guadagnando così una leva diplomatica alternativa a Washington. L'Unione Europea, come dimostra il "dialogo tiepido" sui dazi, si trova in una posizione geopoliticamente scomoda, schiacciata tra la lealtà all'alleato americano e la necessità di non alienarsi i mercati del blocco emergente. In questo contesto, anche le iniziative di potenze medie, come il tentativo italiano di stabilizzare i Balcani o la scommessa tecnologica dell'Armenia, vanno lette come tentativi di ritagliarsi uno spazio di autonomia in un mondo sempre più rigido. Conseguenze strategiche Dal punto di vista strategico, gli eventi del 7 luglio confermano un'accelerazione verso la ri-militarizzazione delle relazioni internazionali. La decisione della NATO di portare la spesa per la difesa al 5% del PIL è una misura senza precedenti in tempo di pace, che segnala come la percezione della minaccia, principalmente russa, sia diventata il principale motore delle politiche di sicurezza europee. Questa morsa finanziaria solleva però dubbi sulla sostenibilità per economie ad alto debito. La guerra in Ucraina continua a essere un formidabile laboratorio di innovazione strategica. La "rivoluzione dei droni" ucraina, supportata anche dalla Germania, sta riscrivendo i manuali di tattica militare, dimostrando come la tecnologia a basso costo possa sfidare eserciti convenzionali. Tuttavia, la parziale sospensione degli aiuti USA rivela una vulnerabilità strategica cruciale per Kiev: la dipendenza dalla volontà politica e dalle capacità industriali dei suoi sostenitori. La crescente assertività delle marine militari europee, con il coordinamento tra Regno Unito, Francia e Italia per operazioni con portaerei nell'Indo-Pacifico, è una chiara conseguenza strategica della necessità di contenere l'espansionismo cinese e di proteggere le linee di comunicazione globali. Parallelamente, si assiste a una diversificazione degli strumenti di potere: il ritorno sulla scena di contractor privati come Erik Prince in aree ad alta instabilità (America Latina, Africa) indica una tendenza degli stati a esternalizzare la gestione della sicurezza, utilizzando attori non statali per proiettare influenza in modo più flessibile e negabile. Infine, la morte di Starovoit, già ministro dei trasporti russo, suggerisce che l'instabilità strategica non è solo esterna, ma si manifesta anche con purghe e lotte di potere all'interno dei regimi autocratici. Conseguenze marittime Le conseguenze marittime degli avvenimenti sono altrettanto centrali e allarmanti. Il dominio marittimo, essenziale per il commercio e la proiezione di potenza, è sempre più conteso. L'attacco Houthi alla portarinfuse Magic Seas nel Mar Rosso è l'evento più emblematico: la rottura di una tregua di sei mesi segna la riapertura di un fronte caldo in uno dei "chokepoint" più critici del pianeta, lo stretto di Bab el-Mandeb, passaggio obbligato per le navi che transitano da Suez. Le conseguenze immediate sono un aumento esponenziale dei costi assicurativi, il potenziale dirottamento delle rotte attorno all'Africa (con aumento di tempi e costi) e una necessaria intensificazione della presenza navale militare per scortare il naviglio mercantile. La rappresaglia israeliana in Yemen trasforma ulteriormente il Mar Rosso in un teatro di scontro militare diretto. Questo si collega alla più ampia strategia marittima occidentale nell'Indo-Pacifico, dove la cooperazione tra le marine europee (inclusa quella italiana) mira a garantire il principio della libertà di navigazione, minacciato dalle rivendicazioni di Pechino. Sul fronte tecnologico, la marittimità vive una doppia spinta: da un lato la vulnerabilità fisica, dall'altro l'innovazione. L'adozione di sistemi autonomi per la caccia alle mine da parte della Royal Navy e il dibattito sulla centralità dell'uomo nel processo di digitalizzazione navale mostrano come la tecnologia stia cambiando il volto della guerra e delle operazioni sul mare. Infine, anche la geo-economia ha una dimensione marittima: il progetto Alaska LNG è concepito per rafforzare le rotte energetiche trans-pacifiche degli Stati Uniti verso i mercati asiatici, ridisegnando le mappe globali del trasporto di gas naturale liquefatto. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, le ripercussioni di questo scenario globale sono dirette e multiformi. Come nazione eminentemente marittima e trasformatrice, la cui economia dipende dalle esportazioni e dall'importazione di materie prime, l'Italia è estremamente esposta alla frammentazione del commercio globale. La guerra dei dazi tra Stati Uniti e BRICS+ rappresenta una minaccia esistenziale per il tessuto industriale italiano, che rischia di essere penalizzato su entrambi i fronti. La posizione dell'UE, incerta e reattiva, non offre per ora un riparo sicuro. La sicurezza del Mediterraneo Allargato, concetto geopolitico che include aree come il Mar Rosso e il Vicino Oriente, è una questione di interesse nazionale primario. L'escalation militare in Libano e la ripresa degli attacchi Houthi nel Mar Rosso minacciano direttamente la stabilità regionale e la sicurezza delle rotte che passano per il Canale di Suez, vitali per i porti italiani. In questo contesto, la politica estera italiana mostra una consapevolezza crescente. La proattività diplomatica nei Balcani, evidenziata dalla visita del Presidente Mattarella, risponde alla necessità strategica di stabilizzare il fianco orientale dell'Adriatico per prevenire l'infiltrazione di potenze rivali e gestire le crisi prima che degenerino. Sul piano militare, la partecipazione della Marina Militare a operazioni nell'Indo-Pacifico al fianco di Francia e Regno Unito segna un salto di qualità strategico: è il riconoscimento che la difesa degli interessi nazionali si gioca ormai su scala globale e che la tutela delle vie di comunicazione marittime è un imperativo non più delegabile. Questa scelta implica però un onere finanziario e logistico significativo, che dovrà essere sostenuto in un quadro di bilancio complesso. Conclusioni In conclusione, l'analisi degli eventi del 7 luglio 2025 restituisce l'immagine di un sistema internazionale entrato in una fase di confronto strutturato. La polarizzazione tra il blocco occidentale e l'asse BRICS+ ha superato la dimensione retorica per diventare il principale motore della geopolitica e della geo-economia. Questo nuovo bipolarismo, più fluido e complesso di quello della Guerra Fredda, si manifesta attraverso guerre commerciali, conflitti per procura e una corsa al riarmo tecnologico e convenzionale. I pilastri dell'ordine liberale, come il libero scambio e le istituzioni multilaterali, sono in crisi, lasciando spazio a un mondo più imprevedibile e pericoloso. Per un attore come l'Italia, la cui prosperità è indissolubilmente legata alla stabilità internazionale e alla libertà dei mari, l'inerzia non è un'opzione. Le raccomandazioni strategiche che emergono da questo quadro sono chiare. In primo luogo, è imperativo promuovere in sede europea una vera autonomia strategica, che consenta all'UE di agire come polo autonomo e non come semplice attore di bilanciamento tra Washington e Pechino. In secondo luogo, l'Italia deve investire nella resilienza delle proprie catene di approvvigionamento e nella propria base industriale-tecnologica, per mitigare gli shock derivanti dalle guerre commerciali e dalla competizione sulle materie prime critiche. Terzo, la sicurezza marittima deve diventare il perno della politica di difesa nazionale, con investimenti mirati a potenziare la Marina Militare e a proteggere le infrastrutture critiche, come i porti e i cavi sottomarini. Infine, è essenziale proseguire con una diplomazia proattiva nel Mediterraneo Allargato e nei Balcani, agendo come fattore di stabilità per prevenire che le crisi ai propri confini vengano strumentalizzate da altri attori internazionali. Affrontare questa nuova era di disordine richiederà visione, coraggio politico e una profonda consapevolezza della propria vocazione marittima e oltre l’orizzonte. I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Frammentazione e incertezza Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La strutturazione e l'interpretazione dei dati sono frutto di un processo di sintesi volto a creare un quadro analitico coerente e organico. La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte e scelte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
L'analisi del quadro internazionale al 7 luglio 2025 rivela una fase di elevata instabilità, caratterizzata dalla convergenza di crisi militari, tensioni geoeconomiche e fattori di fragilità politica interna alle principali potenze. Nel dominio geostrategico, si osserva l'intensificazione del confronto diretto tra Israele e l'asse filo-iraniano, che estende l'arco di crisi al Mar Rosso, e la cronicizzazione del conflitto in Ucraina in una guerra di logoramento ad alta intensità tecnologica. Sul piano economico, la potenziale imposizione di tariffe statunitensi sull'Unione Europea introduce un significativo fattore di rischio per il commercio globale, mentre il blocco BRICS prosegue nel suo progetto di consolidamento di un'architettura finanziaria e politica multipolare. Questi vettori di tensione esogeni sono aggravati da dinamiche endogene, come la crescente polarizzazione politica e la delegittimazione istituzionale in diverse democrazie occidentali, che concorrono a generare un ambiente operativo globale complesso e volatile. Sintesi dei principali fatti
Analisi per Teatro Operativo
Conseguenze geopolitiche L'attuale scenario geopolitico accelera la transizione verso un ordine mondiale multipolare e frammentato, dove la competizione oscura la cooperazione. In Medio Oriente, la guerra diretta e per procura tra Israele e l'asse iraniano ha disintegrato gli equilibri post-Accordi di Abramo, ridisegnando le alleanze. L'intervento israeliano in Yemen, coordinato con gli USA, non solo allarga il conflitto ma salda la sicurezza del Levante a quella del Corno d'Africa, evidenziando la crescente proiezione di forza di Teheran e Tel Aviv. In Europa, la guerra cronica in Ucraina sta creando una nuova e duratura linea di faglia. L'imponente riarmo della Polonia la consacra come potenza militare regionale, spostando a est il baricentro strategico della NATO. Questo fenomeno, unito alla fragilità dell'asse franco-tedesco e alla crisi politica interna della Germania, indebolisce la capacità dell'UE di agire come attore unitario. A livello globale, le politiche aggressive degli Stati Uniti minano l'ordine liberale, creando un vuoto di leadership che i BRICS cercano di colmare, proponendosi come alternativa per il Sud Globale con un modello di multilateralismo pragmatico. L'instabilità interna degli USA, infine, alimenta l'incertezza globale, spingendo numerosi paesi a diversificare le proprie partnership strategiche per navigare in un contesto sempre più imprevedibile. Conseguenze strategiche Dal punto di vista strategico, gli eventi attuali rivelano una rapida evoluzione della dottrina e della tecnologia militare. Il confronto tra Israele e Iran ha reso centrali la guerra missilistica e con droni a lungo raggio, dimostrando la fine dell'era dell'invulnerabilità tecnologica. Mentre Teheran cerca resilienza strategica con nuovi porti fuori da Hormuz, Israele adotta una "difesa attiva", colpendo le minacce alla fonte, come dimostrato in Yemen. La guerra in Ucraina è diventata un laboratorio per il futuro del combattimento. La Russia utilizza sciami di droni e missili per una guerra di logoramento, mirando a saturare le difese. In risposta, l'Ucraina ha innovato la guerra asimmetrica navale con droni "madre", una tattica che permette a una marina inferiore di negare il controllo del mare a una potenza superiore, con implicazioni globali. Nell'Indo-Pacifico, la Cina adotta una strategia ibrida (diplomatica, economica, militare) a cui gli USA e i loro alleati rispondono con il "contenimento integrato", rafforzando partner regionali come Giappone e Filippine e investendo in tecnologie avanzate. In Europa, la Polonia punta sulla "deterrenza tramite la massa", con l'obiettivo di costruire il più grande esercito di terra del continente per scoraggiare l'aggressione russa. Conseguenze marittime Il dominio marittimo è emerso come il principale teatro della competizione e del conflitto globale, con la sicurezza delle rotte commerciali (SLOC) minacciata simultaneamente in tre choke point strategici. Nel Mar Rosso, gli attacchi Houthi e le rappresaglie israeliane hanno trasformato il corridoio di Bab el-Mandeb in una zona di guerra. Ciò ha causato un'impennata dei costi assicurativi e la deviazione delle navi, con gravi rischi per la stabilità economica globale. Nel Mar Nero, l'innovativa guerra dei droni navali condotta dall'Ucraina ha reso la navigazione commerciale estremamente pericolosa, impattando le esportazioni di grano e dimostrando come marine inferiori possano contestare efficacemente il controllo del mare a potenze superiori. Nell'Indo-Pacifico, l'assertività militare cinese intorno a Taiwan minaccia uno degli snodi commerciali più importanti del mondo, innescando una corsa agli armamenti navali che coinvolge Stati Uniti, Giappone e Filippine. Questi eventi confermano che la sicurezza marittima non è più una questione di lotta alla pirateria, ma è tornata a essere una componente centrale della competizione tra grandi potenze. Il controllo degli spazi marittimi, come evidenziano anche la strategia di diversificazione portuale dell'Iran e le tensioni nel Mediterraneo Orientale, è diventato un elemento critico per la sicurezza nazionale e la prosperità economica globale. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, nazione a vocazione marittima proiettata nel cuore del Mediterraneo Allargato, queste dinamiche hanno implicazioni dirette e profonde. La crisi nel Mar Rosso rappresenta una minaccia esistenziale per l'economia italiana. Essendo il Canale di Suez l'arteria principale per i commerci tra l'Italia e l'Asia, l'insicurezza a Bab el-Mandeb impatta direttamente la competitività dei porti nazionali e dell'intero sistema produttivo, basato sull'importazione di materie prime e l'esportazione di manufatti. La sicurezza di questa rotta diventa, quindi, un interesse strategico nazionale di primo livello, che richiede un impegno diplomatico e militare attivo, anche in ambito NATO e UE. Sul piano della sicurezza energetica, l'Italia si trova in una posizione di vulnerabilità. L'articolo sulla crescente onerosità e rischiosità del nucleare francese evidenzia la dipendenza italiana dalle importazioni di energia. In un contesto di tensioni geopolitiche, questa dipendenza espone il Paese a shock di prezzo e a potenziali pressioni politiche. La necessità di diversificare le fonti energetiche e di riconsiderare una strategia energetica nazionale più autonoma diventa non più una scelta, ma un'urgenza strategica. Dal punto di vista industriale e della difesa, l'accordo per la produzione in Italia del drone turco Bayraktar TB2 è una mossa di notevole importanza. Posiziona l'Italia come un hub tecnologico-militare in Europa, rafforzando le sue capacità di difesa e intelligence. Consolida inoltre la partnership strategica con la Turchia, attore imprescindibile per la stabilità del Mediterraneo Orientale e del Mar Nero, nonostante le complessità politiche. Questa scelta indica la volontà italiana di giocare un ruolo proattivo nel rafforzamento della base industriale e tecnologica della difesa europea (EDTIB). Infine, l'instabilità diffusa nel Vicinato Meridionale, dal Nord Africa (Sahara Occidentale) al Sahel, passando per i Balcani, pone sfide costanti alla sicurezza nazionale italiana in termini di flussi migratori, terrorismo e criminalità organizzata. Il ruolo attivo dell'Italia all'interno della NATO, in particolare nel promuovere un'attenzione strategica verso il Fianco Sud, è fondamentale per mitigare queste minacce. Conclusioni Il quadro che emerge dall'analisi degli eventi del 5 e 6 luglio 2025 è quello di un sistema internazionale entrato in una fase di "policrisi", dove shock militari, economici e politici si alimentano a vicenda, generando un'instabilità diffusa. L'ordine unipolare post-Guerra Fredda è definitivamente archiviato, sostituito da una competizione caotica tra potenze vecchie e nuove, in cui il dominio marittimo è tornato a essere un campo di battaglia centrale. La fragilità delle tregue e l'inefficacia della diplomazia tradizionale nel risolvere conflitti radicati, unita alla debolezza interna delle democrazie occidentali, creano un vuoto che viene riempito dalla logica della forza e dalla competizione geoeconomica spietata. L'erosione delle istituzioni multilaterali e il ritorno del protezionismo aggressivo minacciano di smantellare decenni di globalizzazione, con conseguenze imprevedibili per la stabilità e la prosperità globali. In questo scenario, le raccomandazioni per un attore come l'Italia e, per estensione, per