I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Navigare una nuova era di competizione Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il mondo contemporaneo si trova in una fase di profonda e turbolenta trasformazione, segnando la fine definitiva dell'ordine unipolare post-Guerra Fredda e l'inizio di un'era caratterizzata da un'intensa competizione tra grandi potenze, una crescente frammentazione geopolitica e l'emergere di minacce ibride sempre più sofisticate. L'illusione di un "dividendo della pace" si è dissolta, sostituita dalla cruda realtà di un confronto strategico che non si limita più ai soli domini militari tradizionali, ma si estende all'economia, alla tecnologia, all'informazione e alle catene di approvvigionamento. Le dinamiche interne di potenze come gli Stati Uniti, segnate da profonde polarizzazioni, si intrecciano con il riposizionamento assertivo di attori come Cina e Russia, mentre potenze medie emergenti come India, Turchia e Arabia Saudita ridefiniscono gli equilibri regionali e globali, perseguendo agende autonome e complesse. La presente analisi, che trae spunto da una raccolta di recenti rapporti e approfondimenti, si propone di delineare i contorni di questo nuovo disordine globale, esaminandone i fatti salienti, le conseguenze geopolitiche, strategiche e marittime, con un'attenzione particolare alle implicazioni per l'Italia, un attore inevitabilmente coinvolto in queste dinamiche epocali. I fatti I fatti che delineano l'attuale scenario globale parlano il linguaggio di una rottura strategica. Gli Stati Uniti, sotto la spinta di una percezione di minaccia esistenziale, stanno attuando una drastica ricalibrazione del loro apparato di difesa, distogliendo l'attenzione dal controterrorismo per concentrarsi sulla competizione a lungo termine con la Cina. Questa svolta si manifesta in decisioni concrete, come la cancellazione di programmi d'arma giudicati vulnerabili, come l'aereo da sorveglianza E-7, per dirottare investimenti colossali verso capacità basate sullo spazio e sull'intelligenza artificiale. Parallelamente, sul fianco orientale dell'Europa, la guerra in Ucraina si è trasformata in un brutale conflitto di attrito. L'offensiva russa su snodi logistici cruciali come Pokrovsk, condotta con una dottrina da "rullo compressore" che fa uso massiccio di artiglieria e bombe plananti, evidenzia la determinazione di Mosca a