l'Europa, devono orientarsi verso un paradigma di "resilienza strategica". In primo luogo, è imperativo rafforzare la sicurezza del dominio marittimo, investendo in capacità navali, intelligence e sorveglianza, e promuovendo missioni europee e NATO per garantire la libertà di navigazione nei choke point vitali come il Mar Rosso. In secondo luogo, è cruciale perseguire l'autonomia strategica in settori chiave, a partire dall'energia e dalla difesa. Ciò implica la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e il potenziamento della base industriale e tecnologica europea, come l'accordo sui droni Bayraktar esemplifica. Terzo, è necessario adottare una diplomazia pragmatica e proattiva, capace di dialogare con tutti gli attori, inclusi quelli del blocco BRICS, per gestire le crisi e prevenire l'escalation, sfruttando il ruolo di media potenza per costruire ponti dove le grandi potenze alzano muri. Infine, è fondamentale consolidare la coesione interna, sia a livello nazionale che europeo, poiché la frammentazione interna è la più grande vulnerabilità in un mondo definito dalla competizione esterna. Solo un'Europa unita e resiliente potrà navigare con successo le acque turbolente del nuovo disordine globale. I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Sfide marittime e geopolitiche per l’Italia Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La strutturazione e l'interpretazione dei dati sono frutto di un processo di sintesi volto a creare un quadro analitico coerente e organico. La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte e scelte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il panorama internazionale vive una profonda trasformazione, segnata dal ritorno della competizione tra grandi potenze. In questo quadro, dominio marittimo, supremazia tecnologica e autonomia strategica sono pilastri cruciali per la sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti, sfidati da Russia e Cina, avviano un imponente riarmo marittimo, ma le difficoltà interne e le tensioni geopolitiche costringono ora l'Europa a riconsiderare il proprio ruolo. Questa analisi giornaliera del 5 luglio esplora i fatti salienti, le loro conseguenze strategiche e marittime, e le specifiche implicazioni per l'Italia, la cui sicurezza è legata agli equilibri del Mediterraneo e alle dinamiche globali. I fatti del 4 luglio sulla stampa internazionale La narrazione dei fatti recenti, come emerge dalle fonti, dipinge un mondo in cui le potenze globali e regionali si muovono con determinazione per affermare i propri interessi. Gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Trump, hanno dato un forte impulso al rafforzamento della loro postura marittima. Un esempio emblematico è lo stanziamento di quasi nove miliardi di dollari tramite il "One Big Beautiful Bill Act" per la costruzione di sei nuovi rompighiaccio, un’azione mirata a contrastare il crescente dominio russo e le ambizioni cinesi nell'Artico. Questo investimento si accompagna a una spinta verso l’innovazione tecnologica, come dimostra la partnership strategica tra il colosso della cantieristica HII e la società di software C3 AI per utilizzare l’intelligenza artificiale al fine di accelerare la produzione navale. La vitalità del sistema marittimo americano è ulteriormente sostenuta da un’intensa campagna di reclutamento del Military Sealift Command e dall’ingresso di oltre 1.100 neodiplomati dalle accademie marittime, risorse umane indispensabili per il rilancio del settore. Tuttavia, questo quadro di rinnovamento non è privo di ombre: il programma delle nuove fregate classe Constellation, cruciale per la US Navy, sta affrontando gravi ritardi e un aumento dei costi, evidenziando le fragilità della base industriale americana. Nel frattempo, le tensioni nel teatro europeo e globale si intensificano. La Royal Navy britannica ha condotto un’operazione di sorveglianza su un sottomarino russo nel Canale della Manica, un episodio che sottolinea la persistente attività di Mosca nelle acque strategiche europee. Sul fronte del conflitto ucraino, l’apparente disimpegno da parte di Washington spinge Kiev a un riposizionamento strategico, intensificando la cooperazione militare con l’Europa e potenziando la propria produzione bellica interna. La Cina, dal canto suo, ha chiarito che non può permettersi una sconfitta della Russia, consolidando un asse strategico che si pone come alternativa all’ordine occidentale. Le dinamiche di potere si manifestano anche in Asia, dove la Malesia vara la sua seconda Littoral Combat Ship per rafforzare la propria sovranità marittima, mentre Svezia riconsidera i piani per le sue corvette in risposta alle nuove minacce nel Baltico. Il quadro geopolitico è ulteriormente complicato dalla recrudescenza del radicalismo islamico in Asia, che dal Bangladesh al Pakistan minaccia la stabilità regionale, e dalle tensioni nel Mediterraneo orientale, dove la disputa tra Grecia e Turchia per le risorse energetiche alimenta un pericoloso riarmo. Infine, la politica estera di attori regionali come gli Emirati Arabi Uniti si rivela controproducente in teatri complessi come la Siria e il Sudan, generando ulteriore instabilità. Di seguito una sintesi per punti delle principali notizie del giorno: Analisi per Teatro Operativo
Conseguenze geopolitiche Le principali notizie geopolitiche sono:
Nel frattempo, l'instabilità si propaga a livello regionale. La crisi diplomatica e militare tra Grecia e Turchia, due alleati NATO, rivela le fratture interne all’alleanza e trasforma il Mediterraneo orientale in un’area ad alta tensione, con dirette implicazioni per la sicurezza energetica europea. In Medio Oriente, la politica di "massima pressione" degli Stati Uniti contro l'Iran, pur avendo rallentato secondo il Pentagono il programma nucleare di Teheran, mantiene la regione sull'orlo di un'escalation. Il tentativo degli Emirati Arabi Uniti di proiettare la propria influenza si è scontrato con la complessità dei conflitti siriano e sudanese, dimostrando i limiti dell'interventismo delle potenze medie e contribuendo a un'ulteriore frammentazione. Anche in Asia, la rinascita del radicalismo islamico e le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale creano focolai di crisi che richiedono una costante vigilanza e una cooperazione internazionale rafforzata. Infine, l'espansione dell'influenza dei BRICS, con il vertice in Brasile e il lancio di un fondo di garanzia per gli investimenti, segnala la volontà del Sud Globale di costruire un ordine economico e politico alternativo, meno dipendente dalle istituzioni occidentali. Conseguenze strategiche Sul piano strategico, i fatti descritti evidenziano una trasformazione radicale delle dottrine e degli strumenti del potere. L'adozione dell'intelligenza artificiale da parte della cantieristica militare statunitense non è un semplice aggiornamento tecnologico, ma un imperativo strategico per mantenere il vantaggio qualitativo sulla Cina, la cui capacità produttiva navale è superiore e in crescita. La guerra moderna è sempre più definita dalla tecnologia: i droni, come analizzato da Foreign Affairs, hanno rivoluzionato il campo di battaglia, ma presentano limiti che impongono la loro integrazione in strategie militari più ampie e complesse. Parallelamente, la Cina sta perseguendo una strategia di lungo termine per il dominio di un settore meno visibile ma altrettanto cruciale: le infrastrutture dei cavi sottomarini. Controllare queste arterie digitali significa avere il potere di intercettare, interrompere o manipolare il flusso globale di dati, conferendo un vantaggio strategico decisivo in pace, in crisi e in guerra. La deterrenza rimane un concetto centrale, ma le sue modalità si evolvono. La presenza visibile dei nuovi rompighiaccio americani nell'Artico o la sorveglianza costante della Royal Navy sulle unità russe sono manifestazioni classiche di deterrenza attraverso la presenza. Tuttavia, emergono anche forme più dirette di azione: l'uccisione del vicecomandante della Marina russa da parte delle forze ucraine rappresenta un colpo strategico al morale e alla catena di comando avversaria, mentre gli attacchi mirati al programma nucleare iraniano dimostrano la volontà di agire preventivamente per neutralizzare minacce percepite. In questo contesto, la base industriale e tecnologica di una nazione diventa un asset strategico di primaria importanza. Le difficoltà del programma Constellation della US Navy sono un campanello d'allarme che segnala come la superiorità militare non possa prescindere da una capacità industriale efficiente e resiliente. Per l'Europa, la sfida è duplice: coordinare gli investimenti per evitare duplicazioni e sostenere un'industria della difesa continentale in grado di garantire l'autonomia strategica auspicata. Conseguenze marittime Le principali notizie in campo marittimo sono:
L'Artico è diventato la nuova "grande frontiera", dove lo scioglimento dei ghiacci apre rotte commerciali (la "Via della Seta Polare" cinese) e l'accesso a immense risorse naturali. L'investimento statunitense in rompighiaccio è una risposta diretta e necessaria per non cedere il controllo di quest'area strategicamente vitale a Russia e Cina. Parallelamente, il dominio delle tradizionali linee di comunicazione marittima (SLOCs) rimane fondamentale. Le tensioni nel Mediterraneo orientale, le operazioni di sorveglianza nel Canale della Manica e le dispute nel Mar Cinese Meridionale ruotano tutte attorno al controllo di stretti e rotte marittime essenziali per il commercio globale e la proiezione militare. La modernizzazione delle flotte riflette queste nuove priorità. Non si punta più solo su grandi navi, ma su piattaforme più flessibili e tecnologicamente avanzate, adatte a specifici contesti operativi. Le Littoral Combat Ships della Malesia sono progettate per il combattimento costiero in un ambiente marittimo complesso, mentre la Svezia valuta corvette versatili per il Mar Baltico. La stessa US Navy, con le fregate Constellation, cerca di colmare un vuoto capacitivo tra le unità maggiori e quelle costiere. Tuttavia, la tecnologia da sola non basta. Il fattore umano è decisivo: la spinta al reclutamento del Military Sealift Command e l'arrivo di nuovi ufficiali dalle accademie marittime statunitensi evidenziano la consapevolezza che senza marinai, ingegneri e tecnici qualificati, anche la flotta più moderna rimane un guscio vuoto. La proposta di elevare la storica USS Constitution a nave ammiraglia, infine, non è solo un atto simbolico, ma un tentativo di rafforzare il legame con la tradizione e l'identità navale, elementi cruciali per il morale e la coesione di qualsiasi forza marittima. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, nazione a profonda vocazione marittima proiettata al centro del Mediterraneo, queste dinamiche globali hanno implicazioni dirette e ineludibili. Il "Mediterraneo allargato", che si estende dal Sahel al Mar Nero, è il teatro primario della sicurezza nazionale italiana e oggi è attraversato da tutte le principali linee di faglia geopolitiche. La crisi tra Grecia e Turchia non è un affare lontano, ma una minaccia alla stabilità di un'area cruciale per gli interessi energetici e commerciali dell'Italia. L'instabilità in Siria e Sudan, esacerbata da interventi esterni poco lungimiranti, alimenta flussi migratori e rischi di terrorismo che raggiungono le coste italiane. In questo contesto, l'Italia è chiamata a un ruolo più attivo e assertivo. La potenziale riduzione dell'impegno statunitense, in particolare sotto un'amministrazione Trump orientata all'isolazionismo, rende non più rinviabile un serio investimento in una difesa europea autonoma, in cui l'Italia, con la sua industria della difesa di eccellenza (in particolare nel settore navale), può e deve giocare un ruolo da protagonista. La sicurezza economica del Paese dipende in modo critico dalla libertà di navigazione. Le decisioni dell'OPEC+ sulla produzione di petrolio e le dispute per il gas nel Mediterraneo orientale influenzano direttamente i costi energetici per famiglie e imprese. Proteggere le rotte commerciali e le infrastrutture energetiche sottomarine (gasdotti e cavi dati) è un imperativo strategico. Ciò richiede una Marina Militare moderna, equilibrata e tecnologicamente avanzata, in grado di operare efficacemente nel Mediterraneo e, se necessario, anche oltre. Il dibattito interno sul ruolo della Guardia Costiera, emerso in occasione del DDL sulla subacquea, pur sembrando una questione tecnica, tocca un nervo scoperto: la necessità di definire con chiarezza ruoli e funzioni all'interno dell'architettura di sicurezza marittima nazionale, ottimizzando le sinergie tra la componente militare (sicurezza, difesa e proiezione) e quella civile (sicurezza della navigazione, ricerca e soccorso, polizia marittima). Polemiche superflue non sono utili alla soluzione di problemi sempre più complessi. L'Italia non può più permettersi di essere uno spettatore passivo; deve diventare un attore consapevole e preparato, capace di difendere i propri interessi in un mondo sempre più competitivo e incerto. Conclusioni In conclusione, l'analisi aggregata delle fonti delinea un'epoca di profonda transizione strategica, in cui la competizione globale si manifesta con particolare intensità nel dominio marittimo e tecnologico. L'imponente sforzo di riarmo degli Stati Uniti, la sfida coordinata di Russia e Cina, e la crescente instabilità in regioni chiave come l'Europa, il Medio Oriente e l'Asia, disegnano un futuro incerto e denso di sfide. Il Mediterraneo, crocevia di queste tensioni, si conferma come un'area di vitale importanza strategica, la cui stabilità è essenziale per la sicurezza europea. Per l'Occidente, e in particolare per l'Europa, l'era della dipendenza passiva dalla garanzia di sicurezza americana sembra volgere al termine, imponendo un'accelerazione verso una maggiore autonomia strategica e una più equa condivisione degli oneri. Per una nazione come l'Italia, la cui geografia e storia sono indissolubilmente legate al mare, questo scenario impone scelte coraggiose e lungimiranti. È imperativo continuare a investire in una forza navale moderna, credibile e versatile, capace di proteggere le linee di comunicazione marittima, le infrastrutture energetiche e gli interessi nazionali nel Mediterraneo allargato. Altrettanto cruciale è sostenere e rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa nazionale, promuovendo l'innovazione e la competitività a livello europeo e globale. L'Italia deve assumere un ruolo di primo piano nel dibattito sulla difesa comune europea, orientando le decisioni verso soluzioni concrete che rafforzino la sicurezza collettiva senza sacrificare le specificità nazionali. Infine, è necessaria una politica estera pragmatica e proattiva, capace di dialogare con tutti gli attori regionali per prevenire le crisi e promuovere la stabilità. Affrontare questa nuova era richiede visione, coesione nazionale e la volontà politica di trasformare le sfide in opportunità, riaffermando il ruolo dell'Italia come protagonista della sicurezza e della stabilità nel cuore del Mediterraneo. I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo L’alba di una competizione frammentata Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il panorama internazionale sta attraversando una fase di profonda e accelerata riconfigurazione, che segna la definitiva archiviazione dell'ordine post-Guerra Fredda e l'alba di un'era di competizione strategica frammentata e pervasiva. Il motore primario di questa trasformazione è il riorientamento degli Stati Uniti, sempre più focalizzati sulla sfida sistemica con la Cina. Questa scelta strategica, esemplificata dal potenziale blocco degli aiuti all'Ucraina, genera onde d'urto globali e agisce da catalizzatore, costringendo gli alleati europei a una drastica revisione delle proprie posture di difesa e a perseguire una difficile autonomia. Contestualmente, il relativo disimpegno americano crea vuoti di potere che attori regionali sempre più assertivi – dalla Turchia in Eurasia all'India nel Mediterraneo, fino alle potenze del Golfo e al Brasile – si affrettano a colmare. Questi stati perseguono agende nazionali e politiche estere multivettoriali che superano le logiche di blocco e ridisegnano le mappe del potere globale. La competizione che ne deriva trascende il dominio militare per estendersi a quello geo-economico, con la battaglia per il controllo delle infrastrutture, a quello tecnologico, marittimo e cognitivo. L'analisi che segue mappa queste complesse e interconnesse dinamiche attraverso i principali teatri operativi del mondo. I fatti del giorno HEARTLAND EURASIATICO L'Heartland, che si estende dall'Europa orientale al cuore dell'Asia Centrale, è l'epicentro della frattura strategica. La guerra in Ucraina funge da catalizzatore, mentre l'influenza storica della Russia viene sfidata da nuovi attori e da una crescente autonomia dei paesi della regione.
MEDITERRANEO ALLARGATO Quest'area, che va dai Balcani al Medio Oriente e al Nord Africa, è caratterizzata da una fluidità senza precedenti. Gli attori regionali stanno colmando i vuoti lasciati dalle grandi potenze, ridefinendo alleanze e perseguendo agende geo-economiche autonome.
INDO-PACIFICO L'Indo-Pacifico è l'arena principale della competizione tra Stati Uniti e Cina. Le nazioni della regione cercano di navigare questa rivalità, bilanciando legami economici e di sicurezza per massimizzare la propria autonomia.
LE AMERICHE Anche l'emisfero occidentale è toccato dalle dinamiche della competizione globale, con la Russia che cerca di espandere la sua influenza e le nazioni latinoamericane che perseguono politiche estere sempre più autonome.
SFIDE STRATEGICHE E GEOPOLITICHE GLOBALI Alcune dinamiche trascendono i singoli teatri, definendo la natura stessa della competizione globale contemporanea.
DIMENSIONE MARITTIMA E INDUSTRIA DELLA DIFESA Il controllo dei mari e la superiorità tecnologica nel settore della difesa sono tornati a essere fattori decisivi nella competizione globale.
PROSPETTIVA PER L'ITALIA L'Italia si muove in questo scenario complesso cercando di tutelare i propri interessi nazionali attraverso una diplomazia pragmatica e la valorizzazione dei suoi asset industriali.
Conseguenze Geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono profonde e delineano l'avvento di un mondo autenticamente multipolare, o forse "apolare", caratterizzato da una competizione diffusa e da alleanze fluide. Il principale effetto del riorientamento americano è la creazione di vuoti di potere strategico in Europa e in Medio Oriente, che attori regionali si affrettano a colmare. La tradizionale architettura di sicurezza basata sulla centralità statunitense viene messa in discussione, costringendo gli alleati storici a un'agonizzante rivalutazione delle proprie capacità e del proprio ruolo. Questo processo alimenta l'ascesa di "medi potenze" assertivi come Turchia, India, Brasile, Arabia Saudita e Kazakhstan. Questi Paesi non si allineano più passivamente ai grandi blocchi, ma perseguono politiche estere "multivettoriali", bilanciando le relazioni con Stati Uniti, Cina e Russia per massimizzare la propria autonomia e i propri interessi nazionali. La strategia turca di espansione in Asia Centrale, sebbene allineata in parte con gli obiettivi NATO di contenimento russo e cinese, è primariamente guidata da un'agenda nazionale. Allo stesso modo, il Brasile cerca un difficile equilibrio tra il Sud globale e gli Stati Uniti, mentre l'India costruisce corridoi economici che la proiettano nel Mediterraneo. La competizione non è più solo militare, ma ferocemente geo-economica. La Russia non esita a usare le esportazioni agricole come arma ("politica della patata"), mentre gli Stati Uniti ricorrono a sanzioni e dazi per plasmare le catene globali del valore, come dimostrano gli accordi con il Vietnam per mitigarne l'impatto. In questo scenario, il controllo di infrastrutture critiche come porti (Tartus), corridoi commerciali (il progetto Nord-Sud tra Russia e Iran, per quanto incerto) e risorse energetiche e minerarie (il litio nei territori ucraini contesi) diventa un obiettivo geopolitico primario. La guerra stessa si estende al dominio cognitivo, con la Russia che impiega strategie di disinformazione sofisticate per minare la coesione delle democrazie occidentali, come analizzato in rapporti francesi. Conseguenze Strategiche Sul piano strategico-militare, il mondo sta vivendo una trasformazione radicale, spinta dall'imperativo di adattarsi a una nuova era di confronto tra grandi potenze. La strategia americana, sintetizzata in documenti come i rapporti della RAND Corporation e nel massiccio bilancio della difesa ("One Big Beautiful Bill"), è chiara: concentrare risorse umane, tecnologiche e finanziarie sulla sfida a lungo termine con la Cina nel Pacifico. Questo implica una rinegoziazione degli oneri della sicurezza con gli alleati europei. La pausa nelle forniture all'Ucraina non è solo una mossa tattica, ma un segnale strategico che l'Europa deve prepararsi a garantire la propria difesa in modo molto più autonomo. La risposta europea è la ricerca della cosiddetta "autonomia strategica". La Zeitenwende tedesca, con il suo massiccio aumento degli investimenti nella difesa, ne è l'emblema più significativo. La Francia, con la sua nuova politica di attribuzione pubblica delle minacce, cerca di costruire una deterrenza più robusta nel campo dell'informazione e del ciberspazio. Tuttavia, la sfida è immensa e richiede non solo maggiori spese, ma anche una maggiore integrazione industriale e decisionale. La guerra in Ucraina ha fornito lezioni strategiche cruciali che stanno venendo recepite globalmente. L'efficacia dei droni a basso costo ha rivoluzionato il campo di battaglia, influenzando le dottrine militari fino in Medio Oriente. È emersa in modo drammatico la criticità della base industriale della difesa: la capacità di produrre munizioni, pezzi di ricambio e sistemi d'arma in grandi quantità è tornata a essere un fattore decisivo. Questo spiega perché la Russia pianifica i suoi budget militari con anni di anticipo e perché Paesi come il Kazakhstan puntano a sviluppare una produzione locale. Persino Mosca non esita a rafforzare la propria proiezione strategica costruendo una fabbrica di munizioni in Venezuela, estendendo la sua influenza nell'emisfero occidentale. Infine, il fenomeno della "porta girevole" ("revolving door") negli Stati Uniti, con alti funzionari della difesa che passano rapidamente all'industria privata, evidenzia la simbiosi tra complesso militare-industriale e decisioni strategiche, un fattore che plasma le priorità di spesa e di ricerca tecnologica, come quella sull'accesso energetico per l'Intelligenza Artificiale. Conseguenze Marittime Il dominio marittimo è tornato a essere un'arena centrale per la proiezione di potenza, la sicurezza economica e la competizione strategica. Gli oceani e i mari del mondo non sono più solo vie di comunicazione, ma spazi contesi dove si decidono gli equilibri futuri. La conseguenza più evidente del pivot americano verso l'Asia è la pressione sulla Marina statunitense. Riconoscendo un relativo declino capacitivo rispetto alla flotta cinese in rapida espansione, Washington ha varato un ambizioso piano per rilanciare la propria cantieristica navale, potenziando la forza lavoro e accelerando l'innovazione tecnologica. L'obiettivo è recuperare il gap e garantire la libertà di navigazione nell'Indo-Pacifico. Nel Mediterraneo, la situazione è altrettanto dinamica. La Russia, nonostante l'impegno in Ucraina, mantiene una presenza navale strategica, come dimostrano il monitoraggio dei suoi sottomarini da parte della Royal Navy e la centralità delle sue basi in Siria. Il porto di Tartus, ora oggetto di investimenti emiratini, è un perfetto esempio di come il controllo di un'infrastruttura marittima possa alterare gli equilibri di potere regionali, offrendo alla Siria un'alternativa alla tutela russa e creando un nuovo hub commerciale che bypassa le rotte tradizionali. In questo contesto, anche le potenze medie investono massicciamente nelle loro capacità navali. La consegna da parte di Fincantieri di navi da combattimento multifunzione (PPA) all'Indonesia è un segnale potente: Giacarta intende presidiare le proprie acque e giocare un ruolo da protagonista nella sicurezza dell'Indo-Pacifico. Queste vendite non sono solo successi commerciali, ma strumenti di diplomazia navale che rafforzano le partnership strategiche. La sperimentazione francese di droni lanciati da fregate (UAV OWA) indica inoltre la direzione del futuro combattimento navale: più autonomo, distribuito e basato sull'informazione. Infine, il dominio marittimo è anche teatro di minacce asimmetriche e illegali. L'intercettazione di sottomarini narcos senza equipaggio da parte della marina colombiana e le sanzioni statunitensi contro le "flotte ombra" iraniane utilizzate per il contrabbando di petrolio dimostrano come attori statali e non statali sfruttino la vastità degli oceani per perseguire i loro scopi, rendendo il controllo marittimo una sfida sempre più complessa. Conseguenze per l'Italia Per l'Italia, nazione che per geografia e storia è una piattaforma proiettata nel Mediterraneo, queste dinamiche globali hanno implicazioni dirette e ineludibili. Il progressivo disimpegno americano dall'Europa e dal suo fianco sud impone all'Italia un ruolo di maggiore responsabilità nella gestione della sicurezza di un'area sempre più instabile, che si estende ben oltre le coste del Mare Nostrum fino a includere il Sahel, il Corno d'Africa e il Medio Oriente: il cosiddetto "Mediterraneo allargato". La stabilità di questa vasta regione è una questione di sicurezza nazionale per l'Italia, influenzando flussi migratori, sicurezza energetica e rotte commerciali. L'audizione dei ministri Crosetto e Tajani sulla NATO ha delineato proprio questa necessità: l'Italia deve rafforzare il proprio strumento militare e la propria postura diplomatica per essere un attore credibile e un fornitore di sicurezza, non solo un fruitore. In questo quadro, la politica estera italiana mostra di volersi muovere con pragmatismo, come nel caso del rafforzamento dei rapporti con la Georgia, una mossa che, sebbene in apparente contrasto con la linea critica di alcuni partner UE, risponde a precisi interessi nazionali energetici e geopolitici, cercando di mantenere aperti canali di dialogo in una regione strategica. L'industria della difesa e quella navale, in particolare, emergono come un asset strategico fondamentale per la politica estera italiana. Il successo globale di Fincantieri, con la nomina di un nuovo CEO per le cruciali attività negli USA e le commesse strategiche in Indonesia e Malesia, non rappresenta solo un volano economico. Ogni nave venduta è un pezzo di politica estera: consolida alleanze, crea interdipendenza tecnologica e operativa, e permette all'Italia di contribuire attivamente alla stabilità di quadranti lontani ma strategicamente connessi come l'Indo-Pacifico. Questa proiezione di potenza "soft" e industriale è complementare a quella militare e diplomatica, e costituisce uno degli strumenti più efficaci a disposizione del Paese per navigare le acque turbolente del nuovo ordine mondiale e tutelare i propri interessi nazionali. Conclusioni Il quadro che emerge dall'analisi degli eventi recenti è quello di una profonda e forse irreversibile transizione globale. L'era della globalizzazione guidata dall'Occidente e garantita dalla supremazia americana sta lasciando il passo a un'epoca di competizione strategica frammentata, in cui il potere è più diffuso e le alleanze più volatili. Il riorientamento degli Stati Uniti verso la sfida cinese agisce da principale motore di questo cambiamento, costringendo l'Europa a confrontarsi con la propria vulnerabilità e a perseguire una reale autonomia strategica, un percorso irto di ostacoli politici ed economici. Allo stesso tempo, potenze regionali come Turchia, India e Arabia Saudita stanno abilmente sfruttando gli spazi geopolitici per affermare le proprie agende, ridisegnando le mappe di influenza in Eurasia e Medio Oriente. La Russia, pur sotto pressione, si dimostra un attore resiliente, capace di pianificare a lungo termine e di utilizzare un vasto arsenale di strumenti, dalla forza militare alla guerra cognitiva, per raggiungere i suoi obiettivi revisionisti. In questo contesto, la stabilità globale è messa a dura prova. La competizione non si limita più al solo dominio militare, ma si estende a quello economico, tecnologico, informativo e marittimo. Le catene di approvvigionamento, le infrastrutture critiche e le risorse naturali sono diventate esse stesse un campo di battaglia. Per l'Italia e per l'Europa, l'imperativo categorico è quello di abbandonare ogni illusione di un ritorno al passato e di abbracciare un approccio pragmatico e realista. È necessario accelerare gli investimenti strategici, ma soprattutto puntare allo sviluppo di una politica estera più coesa e assertiva. Per l'Italia, questo significa assumere pienamente il proprio ruolo di potenza mediterranea, utilizzando la propria diplomazia, le proprie forze armate e le eccellenze industriali come Fincantieri quali strumenti integrati di una strategia nazionale proiettata a garantire sicurezza e prosperità in un mondo sempre più incerto e competitivo. RispondiInoltra Aggiungi reazione I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Fratture, competizione e l'imperativo strategico per l'Italia Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il quadro globale delineato dagli eventi del 2 luglio 2025 è quello di un sistema internazionale in uno stato di “policrisi”, dove molteplici shock interconnessi si alimentano a vicenda, accelerando la frammentazione dell'ordine post-Guerra Fredda. Tre assi di tensione dominano la scena: la guerra in Ucraina, giunta a un punto di svolta critico a causa della convergenza tra la massima pressione militare russa e il disimpegno logistico americano; la spirale conflittuale in Medio Oriente, con l'Iran che risponde alle pressioni occidentali minacciando le arterie vitali del commercio globale; e l'intensificarsi della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina, che si combatte su fronti economici, tecnologici e marittimi. In questo contesto di crescente instabilità e riallineamento delle potenze, emerge con forza l'urgenza per nazioni come l'Italia di elaborare una politica estera e di sicurezza più autonoma e resiliente. La presente analisi si propone di decodificare questi eventi, analizzarne le conseguenze a cascata e tracciare le implicazioni dirette per gli interessi nazionali italiani. Le principali notizie Di seguito i principali eventi del 2 luglio 2025.
Analisi degli Scenari Globali La giornata del 2 luglio 2025 dipinge un quadro di instabilità, segnata da crisi interconnesse che scuotono l’ordine globale. In Ucraina, la situazione è precipitata: la Russia ha sferrato un'offensiva aerea senza precedenti con oltre 500 droni e missili, mentre quasi simultaneamente il Pentagono, su decisione dell'amministrazione Trump, ha sospeso la fornitura di sistemi Patriot per preservare le proprie riserve. Questa mossa ha privato Kiev degli strumenti di difesa essenziali nel momento di massimo pericolo, incoraggiando Mosca. Parallelamente, il Medio Oriente è sull'orlo di un possibile conflitto. In risposta agli attacchi ai suoi siti nucleari, l'Iran ha sospeso la cooperazione con l'AIEA e ha minacciato di minare lo Stretto di Hormuz. L'escalation è aggravata dalla frattura tra la retorica di Trump e le caute analisi della sua intelligence, oltre che dal "ghosting" diplomatico di Russia e Cina, che lasciano Teheran strategicamente isolata. Questo scenario si inserisce in una competizione geoeconomica sempre più aspra. La Cina consolida il suo vantaggio attraverso il controllo delle filiere e l'innovazione tecnologica, come dimostra lo sviluppo del microdrone "zanzara". Washington risponde con l'imminente minaccia di nuovi dazi, rischiando una guerra commerciale globale. In questo scontro tra giganti, potenze medie cercano di ritagliarsi spazi di autonomia: l'Arabia Saudita lancia un'offensiva economica in Africa e un progetto logistico nel Mar Rosso, mentre Turchia e India esplorano un nuovo asse geopolitico con l'America Latina, offrendo alternative al dualismo sino-americano. Conseguenze geopolitiche Le conseguenze geopolitiche degli eventi del 2 luglio sono profonde e interconnesse, delineando un mondo in rapida frammentazione. La decisione americana di sospendere la fornitura di missili Patriot all’Ucraina non è un mero dettaglio logistico, ma un segnale di disimpegno strategico che incrina le fondamenta della NATO. Mette in discussione la credibilità della garanzia di sicurezza di Washington, spingendo gli alleati europei a confrontarsi con la propria vulnerabilità e a un riarmo non più procrastinabile. Questa debolezza esterna dell'Occidente è amplificata da crisi interne: la mozione di sfiducia contro Ursula von der Leyen paralizza l'azione dell'UE, mentre la frattura tra Trump e la sua intelligence sull'effettiva efficacia degli attacchi in Iran mina la coerenza della politica estera americana. In questo vuoto, gli attori revisionisti agiscono con crescente audacia. La duplice mossa dell'Iran – bloccare le ispezioni dell'AIEA e minacciare lo Stretto di Hormuz – non solo aumenta il rischio di un conflitto regionale, ma rivela anche la natura transazionale delle nuove alleanze. L'assenza di un forte sostegno pubblico da parte di Russia e Cina suggerisce che il loro appoggio a Teheran è condizionato ai propri interessi e non si estende a un confronto militare diretto con gli Stati Uniti. Mosca, infatti, persegue una sua agenda, come dimostra il successo della rotta artica, un corridoio strategico che le permette di aggirare le sanzioni e rafforzare la propria resilienza economica. Questo scenario favorisce l'ascesa di potenze medie che cercano di massimizzare la propria autonomia. L'offensiva diplomatica ed economica dell'Arabia Saudita in Africa e il suo nuovo corridoio logistico nel Mar Rosso sono tentativi di affermarsi come egemone regionale, in competizione con la Turchia. Quest'ultima, a sua volta, espande la sua influenza industriale-militare acquisendo Piaggio Aerospace e armando la flotta indonesiana. L'emergere di nuovi assi, come il triangolo Turchia-India-America Latina o il possibile ingresso dell'Azerbaigian negli Accordi di Abramo, conferma la transizione verso un ordine multipolare più fluido, dove le alleanze si formano su basi pragmatiche e non più ideologiche, sullo sfondo di un’instabilità cronica in aree come il Sahel, la Siria o Haiti. Conseguenze strategiche Da un punto di vista strategico, gli eventi del 2 luglio segnano un punto di non ritorno. Per l'Ucraina, la combinazione dell'attacco russo e del taglio degli aiuti americani è una catastrofe strategica che potrebbe portare al collasso del fronte e a una pace imposta alle condizioni di Mosca. Per la Russia, è una vittoria che convalida la sua strategia di logoramento e la scommessa sulla stanchezza dell'Occidente. La convergenza tecnologica tra Mosca e Teheran nell'impiego dei droni crea un'alleanza tattica che mette in difficoltà le forze convenzionali e dimostra come attori sanzionati possano collaborare per sviluppare capacità militari asimmetriche efficaci. La rivelazione del microdrone "zanzara" da parte della Cina segnala un'accelerazione nella corsa alla guerra del futuro, basata su sorveglianza pervasiva, intelligenza artificiale e sistemi d'arma a basso costo e difficilmente rilevabili. Questo sfida il paradigma militare occidentale, fondato su piattaforme costose e complesse. La vulnerabilità delle infrastrutture critiche americane, come evidenziato dall'analisi di War on the Rocks sui trasformatori elettrici, mostra come la sicurezza nazionale non dipenda solo dalla forza militare, ma anche dalla resilienza delle proprie reti energetiche e industriali. Il piano della Marina USA di acquisire 19 nuove navi è una risposta diretta alla sfida cinese, ma la sua efficacia dipenderà dalla capacità di colmare il divario quantitativo e tecnologico nel lungo periodo, un obiettivo reso più complesso dalle tensioni sul bilancio e dalle priorità interne. Conseguenze marittime Il dominio marittimo è emerso come uno dei teatri centrali della competizione globale. La minaccia iraniana di minare lo Stretto di Hormuz è una classica strategia di interdizione marittima che mira a colpire il punto più vulnerabile dell'economia globale: il flusso di idrocarburi. Questo trasforma il Golfo Persico in un potenziale campo di battaglia navale con ripercussioni immediate sui prezzi dell'energia e sulle catene di approvvigionamento. Nel Nord Europa, il Mar Baltico è diventato un fronte di guerra economica. La mossa della Germania di imporre controlli assicurativi alla "flotta ombra" russa utilizza strumenti legali e commerciali per strangolare le esportazioni di Mosca, dimostrando come la marittimità sia anche un dominio di confronto normativo. A nord, la traversata record di un gas carrier russo attraverso l'Oceano Artico consacra la Northern Sea Route come una nuova e vitale arteria strategica. Questa rotta permette alla Russia di bypassare i colli di bottiglia controllati dall'Occidente, come Suez, e di integrare la propria economia con i mercati asiatici, riducendo l'efficacia delle sanzioni. Nell'Indo-Pacifico, l'espansione cinese nel controllo dei porti globali, analizzata dal National Interest, è una strategia a lungo termine per garantire la sicurezza delle proprie linee di comunicazione marittima (SLOCs) e proiettare influenza militare e commerciale a livello planetario. Infine, nel Mar Rosso, il nuovo corridoio logistico saudita è un tentativo di consolidare il controllo su un'altra arteria vitale, che collega il Mediterraneo all'Oceano Indiano, posizionando il Regno come un hub indispensabile nel commercio mondiale. Analisi per Teatro Operativo
Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, le conseguenze di questo scenario globale sono dirette e multiformi. La nostra nazione si trova al centro del "Mediterraneo Allargato", un'area di massima turbolenza. L'instabilità in Nordafrica, la crisi siriana e le tensioni nel Mediterraneo orientale impattano direttamente sulla nostra sicurezza nazionale, alimentando flussi migratori incontrollati, minacce terroristiche e insicurezza energetica. La minaccia iraniana a Hormuz, in particolare, mette a rischio la stabilità dei prezzi energetici, da cui la nostra economia è fortemente dipendente. A livello industriale, gli eventi del 2 luglio presentano sia rischi che opportunità. L'imminente guerra dei dazi minacciata da Trump colpirebbe duramente il nostro sistema produttivo, orientato all'export. L'acquisizione di Piaggio Aerospace da parte della turca Baykar, se da un lato salva un'azienda storica, dall'altro pone un asset strategico nel campo dei droni sotto il controllo di un partner NATO sempre più assertivo e imprevedibile. Questa operazione, insieme alla fornitura di sistemi turchi alle fregate indonesiane, conferma l'ascesa della Turchia come competitore diretto dell'industria della difesa italiana. Al contrario, l'iniziativa di Fincantieri in Corea del Sud è un esempio virtuoso di proiezione strategica. Posiziona l'Italia all'avanguardia dell'innovazione tecnologica e della cantieristica dual-use, aprendo mercati cruciali e rafforzando la nostra competitività in un settore ad altissimo valore aggiunto. Sul piano delle alleanze, il vacillare della garanzia di sicurezza americana e la crisi istituzionale dell'UE ci impongono di accelerare il percorso verso una maggiore autonomia strategica europea e nazionale, investendo in modo più deciso nella difesa e nell'intelligence. Conclusioni In conclusione, l'istantanea del 2 luglio 2025 rivela un sistema internazionale in uno stato di "fibrillazione geopolitica". Le apparenti certezze stanno venendo meno sotto il peso di conflitti regionali incandescenti, la competizione tra grandi potenze senza esclusione di colpi e la frammentazione delle alleanze tradizionali. L'ordine liberale è in sofferenza non solo a causa di attori revisionisti, ma anche a causa delle contraddizioni interne e del ripiegamento strategico del suo principale garante, gli Stati Uniti. Per una nazione come l'Italia, la cui prosperità e sicurezza sono intrinsecamente legate alla stabilità del commercio globale e del suo vicinato strategico, questa fase di transizione è carica di pericoli. Di fronte a questo scenario, l'inazione non è un'opzione. È imperativo adottare una postura strategica proattiva, fondata su lucidità e pragmatismo. In primo luogo, l'Italia deve perseguire con determinazione una maggiore autonomia strategica, sia a livello nazionale che europeo. Questo significa investire seriamente nella modernizzazione delle Forze Armate, nel potenziamento dell'intelligence e nella protezione delle infrastrutture critiche. In secondo luogo, è fondamentale una diversificazione strategica delle partnership economiche e delle fonti di approvvigionamento energetico per mitigare la vulnerabilità a shock esterni come guerre commerciali o blocchi navali. Terzo, occorre una diplomazia agile e multidirezionale, capace di dialogare con tutti gli attori del Mediterraneo Allargato e di inserirsi nei nuovi assi di cooperazione per difendere gli interessi nazionali. Infine, è cruciale proteggere e promuovere la sovranità tecnologica e industriale, sostenendo campioni nazionali come Fincantieri e vigilando attentamente sulle acquisizioni estere di asset strategici. Navigare le acque turbolente del XXI secolo richiederà coraggio, visione e la consapevolezza che la sicurezza e il benessere futuri dell'Italia dipenderanno dalla capacità di agire, e non solo di reagire. I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Pressione strategica e svolta industriale Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il panorama internazionale sta attraversando una trasformazione radicale e irreversibile, che segna la fine definitiva dell'era post-Guerra Fredda e l'avvento di una nuova fase di intensa competizione strategica globale. Questo nuovo paradigma è definito da una duplice e complessa dinamica: da un lato, l'emergere di una "nuova cortina di ferro" – una frattura non solo geopolitica ma anche tecnologica, industriale e valoriale – e dall'altro, una profonda frammentazione dell'ordine mondiale. La stabilità, un tempo sostenuta da chiari assetti di potere, lascia il posto a un'instabilità pervasiva in cui le sfere d'influenza tradizionali si erodono e le crisi regionali diventano cartine di tornasole delle rivalità globali. In questo scenario, il dominio marittimo torna a essere un teatro cruciale di confronto, dove la pressione sulle forze navali occidentali, la sicurezza delle rotte commerciali e la proiezione di potenza diventano decisive. La competizione si estende a ogni dominio, intrecciando le tensioni politiche interne con le rivalità esterne e riaffermando il legame tra capacità industriale e potere strategico. Il presente saggio si propone di decifrare questo complesso mosaico, esplorando le profonde conseguenze di questo riassetto e delineando le implicazioni e le opportunità specifiche per l'Italia, chiamata a navigare in un mondo che richiede pragmatismo e una rinnovata visione strategica. I fatti del 1 luglio 2025 L'attuale scenario globale è definito da una profonda trasformazione, innescata da una crescente pressione geopolitica che costringe le potenze mondiali a un complesso esercizio di riadattamento strategico, industriale e tecnologico. Al centro di questa dinamica si trova la Marina degli Stati Uniti, simbolo di un ordine mondiale in affanno. Impegnata in una condizione di palese sovraestensione (overstretch), la flotta americana è costretta a gestire simultaneamente crisi ad alta intensità in teatri distanti: da un lato, la logorante missione nel Mar Rosso contro gli attacchi Houthi per proteggere il commercio globale; dall'altro, il contenimento della pressione cinese su Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale. Questa doppia sfida, affrontata con una flotta di circa 295 navi, ben al di sotto dell'obiettivo di 355, mette a nudo limiti strutturali che si traducono in manutenzioni ritardate, equipaggi sfiniti e un calo della prontezza operativa complessiva. Questa pressione si ripercuote sull'intero sistema occidentale, innescando una spirale di riarmo e una profonda riorganizzazione industriale, ponendo fine all'era dei "dividendi della pace". In risposta alle proprie carenze, il Pentagono ha avviato un piano senza precedenti per rafforzare la cantieristica nazionale. Parallelamente, in Europa, l'aumento generalizzato delle spese militari spinge a una svolta epocale: Fincantieri, leader europeo del settore, sta riorientando strategicamente la propria produzione dalle navi da crociera a quelle militari, con l'obiettivo di portare la difesa al 30% dei ricavi entro il 2027. Questo riarmo è accompagnato da un'intensa innovazione, come l'integrazione di droni sulle fregate francesi e il supporto avanzato per le FREMM italiane. Parallelamente a questa riconfigurazione militare, si assiste a un rimescolamento degli equilibri geopolitici. L'impegno americano su più fronti crea vuoti di potere e costringe a scelte complesse. Emerge l'opportunità strategica di un riconoscimento del Somaliland, che garantirebbe a Washington una preziosa base nel Corno d'Africa, in contrasto con il fallimento della politica in Myanmar, dove l'influenza di Cina e Russia è cresciuta. Al contempo, l'influenza russa è in visibile erosione, accelerata dalla guerra in Ucraina. La crisi diplomatica con l'Azerbaijan ne è un chiaro esempio, mentre nuovi attori come il Kazakistan si propongono come mediatori credibili, promuovendo rotte commerciali alternative come il "Middle Corridor". Le crisi interne, come le proteste in Serbia, diventano teatri di confronto tra Occidente e Russia. La competizione, tuttavia, non è solo militare, ma si estende ferocemente all'arena tecnologica ed economica. È in corso un "grande gioco sulla tavola periodica" per il controllo dei minerali critici, essenziali per la transizione digitale e verde. La leadership nell'Intelligenza Artificiale è vista dagli USA come un imperativo di sicurezza nazionale, promuovendo un modello open source in antitesi a quello statalista cinese. In questo contesto, emerge una simbiosi cruciale tra IA ed energia nucleare, necessaria per alimentare i data center del futuro. Questa corsa al riarmo e all'innovazione poggia però su un'economia fragile. Un'analisi della BCE rivela che un terzo delle imprese europee prevede un calo degli investimenti, frenato da inflazione e incertezza. Il mondo si trova così in una spirale di tensione, dove la necessità di mantenere la supremazia militare e tecnologica si scontra con una crescente fragilità economica e sociale, disegnando un futuro incerto e altamente competitivo. Analisi per Teatro Operativo
Conseguenze geopolitiche Gli eventi geopolitici recenti non sono episodi isolati, ma i sintomi di un profondo riassetto globale che segna la fine dell'ordine post-Guerra Fredda. La conseguenza principale è l'emergere di un mondo più complesso e conflittuale, definito da una duplice dinamica: la solidificazione di una "nuova cortina di ferro" e una simultanea frammentazione del potere. Da un lato, si sta delineando una divisione sistemica tra l'Occidente e un blocco sino-russo. Questa frattura non è fisica, ma si estende a ogni dominio: dalle catene di approvvigionamento (decoupling) agli standard tecnologici (5G, IA), fino alle narrazioni ideologiche. Il riarmo generalizzato in Europa e negli Stati Uniti è la manifestazione militare di questa competizione a lungo termine, che spinge l'Occidente a rafforzare le proprie alleanze tradizionali come la NATO. In questo contesto, l'Europa, di fronte a un alleato americano sovraesteso e focalizzato sulla Cina, persegue una maggiore "autonomia strategica", come dimostra la spinta industriale verso la difesa per diventare un attore geopolitico credibile. Tuttavia, questo scontro tra grandi potenze non crea un mondo rigidamente bipolare. Al contrario, accelera la frammentazione dell'ordine internazionale. L'erosione dell'influenza di Washington e Mosca, visibile nella sfida all'unipolarismo marittimo statunitense e nell'incapacità russa di controllare il suo "estero vicino" (come nel Caucaso), crea vuoti di potere. Questi spazi vengono sfruttati da potenze medie e "stati cardine", come la l’Arabia Saudita, la Turchia o il Kazakistan, che adottano politiche estere pragmatiche per massimizzare la propria autonomia, dialogando con tutti gli attori. La competizione si combatte su nuovi fronti. La lotta per le risorse critiche (litio, cobalto) e il controllo di snodi strategici marittimi (chokepoints come Bab-el-Mandeb) diventano questioni di sicurezza nazionale. Attori regionali e non-statali possono ora usare tecnologie a basso costo per minacciare le catene globali e sfidare le grandi potenze. Inoltre, la "guerra ibrida" trasforma le crisi interne di nazioni contese, come la Serbia, in campi di battaglia geopolitici, dove la disinformazione e l'ingerenza esterna diventano armi. In questo mosaico instabile, la geopolitica è fluida, le alleanze sono transazionali e la stabilità globale è costantemente messa in discussione. Conseguenze strategiche Il panorama strategico globale sta subendo una trasformazione epocale, segnata dalla fine della globalizzazione basata sull'efficienza e dall'ascesa di un nuovo paradigma incentrato su sicurezza nazionale, resilienza e competizione tecnologica. Questo cambiamento non è superficiale, ma impone una profonda ricalibrazione delle dottrine economiche, diplomatiche e militari, costringendo gli attori internazionali a fare i conti con la crisi dei modelli tradizionali. La prima e più evidente conseguenza è il primato della sicurezza. Le decisioni strategiche, dalla politica industriale alla scelta del mix energetico, sono ora dettate dalla necessità di ridurre le vulnerabilità critiche. La rinascita delle politiche industriali in Occidente, la ricerca della simbiosi tra digitale e nucleare e l'investimento massiccio nel cyber-spazio non sono scelte tattiche, ma pilastri di una nuova strategia volta a garantire la sovranità tecnologica e la protezione delle infrastrutture. La globalizzazione diventa selettiva, con catene del valore riorganizzate secondo logiche geopolitiche. Questa nuova realtà impone un secondo cambiamento: l'abbandono di approcci massimalisti a favore di un nuovo pragmatismo. Le dottrine tradizionali si dimostrano inefficaci di fronte a sfide complesse o l'instabilità in regioni periferiche. Emerge la necessità di obiettivi più realistici, come la gestione del rischio e il controllo degli armamenti, e di valorizzare partner affidabili ma non convenzionali, come il Somaliland, capaci di offrire vantaggi strategici a basso costo. In questo contesto, anche il mantenimento di assetti geografici insostituibili, come la base di Diego Garcia, riacquista una centralità strategica intramontabile. Infine, questo paradigma costringe a una dolorosa ricalibrazione delle dottrine militari. La U.S. Navy, logorata dal divario tra ambizioni globali e risorse limitate, è costretta a fare scelte difficili, come sospendere programmi ipersonici. Allo stesso tempo, riforme come la Force Design 2030 dei Marines segnano un adattamento strategico cruciale, abbandonando le logiche post-11 settembre per prepararsi a un combattimento distribuito e litoraneo nell'Indo-Pacifico. In Europa, l'adozione di sistemi senza pilota risponde alla stessa esigenza: aumentare la massa e la persistenza a costi sostenibili, accettando che la supremazia militare non è più incontrastata, ma va riconquistata in un ambiente operativo sempre più conteso. Conseguenze marittime L'era della libertà di navigazione, garantita da un'unica superpotenza, è terminata. Il dominio marittimo globale è entrato in una nuova fase di competizione diretta, dove la sicurezza non è più un dato acquisito ma un equilibrio precario da difendere attivamente. Questa trasformazione si manifesta attraverso tre sfide interconnesse: un crescente logoramento materiale delle flotte, una rinnovata contesa per il controllo geografico e una rapida evoluzione tecnologica che sta riscrivendo le regole del potere navale. Innanzitutto, la sfida materiale è evidente. Il prolungato dispiegamento di assetti come la portaerei Eisenhower nel Mar Rosso dimostra il logoramento fisico a cui sono sottoposte le marine occidentali. Un numero insufficiente di navi, costrette a operare oltre i limiti, accelera l'usura e riduce la prontezza operativa. Questa pressione sta spingendo l'Europa a una decisa svolta industriale: l'attivismo di cantieri come Fincantieri non è casuale, ma la risposta necessaria per ricostruire una capacità numerica e qualitativa, con nuove fregate e cacciatorpediniere progettate per ambienti ad alta minaccia. Parallelamente, la competizione geografica si è intensificata. Il controllo dei punti di passaggio obbligati (chokepoints) è tornato centrale. Strategie come il potenziale riconoscimento del Somaliland o il dibattito su Diego Garcia sono intrinsecamente marittime, mirate a presidiare arterie vitali come Bab-el-Mandeb e le rotte dell'Oceano Indiano. Allo stesso tempo, si sviluppano strategie inverse: corridoi terrestri come il "Middle Corridor" cercano di aggirare il potere marittimo, riducendo la vulnerabilità legata agli stretti. Accordi commerciali come quello UE-Mercosur, inoltre, creano nuove rotte strategiche, accendendo i riflettori su aree prima considerate secondarie, come l'Atlantico meridionale. Infine, questa contesa è sempre più tecnologica. La diffusione di droni a lunga autonomia, come quelli della partnership Piaggio-Baykar, offre a un numero crescente di nazioni la capacità di sorvegliare e controllare efficacemente i propri spazi marittimi, alterando gli equilibri di potere regionali. Guardando oltre, la simbiosi tra digitale e nucleare potrebbe rivoluzionare la propulsione navale. Reattori di nuova generazione, piccoli e sicuri, potrebbero garantire un'autonomia quasi illimitata a una vasta gamma di navi, svincolandole dalla dipendenza logistica e ridefinendo il concetto stesso di presenza strategica sui mari. Conseguenze per l’Italia L'Italia si trova a un bivio strategico, costretta da un contesto globale in rapida trasformazione a scegliere tra il declino marginale e un deciso rilancio del proprio ruolo internazionale. La strada per riaffermare la propria influenza non è unica, ma si snoda attraverso un'integrazione coerente di politica industriale, scelte energetiche e una diplomazia proattiva. La competitività futura del sistema-paese dipende dalla capacità di trasformare le proprie eccellenze industriali in leve di potere geopolitico. La base di questo rilancio è interna. Accordi come la partnership tra Piaggio Aerospace e la turca Baykar o la ratifica del trattato UE-Mercosur non sono semplici opportunità economiche, ma test della visione strategica nazionale. Essi rappresentano la capacità di stringere alleanze pragmatiche con potenze emergenti e di aprirsi a mercati globali per settori chiave come la meccanica e l'agroalimentare. Parallelamente, l'Italia deve affrontare le proprie vulnerabilità strutturali. La dipendenza energetica e la scarsità di materie prime critiche impongono una diversificazione delle fonti, come il litio sudamericano o le risorse centro-asiatiche, e una riflessione ineludibile sulla simbiosi tra digitale e nucleare di nuova generazione, essenziale per alimentare un'economia ad alta intensità tecnologica. Questa rinnovata forza industriale e tecnologica diventa strumento di politica estera nel "Mediterraneo Allargato". La svolta militare di Fincantieri, che posiziona l'azienda come hub navale europeo, conferisce all'Italia un "hard power" cruciale. In un'epoca in cui gli Stati Uniti si concentrano sull'Indo-Pacifico, la capacità di garantire la sicurezza marittima, dalla Libia al Mar Rosso con missioni come Aspides, diventa un pilastro della stabilità regionale e della protezione degli interessi economici nazionali, messi a rischio dalle crisi logistiche. Infine, questa proiezione deve estendersi oltre il bacino mediterraneo. L'Italia ha l'opportunità di agire da protagonista per stabilizzare aree di interesse storico come il Corno d'Africa e i Balcani, contrastando influenze destabilizzanti e gestendo fenomeni come migrazioni e terrorismo. Sostenere corridoi logistici strategici come il "Middle Corridor", che vede in porti come Trieste il suo terminale naturale, consolida il ruolo italiano di ponte tra Asia ed Europa. In sintesi, il futuro dell'Italia si gioca sulla capacità di saldare la propria base industriale a una politica estera ambiziosa, trasformando le sfide globali in occasioni per diventare un attore pivotale e indispensabile. Conclusioni Il mondo è irrevocabilmente entrato in una nuova era, definita non più dalla globalizzazione efficiente ma da una frammentazione competitiva. La geopolitica, la rivalità tecnologica e la sicurezza nazionale hanno ripreso il primato, rendendo l'instabilità una caratteristica strutturale del sistema internazionale. In questo contesto, l'inazione rappresenta la strategia più rischiosa. La prosperità futura dipenderà dalla capacità di adattarsi, stringere alleanze pragmatiche e investire con lucidità nei settori che garantiscono resilienza e vantaggio strategico. Per l'Italia, questa transizione rappresenta una sfida epocale ma anche un'opportunità unica per superare le storiche esitazioni e abbracciare un ruolo da protagonista. Per navigare questo scenario, è cruciale monitorare e agire su tre tematiche interconnesse. La prima è la sicurezza industriale e delle risorse. La lotta per il controllo delle tecnologie emergenti e delle materie prime critiche impone una politica industriale coraggiosa, che sostenga campioni nazionali come Fincantieri e crei filiere integrate, e una visione a lungo termine sulla sicurezza energetica che non escluda a priori opzioni come il nucleare di nuova generazione. La seconda tematica è la competizione marittima e logistica. La sicurezza dei mari non è più garantita; è un equilibrio instabile. Per una nazione-ponte come l'Italia, la tutela delle rotte commerciali nel Mediterraneo Allargato (attraverso una Marina Militare moderna e missioni come Aspides) e lo sviluppo di corridoi alternativi come il "Middle Corridor" non sono opzioni, ma necessità vitali per difendere l'economia nazionale e proiettare influenza. Infine, la terza area di attenzione è la ridefinizione degli equilibri nel vicinato strategico. L'erosione dell'influenza di potenze tradizionali crea vuoti di potere, dai Balcani al Corno d'Africa, che l'Italia ha l'interesse e la capacità di colmare. Ciò richiede una diplomazia proattiva e multidirezionale, capace di costruire partnership basate su interessi concreti, promuovendo stabilità e agendo da ponte tra Europa, Africa e Asia Centrale. In conclusione, la sfida per l'Italia è saldare questi tre livelli in una strategia coerente. La forza industriale e tecnologica deve diventare la base di un'autonomia strategica credibile; questa, a sua volta, deve alimentare una politica estera assertiva e pragmatica. Il futuro del Paese non si gioca più solo sulla sua capacità produttiva, ma sul legame inscindibile tra industria, sicurezza e diplomazia, e sulla volontà politica di fare scelte chiare per prosperare nel nuovo disordine globale. I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Navigare una nuova era di competizione Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il mondo contemporaneo si trova in una fase di profonda e turbolenta trasformazione, segnando la fine definitiva dell'ordine unipolare post-Guerra Fredda e l'inizio di un'era caratterizzata da un'intensa competizione tra grandi potenze, una crescente frammentazione geopolitica e l'emergere di minacce ibride sempre più sofisticate. L'illusione di un "dividendo della pace" si è dissolta, sostituita dalla cruda realtà di un confronto strategico che non si limita più ai soli domini militari tradizionali, ma si estende all'economia, alla tecnologia, all'informazione e alle catene di approvvigionamento. Le dinamiche interne di potenze come gli Stati Uniti, segnate da profonde polarizzazioni, si intrecciano con il riposizionamento assertivo di attori come Cina e Russia, mentre potenze medie emergenti come India, Turchia e Arabia Saudita ridefiniscono gli equilibri regionali e globali, perseguendo agende autonome e complesse. La presente analisi, che trae spunto da una raccolta di recenti rapporti e approfondimenti, si propone di delineare i contorni di questo nuovo disordine globale, esaminandone i fatti salienti, le conseguenze geopolitiche, strategiche e marittime, con un'attenzione particolare alle implicazioni per l'Italia, un attore inevitabilmente coinvolto in queste dinamiche epocali. I fatti I fatti che delineano l'attuale scenario globale parlano il linguaggio di una rottura strategica. Gli Stati Uniti, sotto la spinta di una percezione di minaccia esistenziale, stanno attuando una drastica ricalibrazione del loro apparato di difesa, distogliendo l'attenzione dal controterrorismo per concentrarsi sulla competizione a lungo termine con la Cina. Questa svolta si manifesta in decisioni concrete, come la cancellazione di programmi d'arma giudicati vulnerabili, come l'aereo da sorveglianza E-7, per dirottare investimenti colossali verso capacità basate sullo spazio e sull'intelligenza artificiale. Parallelamente, sul fianco orientale dell'Europa, la guerra in Ucraina si è trasformata in un brutale conflitto di attrito. L'offensiva russa su snodi logistici cruciali come Pokrovsk, condotta con una dottrina da "rullo compressore" che fa uso massiccio di artiglieria e bombe plananti, evidenzia la determinazione di Mosca a logorare la resistenza di Kiev. La Russia, a sua volta, dimostra una notevole capacità di adattamento, accelerando lo sviluppo di sistemi anti-drone e impiegando una "flotta ombra" per aggirare le sanzioni e proteggere le sue esportazioni energetiche, sfidando apertamente l'ordine marittimo. La Cina, dal canto suo, persegue i suoi obiettivi strategici con metodica determinazione: blinda il suo quasi-monopolio sulle terre rare, essenziali per ogni tecnologia avanzata, ritirando i passaporti ai suoi massimi esperti per prevenire la fuga di know-how; penetra economicamente in aree strategiche come i porti del Sud America e sviluppa capacità militari asimmetriche, come l'inquietante ekranoplano, un veicolo ibrido pensato per sorprendere le difese avversarie. In questo quadro, le crisi regionali si infiammano: l'accordo "minerario" tra Congo e Ruanda, mediato dagli USA per garantirsi l'accesso a minerali critici, appare come una fragile tregua basata su interessi economici esterni, incapace di sanare le profonde radici del conflitto. In Medio Oriente, la tensione tra Iran e Israele si manifesta attraverso una guerra per procura e attacchi mirati, come l'operazione statunitense "Midnight Hammer", che, pur evitando un conflitto aperto immediato, lascia la regione in un equilibrio del terrore estremamente precario. Infine, la catastrofe umanitaria di Gaza, descritta con il termine "Gazastan", simboleggia il fallimento della diplomazia e la creazione di un "buco nero" geopolitico permanente. Analisi per Teatro Operativo Mediterraneo Allargato. Questo teatro è un mosaico di crisi interconnesse. La guerra in Ucraina si combatte anche nel Mar Nero, dove la Turchia gioca un ruolo di mediatore cruciale. Nel Mediterraneo centrale, l'instabilità della Libia minaccia la sicurezza marittima ed energetica dell'Europa. In Nord Africa, la diplomazia economica saudita in Tunisia segnala l'ascesa di nuovi attori. Nel Vicino Oriente, la crisi di Gaza persiste senza soluzione, mentre la minaccia iraniana rimane latente. Nel Caucaso, l'influenza russa si erode, come dimostrano le tensioni con l'Azerbaigian. Heartland euro-asiatico. La Russia è focalizzata sulla sua strategia di logoramento in Ucraina, adattando la sua tecnologia militare (sistemi anti-UAV) e consolidando alleanze con stati come la Corea del Nord per sostenere il suo sforzo bellico. La Cina, nel frattempo, persegue una grande strategia a lungo termine che integra lo sviluppo di capacità militari asimmetriche (ekranoplano), il controllo delle catene di approvvigionamento tecnologico (terre rare) e l'attrazione del capitale umano globale per garantirsi la supremazia scientifica. Teatro operativo Boreale-Artico. La regione è in piena trasformazione strategica. L'adesione della Finlandia alla NATO ha raddoppiato il confine diretto dell'Alleanza con la Russia e ha portato un attore militarmente capace e con profonda conoscenza del terreno. La crescente competizione geopolitica tra NATO, Russia e Cina per le rotte marittime e le risorse sta spingendo il Regno di Danimarca a rafforzare il coordinamento sulla sicurezza con Groenlandia e Isole Fær Øer, per garantire la difesa del cruciale varco GIUK. Teatro operativo Australe-Antartico. Sebbene meno centrale nelle notizie odierne, questo teatro è il terreno della competizione per le risorse. L'accordo mediato dagli Stati Uniti tra RD Congo e Ruanda è un chiaro tentativo di assicurarsi l'accesso ai minerali critici africani per contrastare la Cina. Nel Pacifico meridionale, la crisi climatica diventa un fattore geopolitico tangibile, con i cittadini di Tuvalu che cercano rifugio in Australia, evidenziando la vulnerabilità dei piccoli stati insulari e creando nuove dinamiche migratorie e di sicurezza. Indopacifico. Questo è il teatro principale della competizione USA-Cina. Washington sta riorientando la sua intera postura di difesa verso questa regione, privilegiando capacità spaziali e di proiezione a lungo raggio. Contemporaneamente, le sue alleanze tradizionali sono sotto pressione a causa delle richieste di Trump sulla spesa militare a Giappone e Corea del Sud. La Cina continua a esercitare la sua influenza, mentre crisi sociali e politiche interne in paesi come Giappone, Thailandia e la fine della democrazia a Hong Kong contribuiscono a un quadro di crescente instabilità regionale. Conseguenze Geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono epocali e ridisegnano la mappa del potere globale. L'era dell'egemonia americana indiscussa è tramontata, sostituita da una complessa dinamica multipolare. Il G7, pur mostrando un fronte compatto su questioni interne al blocco occidentale, fatica a proiettare un'influenza decisiva su un mondo in cui potenze come l'India perseguono un assertivo "multi-allineamento", collaborando con Washington per contenere Pechino ma mantenendo saldi legami con Mosca. Questa frammentazione erode le vecchie alleanze. Le richieste perentorie dell'amministrazione Trump a partner storici come Giappone, Corea del Sud e membri della NATO di aumentare drasticamente la spesa per la difesa, trattando la sicurezza collettiva come un contratto transazionale, minano la fiducia e la coesione. In questo vuoto, emergono nuove configurazioni. L'asse di convenienza tra Russia e Corea del Nord, con Pyongyang che fornisce munizioni a Mosca in cambio di tecnologia e valuta, è sintomo di un raggruppamento di stati paria che sfidano l'ordine liberale. Potenze regionali come la Turchia di Erdoğan capitalizzano su questa fluidità, adottando una "diplomazia su misura" che le permette di agire da mediatore indispensabile, massimizzando la propria autonomia strategica senza essere né un alleato pienamente allineato né un avversario dichiarato. Similmente, l'Arabia Saudita utilizza la sua potenza finanziaria per estendere la propria influenza, come dimostrano gli investimenti in Tunisia, con l'obiettivo di costruirsi una sfera di stabilità e contrastare rivali regionali. Nel Sahel, l'influenza russa si consolida sfruttando il sentimento anti-occidentale, stabilendo una presenza duratura nel cuore dell'Africa e garantendosi l'accesso a risorse strategiche. Questo nuovo scenario globale non è più un gioco a somma zero tra due blocchi, ma una scacchiera multidimensionale dove ogni attore cerca di ritagliarsi il proprio spazio, rendendo la diplomazia e la previsione strategica più difficili che mai. Conseguenze Strategiche Dal punto di vista strategico, il mondo sta assistendo a un profondo cambiamento nella natura stessa del conflitto. Il concetto di "guerra ibrida" è diventato la norma, con l'offuscamento del confine tra pace e guerra. La competizione strategica si combatte non solo sul campo di battaglia, ma anche nei domini economico, tecnologico e informativo. La Cina, blindando le sue terre rare, e gli Stati Uniti, mediando una "pace mineraria" in Congo, dimostrano che il controllo delle catene di approvvigionamento di minerali critici è diventato un'arma strategica. Il settore finanziario non è più un ambito civile, ma un fronte di guerra dove spionaggio informatico e attacchi destabilizzanti mirano a minare la capacità economica del nemico. La crisi dei fentanyl negli Stati Uniti diventa essa stessa un terreno di scontro geopolitico con la Cina. La lezione che emerge dal conflitto ucraino è duplice: da un lato, il ritorno della guerra di attrito industriale, dove la massa e la capacità produttiva contano tanto quanto la tecnologia; dall'altro, la rivoluzione portata da nuove tecnologie. L'intelligenza artificiale è diventata il terreno primario della competizione tra USA e Cina, destinata a trasformare ogni aspetto della difesa, dai sistemi d'arma autonomi all'analisi dell'intelligence. Lo spazio è un nuovo dominio conteso, dove mega-costellazioni satellitari come Starlink assumono un'influenza geopolitica senza precedenti. In risposta a queste sfide, si assiste a una frenetica corsa alla modernizzazione. L'Europa progetta un "corridoio militare" per migliorare la mobilità delle truppe verso est, riconoscendo una grave vulnerabilità. Gli Stati Uniti, allarmati dal ritmo produttivo cinese, investono miliardi non per acquistare nuove navi, ma per accelerare la capacità produttiva della loro base industriale. Tuttavia, questa corsa nasconde profonde contraddizioni: uno studio rivela che una parte significativa dei subappaltatori della difesa americana è di proprietà cinese, un'enorme vulnerabilità che mina la postura strategica di Washington. La lezione di Robert McNamara in Vietnam, che mise in guardia contro un'eccessiva fiducia nei dati a scapito della comprensione umana della guerra, risuona come un monito per i leader di oggi, tentati di affidarsi ciecamente alla tecnologia in un'arena che rimane fondamentalmente caotica e imprevedibile. Conseguenze Marittime Le conseguenze marittime di questo nuovo disordine sono particolarmente acute, poiché il 90% del commercio mondiale viaggia via mare e le rotte navali sono le arterie vitali dell'economia globale. La crisi nel Mar Rosso, innescata dagli attacchi degli Houthi, ha avuto un impatto a cascata. Costringendo le navi a circumnavigare l'Africa, ha aumentato i costi, allungato i tempi di consegna e causato un'impennata delle perdite di container a causa delle avverse condizioni meteorologiche, dimostrando la fragilità sistemica delle catene di approvvigionamento. Questo scenario è un esempio lampante di come attori regionali possano proiettare un'influenza strategica globale. La Russia, da parte sua, utilizza la sua marina militare per scortare attivamente la sua "flotta ombra" di petroliere e metaniere nel Canale della Manica e in altre rotte chiave, un chiaro atto di guerra ibrida che sfida le sanzioni occidentali e testa la reattività della NATO. La competizione strategica si estende a tutti gli oceani. La penetrazione cinese nei porti del Sud America è vista da Washington non solo come un'iniziativa commerciale, ma come il potenziale precursore di una futura presenza navale cinese nell'emisfero occidentale. Nel Mar Cinese Meridionale, l'assertività di Pechino ha innescato una corsa al riarmo navale da parte di paesi come Filippine, Vietnam e Indonesia, aumentando la densità di asset militari in un'area già contesa e alzando il rischio di incidenti. La tecnologia sta trasformando anche il dominio marittimo: lo sviluppo cinese di un ekranoplano introduce una nuova minaccia asimmetrica, mentre l'Europa investe in droni di superficie autonomi per missioni di sorveglianza. Infine, la stabilità di aree marittime cruciali come il Mediterraneo è costantemente a rischio. L'incidente a bordo di una petroliera al largo della Libia, sebbene senza conseguenze catastrofiche, è un sintomo della cronica instabilità di una regione dove il collasso statale crea una "zona grigia" ad alto rischio per la sicurezza energetica e la navigazione. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, nazione proiettata nel cuore del Mediterraneo e potenza manifatturiera profondamente integrata nell'economia globale, le conseguenze di queste dinamiche sono dirette e profonde. La cronica instabilità della Libia, a poche centinaia di chilometri dalle sue coste, rappresenta una minaccia permanente alla sicurezza nazionale, alimentando flussi migratori incontrollati e rischi per le infrastrutture energetiche offshore da cui il paese dipende. La penetrazione dell'influenza russa nel Sahel, un'area strategicamente vitale per il controllo delle rotte migratorie e il contrasto al terrorismo, sfida direttamente gli interessi italiani e mina la stabilità del fianco sud dell'Europa. In quanto membro fondatore della NATO e dell'Unione Europea, l'Italia è al centro del dibattito sulla futura architettura di sicurezza del continente. Le pressioni per un aumento della spesa militare, la necessità di contribuire al progetto di una "Schengen militare" per garantire la mobilità delle forze verso est, e la discussione sull'equilibrio tra autonomia strategica europea e solidità del legame transatlantico sono questioni che impattano direttamente sulle scelte di bilancio e di politica della difesa di Roma. L'economia italiana, fortemente orientata all'export, è estremamente vulnerabile alla frammentazione delle catene di approvvigionamento globali. La crisi del Mar Rosso ha già dimostrato come le interruzioni delle rotte marittime possano colpire duramente i suoi porti e le sue industrie. La dipendenza da materie prime e componenti tecnologiche controllate da potenze rivali, come le terre rare cinesi, costituisce una vulnerabilità strategica che necessita di essere affrontata con politiche industriali mirate alla diversificazione e alla resilienza. Infine, l'Italia è un bersaglio privilegiato della guerra ibrida, attraverso campagne di disinformazione volte a polarizzare il dibattito pubblico e attacchi informatici contro le sue infrastrutture critiche, dal settore finanziario a quello energetico. Navigare questo scenario complesso richiede una visione strategica chiara e una politica estera proattiva. Conclusioni In conclusione, l'analisi dei recenti avvenimenti globali rivela un mondo entrato in una fase di disordine strutturale, segnato dalla fine delle certezze passate e dall'inizio di una competizione sistemica a tutto campo. L'interdipendenza economica, un tempo vista come un antidoto al conflitto, è stata essa stessa trasformata in un'arma. Le alleanze tradizionali sono sottoposte a stress senza precedenti, mentre nuovi assi e potenze autonome ridisegnano le mappe del potere. La tecnologia, dall'intelligenza artificiale allo spazio, non è solo un motore di progresso, ma anche un acceleratore di rivalità e un creatore di nuove vulnerabilità. In questo contesto, la distinzione tra minacce interne ed esterne, tra sicurezza economica e sicurezza militare, diventa sempre più labile. Per un paese come l'Italia, la cui prosperità e sicurezza sono intrinsecamente legate alla stabilità internazionale, l'inazione non è un'opzione. È imperativo adottare un approccio strategico olistico. Ciò richiede, in primo luogo, un investimento mirato nella resilienza nazionale: rafforzare la sicurezza delle infrastrutture critiche, diversificare le catene di approvvigionamento strategiche e potenziare le capacità di cyber-difesa. In secondo luogo, è fondamentale agire come un partner credibile e proattivo all'interno delle alleanze storiche, NATO e UE, contribuendo a definirne la direzione strategica piuttosto che subirla passivamente, con un'attenzione particolare alla stabilizzazione del fianco sud. Infine, è necessario sviluppare una cultura strategica a livello nazionale, capace di comprendere la natura complessa e multidimensionale delle minacce odierne, superando la tentazione di affrontare le crisi solo quando diventano emergenze. La sfida, oggi, non è solo reagire agli eventi, ma anticiparli, plasmando un futuro incerto con la consapevolezza che la sicurezza del XXI secolo si costruisce integrando difesa, diplomazia, tecnologia e industria. I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Tensioni, Risorse e Crisi del Multilateralismo Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il panorama internazionale di giugno 2025 è definito da una pervasiva instabilità sistemica, un punto di svolta critico per l’ordine globale. Le dinamiche in atto sono riconducibili a una triplice crisi interconnessa: una rinnovata e intensa competizione tra grandi potenze, una corsa febbrile per il controllo di risorse strategiche come il litio e una profonda crisi di efficacia della governance multilaterale. In questo contesto, la logica della deterrenza militare e della competizione geoeconomica prevale nettamente su quella della cooperazione, generando tensioni che riverberano dai conflitti regionali in Europa orientale e Medio Oriente fino al dominio tecnologico e marittimo. Un evento emblematico di questa tendenza è la messa in servizio, il 28 giugno, della HMAS Arafura da parte della Royal Australian Navy. Sebbene non sia un atto bellico, questo evento rappresenta un tassello tangibile nella corsa al riarmo nell'Indo-Pacifico. La nuova unità incarna la risposta strategica dell'Australia a un ambiente regionale instabile, sottolineando la necessità di una "presenza persistente" per la sorveglianza marittima in quella che è diventata l'arena principale della rivalità globale. L'intersezione di questi fenomeni delinea i contorni di un ordine mondiale multipolare, frammentato e pericolosamente instabile, le cui dinamiche e implicazioni costituiscono l'oggetto della presente analisi. I fatti Il quadro degli eventi globali di giugno 2025, come emerge dalle analisi della stampa di settore, delinea un mondo in cui le tensioni a lungo latenti sono esplose in crisi manifeste su più fronti. Nel teatro Indo-Pacifico, epicentro della competizione strategica, il Regno Unito ha proiettato la sua influenza con il dispiegamento del Carrier Strike Group CSG25, guidato dalla portaerei HMS Prince of Wales. Questa operazione, inserita nella strategia della "Global Britain", non è solo una dimostrazione di forza militare ma anche un tentativo di proteggere le vitali rotte commerciali e di rafforzare l'interoperabilità con alleati chiave come Australia, Canada e Nuova Zelanda. Parallelamente, la Royal Australian Navy ha messo in servizio la HMAS Arafura, prima unità di una nuova classe di pattugliatori d'altura, segnando un passo cruciale nel suo ambizioso programma di modernizzazione navale volto a garantire una presenza persistente e a sorvegliare le sue vaste zone economiche esclusive. Nel frattempo, in Medio Oriente, la situazione sta vivendo ancora gli effetti dell’attacco militare diretto degli Stati Uniti contro gli impianti nucleari iraniani. L'operazione, pur infliggendo danni significativi al programma atomico di Teheran, ha innescato una pericolosa escalation e rivelato profonde crepe sia nel fronte anti-iraniano che tra gli alleati occidentali. Sul fronte europeo, il conflitto in Ucraina è proseguito con una violenza immutata, culminando nella conquista russa di Shevchenko, un'area strategica che ospita uno dei più grandi giacimenti di litio d'Europa. Questo evento ha sottolineato come la guerra non sia solo territoriale, ma anche una lotta per il controllo di risorse critiche. In risposta alla persistente minaccia russa, il vertice NATO dell'Aia del 25 giugno ha sancito una decisione storica: l'adozione di un obiettivo vincolante di spesa militare pari al 5% del PIL entro il 2035, un raddoppio che segnala un riarmo su vasta scala dell'Alleanza Atlantica. Infine, il panorama asiatico è stato scosso da profonde trasformazioni interne, tra cui la sistematica purga dei vertici militari in Cina da parte di Xi Jinping per consolidare il proprio potere e la ricalibrazione strategica della Corea del Sud sotto il nuovo presidente Lee, che valuta un parziale distanziamento da Washington per perseguire una maggiore autonomia. Analisi per Teatri Operativi
Conseguenze geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono state immediate e profonde, accelerando la transizione verso un ordine mondiale più frammentato e multipolare. L'attacco statunitense all'Iran, condotto con un limitato appoggio esplicito degli alleati, ha messo a nudo la crisi del multilateralismo e l'inefficacia delle istituzioni di governance globale, come evidenziato dal rapporto dello Stimson Center. La riluttanza della Russia a fornire un sostegno concreto a Teheran, a causa del suo impegno in Ucraina e del timore di ulteriori sanzioni, ha dimostrato la natura spesso opportunistica e fragile delle alleanze "anti-occidentali". Allo stesso tempo, sono emersi nuovi assi strategici, come il partenariato rafforzato tra Russia e Indonesia, che segnala la volontà delle potenze medie di diversificare le proprie relazioni e di sottrarsi alla logica dei blocchi contrapposti. In Europa, la decisione della NATO sul 5% del PIL alla difesa, pur mostrando un fronte apparentemente compatto contro la Russia, ha rivelato tensioni interne significative, con la Spagna che ha espresso riserve, evidenziando le difficoltà politiche ed economiche che molti governi dovranno affrontare per conciliare gli oneri della difesa con le esigenze sociali. La conquista russa delle riserve di litio ucraine ha trasformato una risorsa economica in un'arma geopolitica, garantendo a Mosca una leva strategica sulla transizione energetica europea e privando Kiev di un asset fondamentale per la sua futura ricostruzione e sovranità economica. Questo episodio ha consacrato la "geopolitica delle risorse" come un elemento centrale delle relazioni internazionali, in cui il controllo delle materie prime critiche è tanto importante quanto il controllo del territorio. Infine, il riassetto strategico della Corea del Sud e le purghe in Cina indicano un ricalcolo degli equilibri di potere in Asia, con il QUAD (USA, Giappone, India, Australia) che intensifica la sua cooperazione per fungere da contrappeso democratico a un'assertività cinese sempre più marcata. Conseguenze strategiche Sul piano strategico, gli avvenimenti del 28 e 29 giugno 2025 hanno offerto lezioni cruciali sulla natura della guerra e della deterrenza nel XXI secolo. La crisi iraniana ha svelato una vulnerabilità inaspettata anche per la più grande superpotenza mondiale. L'impiego massiccio di intercettori missilistici Standard Missile-3 (SM-3) per proteggere Israele e le basi americane ha portato a un esaurimento "allarmante" delle scorte, dimostrando che la superiorità tecnologica, se non supportata da una base industriale e logistica robusta e capace di sostenere un consumo elevato, può rivelarsi effimera. Questa "crisi logistica" ha costretto Washington a una revisione tardiva delle politiche di approvvigionamento, evidenziando un divario critico tra capacità tecnologica e sostenibilità operativa in un conflitto ad alta intensità. Simmetricamente, la scelta russa di non impiegare in modo massiccio il suo carro armato di ultima generazione, il T-14 Armata, per timore di perdite che ne avrebbero minato il prestigio, illustra il divario tra la propaganda militare e la realtà del campo di battaglia. La tecnologia, per essere strategicamente rilevante, deve essere affidabile, manutenibile e dispiegabile in quantità sufficienti. La guerra in Ucraina ha anche messo in luce la crescente importanza delle "proxy wars" e della regionalizzazione dei conflitti, come teorizzato per il teatro africano, in particolare la Somalia, definita un "laboratorio delle guerre del futuro". Qui, attori esterni come Turchia ed Emirati Arabi Uniti sostengono fazioni locali, combattendo guerre per procura che frammentano la sovranità statale e rendono le soluzioni politiche quasi impossibili. La decisione della NATO di destinare l'1,5% del PIL alla difesa cibernetica, alla protezione delle infrastrutture critiche e all'innovazione tecnologica rappresenta una svolta strategica fondamentale, riconoscendo che la sicurezza nazionale si gioca ormai su più domini interconnessi e che la resilienza di una nazione dipende tanto dalla sua forza militare convenzionale quanto dalla sua capacità di difendersi da attacchi ibridi e informatici. Conseguenze marittime Le conseguenze nel dominio marittimo sono state altrettanto significative, confermando l'Indo-Pacifico come l'epicentro della nuova competizione navale globale. Il dispiegamento del Carrier Strike Group britannico CSG25 non è stato un semplice esercizio militare, ma un'azione strategica polivalente. In primo luogo, ha riaffermato il ruolo del Regno Unito come attore di sicurezza globale con interessi diretti nel mantenimento della libertà di navigazione lungo le rotte commerciali vitali che attraversano lo Stretto di Malacca e il Mar Cinese Meridionale. In secondo luogo, ha rafforzato la rete di alleanze e l'interoperabilità operativa con le marine di nazioni affini, costruendo una massa critica di deterrenza contro l'espansionismo cinese. La presenza simultanea di portaerei cinesi, britanniche e di altre nazioni ha trasformato la regione in una scacchiera navale ad alta tensione, dove il rischio di incidenti e di escalation involontaria è tangibile, nonostante i canali di comunicazione "professionali" mantenuti tra le flotte. Parallelamente, il programma di modernizzazione della Royal Australian Navy, esemplificato dalla nuova classe di pattugliatori Arafura, dimostra la strategia delle medie potenze di investire in capacità di sorveglianza persistente. Queste unità non sono navi da combattimento di prima linea, ma sono essenziali per affermare la sovranità nelle vaste zone economiche esclusive e per monitorare le attività illegali, una componente cruciale della sicurezza marittima moderna. La crisi in Medio Oriente ha inoltre evidenziato la centralità delle forze navali nella difesa missilistica balistica. I cacciatorpediniere della U.S. Navy, dotati del sistema Aegis e di missili SM-3, si sono rivelati l'unica piattaforma in grado di fornire uno scudo difensivo credibile, ma il loro impiego intensivo ha sottolineato la vulnerabilità logistica e l'enorme costo di tale difesa, ponendo seri interrogativi sulla sua sostenibilità nel lungo periodo. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, le ripercussioni di questo scenario globale sono dirette e impegnative. La decisione della NATO di elevare la spesa militare al 5% del PIL rappresenta la sfida più immediata e dirompente. Se attuato, questo impegno si tradurrebbe in una spesa per la sicurezza superiore ai 100 miliardi di euro annui, una cifra che solleverebbe enormi interrogativi sulla sostenibilità dei conti pubblici e imporrebbe scelte politiche dolorose. Il governo italiano si troverebbe a dover bilanciare un onere militare senza precedenti con le pressanti esigenze del sistema di welfare, della sanità, dell'istruzione e della riduzione del debito pubblico, generando inevitabilmente un acceso dibattito politico e sociale. Sul piano economico, il caso della cessione di una quota di Monte dei Paschi di Siena a fondi statunitensi, percepito da alcuni come un "saccheggio" del risparmio nazionale, ha messo in luce la vulnerabilità del sistema finanziario italiano e ha alimentato il dibattito sulla necessità di una maggiore difesa della sovranità economica. In un contesto di competizione globale, la protezione degli asset strategici, non solo industriali ma anche finanziari, diventa un imperativo per la stabilità nazionale. Strategicamente, l'Italia, in quanto pilastro meridionale della NATO e potenza mediterranea, si troverà in prima linea nella gestione delle crisi provenienti dal Medio Oriente e dall'Africa. L'instabilità regionale, le pressioni migratorie e la competizione per le risorse energetiche nel Mediterraneo richiederanno un impegno diplomatico e militare crescente. Infine, il rafforzamento della base industriale della difesa europea, implicito nell'aumento della spesa NATO, offre un'opportunità significativa per l'industria della difesa italiana (come Leonardo e Fincantieri) di giocare un ruolo da protagonista, a patto di investire in innovazione e di integrarsi efficacemente nelle catene del valore europee. Conclusioni e Raccomandazioni In conclusione, il quadro globale di giugno 2025 cristallizza la transizione verso un ordine definito da una competizione strategica disinibita e un multipolarismo frammentato. I dati analizzati indicano che la sovranità economica è contesa con la stessa intensità di quella territoriale, e che la sicurezza nazionale è ormai indissolubilmente legata alla resilienza delle catene di approvvigionamento e al controllo di risorse critiche come il litio. Gli eventi hanno dimostrato che la superiorità tecnologica è fragile se non sostenuta da una solida base industriale e logistica, mentre l'erosione del multilateralismo lascia la comunità internazionale priva di strumenti efficaci per la mediazione dei conflitti. Questo sistema sotto stress, caratterizzato da conflitti ibridi e guerre per procura, sta entrando in una fase di elevata instabilità. In questo scenario, i possibili sviluppi a breve termine si concentrano su tre fronti critici. Il primo riguarda la potenziale reazione iraniana all'attacco subito, con un'elevata probabilità di escalation asimmetrica attraverso proxy regionali, in particolare nel sud del Libano, dove la tregua con Israele è già compromessa. Il secondo fronte è la reazione cinese alle iniziative diplomatiche occidentali su Taiwan, che potrebbe concretizzarsi in imponenti esercitazioni militari nello Stretto o in pressioni economiche mirate, volte a testare la coesione occidentale. Il terzo vettore è il consolidamento del partenariato strategico tra Indonesia e Russia, la cui formalizzazione attraverso accordi militari avanzati altererebbe significativamente gli equilibri di potere nell'Indo-Pacifico, costringendo il QUAD a una ricalibrazione strategica. Di fronte a queste dinamiche, emerge come sfida centrale l'inadeguatezza delle attuali architetture di governance globale. La raccomandazione più urgente è dunque un rinnovato e pragmatico impegno verso un multilateralismo efficace, che vada oltre il semplice finanziamento per promuovere una profonda riforma delle istituzioni esistenti. È imperativo sviluppare nuovi meccanismi di governance specificamente progettati per gestire rischi transnazionali complessi, quali le minacce cibernetiche, le pandemie e gli impatti del cambiamento climatico. Per gli attori statali, la raccomandazione strategica consiste nel bilanciare le legittime esigenze di sicurezza nazionale con l'imperativo della stabilità collettiva, riconoscendo che in un mondo interconnesso la sicurezza a lungo termine non può essere raggiunta isolatamente. I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo L'Occidente al bivio. Crisi strategica e nascita di un ordine multipolare Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte. Introduzione
L'analisi del panorama internazionale a metà del 2025, come emerge da una serie di articoli di varie testate on line, restituisce l'immagine di un ordine mondiale in profonda e accelerata transizione. Le fondamenta del sistema liberale a guida occidentale appaiono erose da una crisi sistemica che ne mina la credibilità istituzionale, la coesione delle alleanze storiche e la lucidità strategica. Due eventi emblematici, verificatisi quasi in contemporanea, cristallizzano questa dinamica: un attacco militare statunitense contro l'Iran, seguito da una fragile tregua, e un vertice NATO all'Aja che, lungi dal sancire una rinnovata unità, ha esposto le fratture interne e la subordinazione europea a un'agenda americana transazionale e imprevedibile. Questi avvenimenti non sono incidenti isolati, ma sintomi di un riallineamento globale, dove la debolezza strategica dell'Occidente fa da contraltare all'ascesa pragmatica di un mondo multipolare. La presente sintesi, basandosi sull'elaborazione dei testi forniti, intende analizzare i fatti principali, esplorarne le conseguenze geopolitiche, strategiche e marittime, valutarne l'impatto specifico per l'Italia e, infine, formulare raccomandazioni per navigare la complessità di questo nuovo scenario. Evento clou della giornata L'evento catalizzatore è rappresentato dal vertice NATO dell'Aja del 25 giugno 2025 che dai media mondiali viene descritto come la fotografia di una profonda crisi esistenziale per l'Alleanza. Orchestrato principalmente per placare il presidente americano Donald Trump, l'incontro ha evidenziato la subordinazione strategica dell'Europa, culminata nell'impegno ad aumentare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2035. Questa decisione è però considerata un "bluff" economicamente insostenibile per i partner europei, che richiederebbe drastici tagli al welfare. Anche la sua logica strategica, basata su una presunta minaccia russa, appare fallace. Il vertice ha inoltre sancito il fallimento della proiezione globale della NATO: i leader dei principali partner dell'Indo-Pacifico (Giappone, Corea del Sud, Australia) hanno disertato l'appuntamento, frustrati dalla politica transazionale di Washington. Questa assenza coordinata dimostra la perdita di credibilità e attrattiva di un'alleanza prigioniera delle sue contraddizioni, sempre più ripiegata su sé stessa e incapace di formulare una visione comune per un mondo multipolare. I fatti Il quadro fattuale descritto dalle fonti si articola attorno a due epicentri di crisi interconnessi: il Medio Oriente e l'Europa. Il primo evento catalizzatore è l'operazione militare "Midnight Hammer", un attacco aereo condotto dagli Stati Uniti contro i siti nucleari iraniani. Sebbene l'amministrazione americana ne abbia rivendicato il successo, le valutazioni dell'intelligence indicano un risultato modesto, con un ritardo inflitto al programma di Teheran di soli pochi mesi. A questa escalation è seguita una tregua inaspettata tra Israele e Iran, orchestrata dal presidente Donald Trump. Contemporaneamente, si è svolto all'Aja un vertice NATO deliberatamente accorciato a meno di 24 ore. L'esito principale è stato l'impegno formale degli alleati ad aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035. Le cronache del vertice riportano un clima di sottomissione europea, simboleggiato da un messaggio del Segretario Generale Mark Rutte a Trump, e una significativa assenza: i leader dei principali partner dell'Indo-Pacifico—Giappone, Corea del Sud e Australia—hanno disertato l'incontro, inviando delegati di rango inferiore. Mentre l'Occidente era impegnato in queste dinamiche, il Forum Economico di San Pietroburgo (SPIEF) ha visto il presidente russo Vladimir Putin articolare una visione per un ordine multipolare alternativo, presentandosi come leader di una rivolta del "Sud Globale". A questo si aggiunge la profonda polarizzazione interna agli Stati Uniti, esemplificata dalla vittoria di un candidato socialista alle primarie di New York e da una latente crisi costituzionale nei riguardi del Presidente. Sintesi per Teatro Operativo Mediterraneo Allargato. Questo teatro è l'epicentro della crisi globale. Vicino Oriente e Golfo Persico. La tregua tra Israele e Iran, imposta da Trump, è l'evento dominante. Pur avendo evitato una guerra, ha evidenziato il fallimento strategico dell'attacco USA all'Iran, creando le premesse per una futura proliferazione nucleare. Per il premier israeliano Netanyahu, l'attacco rappresenta un'opportunità per ridefinire la sua eredità, offuscata dalla gestione della guerra a Gaza. Europa Meridionale e Mar Nero. Il vertice NATO dell'Aja si è rivelato un "bluff monumentale". L'impegno per il 5% del PIL in difesa è visto come insostenibile, con la Spagna che ha già annunciato il suo dissenso. Le parole del ministro italiano Crosetto, che ha messo in dubbio la "ragione d'esistere" della NATO nella sua forma attuale, e l'adulazione del Segretario Generale Rutte verso Trump, dipingono il quadro di un'alleanza in crisi esistenziale e in condizione di vassallaggio. L'UE, fratturata al suo interno, non riesce a formulare una politica unitaria. Mar Rosso e Corno d’Africa La minaccia jihadista persiste, come dimostra il rapimento di 120 bambini da parte di gruppi legati all'ISIS in Mozambico, destabilizzando aree cruciali per le risorse energetiche. Pakistan. Dimostra notevole agilità diplomatica, mantenendo una partnership di sicurezza con gli USA mentre approfondisce i legami strategici con la Cina, incarnando la navigazione pragmatica delle potenze medie nel nuovo disordine mondiale. Heartland euro-asiatico. Questo teatro vede l'avanzata di un ordine alternativo. Russia. Mosca capitalizza sul caos globale. Mentre l'Occidente è distratto dal Medio Oriente, la Russia riattiva i suoi asset energetici sanzionati nell'Artico per sfruttare i prezzi elevati del GNL. Il Forum di San Pietroburgo (SPIEF) ha consolidato la narrativa di Putin di una Russia leader di una rivolta del Sud Globale contro un ordine "neocoloniale", promuovendo la de-dollarizzazione e i BRICS come alternativa istituzionale. Cina. Pechino agisce con pragmatismo, beneficiando della decisione di Trump di permetterle di acquistare petrolio iraniano. Questa mossa, probabilmente una pedina di scambio in vista di accordi commerciali, rafforza la posizione cinese senza un coinvolgimento diretto nel conflitto. Teatro operativo Boreale-Artico. L'Artico si conferma un'arena di competizione strategica ed economica. La mossa russa di inviare una metaniera sanzionata verso i suoi impianti di esportazione è la prova più evidente. Con lo scioglimento dei ghiacci e l'aumento delle tensioni geopolitiche, questa rotta diventa sempre più cruciale e contesa, sia per le risorse energetiche che per le rotte commerciali alternative. Stati Uniti. La crisi di leadership globale dell'Occidente è un riflesso della sua crisi interna. La vittoria del socialista Zohran Mamdani alle primarie di New York segnala una profonda frattura nel Partito Democratico e un'insoddisfazione crescente verso l'establishment. La società americana appare polarizzata e il suo sistema di pesi e contrappesi costituzionali è messo a dura prova dal potere bellico quasi monarchico rivendicato dal Presidente. Teatro operativo Australe-Antartico. Questo teatro, pur essendo periferico rispetto alle crisi principali, mostra segnali di cambiamento e instabilità. America Latina. La stabilità del Costa Rica, un'eccezione nella regione, è minacciata dalla crisi politica che coinvolge il presidente Chaves, accusato di finanziamento illecito. Africa Meridionale. Le violente proteste in Kenya contro le politiche fiscali e la minaccia terroristica in Mozambico evidenziano una persistente instabilità sociale e di sicurezza. Parallelamente, iniziative come il sistema di pagamenti panafricano PAPSS indicano una spinta concreta verso una maggiore sovranità economica e finanziaria. Australia. La decisione di snobbare il vertice NATO segnala un allontanamento dalla proiezione globale dell'Alleanza e un focus più regionale. Sul fronte economico, gli allevatori di ovini beneficiano di prezzi record, spinti dalla domanda globale. Indopacifico. L'Indopacifico è un teatro di ricalibrazione strategica e crescente scetticismo verso la leadership americana. Asia Orientale. La diserzione coordinata di Giappone e Corea del Sud dal vertice NATO è un segnale inequivocabile della loro frustrazione verso la politica transazionale e imprevedibile di Trump. Seul, in particolare, cerca di riaprire canali con Pechino. La memoria del 75° anniversario della Guerra di Corea funge da monito sulla perenne instabilità della penisola. Asia Sud-orientale. La marcia indietro della Thailandia sulla legalizzazione della cannabis dimostra la volatilità delle politiche interne e il loro impatto su settori economici emergenti. Tensioni evidenti con chiusura del confine tra Thailandia e Cambogia. Conseguenze geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono profonde e delineano una rapida erosione dell'influenza occidentale. La crisi della NATO è forse l'indicatore più evidente. L'impegno per il 5% di spesa militare è percepito più come un "bluff" per placare Washington che come una strategia sostenibile, mentre il plateale snobismo dei partner dell'Indo-Pacifico segna il fallimento della pretesa dell'Alleanza di proiettarsi come attore globale. La frustrazione di Tokyo per le pressioni americane, la volontà di Seul di dialogare con Pechino e i dubbi di Canberra su AUKUS dimostrano che l'abbraccio americano è visto sempre più come transazionale e inaffidabile. Questo vuoto di leadership occidentale viene pragmaticamente riempito da altri attori. La Russia, attraverso la sua narrazione "anti-coloniale" e la promozione di piattaforme alternative come i BRICS, consolida il suo ruolo di punto di riferimento per il Sud Globale. La sua strategia non è solo ideologica, ma si fonda su offerte concrete di cooperazione energetica e militare senza le condizionalità politiche occidentali. Altri Paesi, come il Pakistan, dimostrano un'eccezionale agilità nel bilanciare le relazioni con Stati Uniti e Cina, mentre l'Africa muove passi concreti verso la sovranità finanziaria con sistemi di pagamento come il PAPSS. L'intero sistema internazionale si sta riorganizzando attorno a poli di potere alternativi, meno dipendenti e meno controllabili da un Occidente percepito come diviso, auto-referenziale e in preda a crisi interne che ne minano la credibilità globale. Conseguenze strategiche Dal punto di vista strategico, le implicazioni sono ancora più allarmanti. L'attacco all'Iran, pur avendo evitato una guerra su larga scala nel breve termine, ha inferto un colpo potenzialmente letale al regime di non proliferazione nucleare. La lezione che il mondo sembra aver appreso è che la rinuncia ai programmi atomici (come fecero Iraq e Libia) espone a invasioni, mentre il possesso di armi nucleari (come nel caso della Corea del Nord) funge da garanzia di sopravvivenza. Di conseguenza, non solo l'Iran potrebbe accelerare verso la bomba, ma anche alleati storici degli Stati Uniti, come Polonia e Corea del Sud, stanno apertamente considerando di sviluppare i propri arsenali, non fidandosi più dell'ombrello protettivo americano. Si profila un mondo con più potenze nucleari e meno regole, intrinsecamente più instabile. La strategia della NATO appare altrettanto miope. L'obiettivo del 5% del PIL, oltre a essere economicamente insostenibile, si basa su un presupposto strategico fallace: quello di una minaccia russa da contenere con un riarmo convenzionale, quando la realtà sul campo in Ucraina dimostra la resilienza di Mosca. Come evidenziato dalle dichiarazioni del Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, che ha messo in discussione la "ragione di esistere" dell'Alleanza, la NATO sembra un'organizzazione ancorata alla Guerra Fredda, incapace di comprendere un mondo multipolare e condannata a trasformarsi in un mero "cartello industriale" al servizio dei complessi militari. Conseguenze marittime Le ripercussioni sul dominio marittimo, vitale per l'economia globale, sono state immediate e tangibili. La crisi tra Stati Uniti e Iran ha provocato un crollo temporaneo del traffico marittimo attraverso lo Stretto di Hormuz, uno dei choke point più critici del pianeta. Questa paralisi, anche se breve, ha dimostrato l'estrema vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali a fronte di tensioni geopolitiche. L'aumento del rischio percepito si è tradotto in un'impennata dei premi assicurativi e dei costi di nolo, in particolare per il trasporto di Gas Naturale Liquefatto (GNL), con tariffe che hanno raggiunto i massimi degli ultimi otto mesi. Questo caos ha creato un'opportunità strategica per la Russia. Proprio mentre l'attenzione era concentrata sul Golfo Persico, Mosca ha riattivato la sua "flotta ombra" di metaniere sanzionate, inviandole verso gli impianti di esportazione nell'Artico per capitalizzare sui prezzi elevati e offrire un'alternativa energetica all'Europa, minando al contempo l'efficacia del regime sanzionatorio. La crisi in un teatro operativo ha così generato un vantaggio per un avversario strategico in un altro. Il naufragio della bisarca Morning Midas nel Pacifico, sebbene non collegato al conflitto, funge da crudo promemoria della fragilità intrinseca di un sistema logistico globale già sotto forte stress. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, le conseguenze di questo scenario sono dirette e preoccupanti. La decisione assunta al vertice NATO di puntare a una spesa militare del 5% del PIL rappresenta una sfida economica e sociale di proporzioni enormi. Le fonti citano una stima di circa 400 miliardi di euro da trovare in dieci anni, una cifra che per un'economia come quella italiana significherebbe un "salasso" insostenibile, capace di innescare una scelta drammatica tra difesa e stato sociale (welfare, sanità, istruzione). Questo impegno rischia di generare profonde tensioni politiche e sociali interne. La posizione critica espressa dal Ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha messo in dubbio la stessa finalità della NATO nella sua forma attuale, non è una semplice boutade, ma il segnale di un profondo malessere e scetticismo all'interno delle più alte istituzioni italiane. L'Italia si trova in una posizione scomoda: pressata da un alleato americano a sostenere costi esorbitanti per una strategia percepita come fallace, mentre la sua sicurezza è minacciata più direttamente dall'instabilità nel suo vicinato, il Mediterraneo Allargato. Il declino di una leadership occidentale coerente e la frammentazione dell'Europa lasciano l'Italia più esposta alle crisi che si dipanano lungo il suo fianco sud, dal Nord Africa al Medio Oriente, rendendo la ricerca di un'autonoma bussola strategica non più un'opzione, ma una necessità. Conclusioni In conclusione, il quadro che emerge a metà 2025 è quello di un profondo disallineamento tra la percezione che l'Occidente ha di sé e la realtà di un mondo multipolare. Le azioni intraprese, dall'attacco all'Iran al vertice NATO, appaiono come reazioni tattiche e impulsive a problemi strategici, che finiscono per aggravare le crisi anziché risolverle. La subordinazione europea a un'agenda americana transazionale, la perdita di credibilità presso gli alleati chiave e l'incapacità di formulare una visione del futuro credibile stanno accelerando un declino che appare sempre più autoinflitto. Mentre l'Occidente è prigioniero delle sue divisioni interne e di narrazioni obsolete, attori come la Russia e una galassia di potenze del Sud Globale stanno costruendo, con pragmatismo, un ordine alternativo basato su interessi concreti. Di fronte a questo scenario, l'inazione non è un'opzione. Per l'Europa, e in particolare per l'Italia, è imperativo avviare una profonda riflessione strategica. In primo luogo, è necessario superare la logica del mero "placare" l'alleato americano e sviluppare una visione autonoma degli interessi europei. Ciò significa riconoscere la realtà di un mondo multipolare e impegnarsi con tutti gli attori in modo pragmatico, abbandonando le lenti della Guerra Fredda. In secondo luogo, l'Italia, in virtù della sua posizione geografica e della sua tradizione diplomatica, dovrebbe farsi promotrice di una nuova architettura di sicurezza per il Mediterraneo Allargato, un'area di interesse primario troppo spesso trascurata dalle priorità strategiche della NATO. Le parole del Ministro Crosetto dovrebbero essere il punto di partenza per un dibattito nazionale e poi europeo su quale debba essere il ruolo dell'Alleanza, spingendo per un approccio più equilibrato che non sacrifichi la stabilità del vicinato e la coesione sociale interna sull'altare di obiettivi di spesa irrealistici. La vera sfida per l'Occidente non è contenere l'ascesa degli altri, ma ritrovare una propria coerenza e visione, per evitare di scivolare verso un'irrilevanza che non è più un'ipotesi remota, ma una traiettoria manifesta. Temi da monitorare nei prossimi giorni:
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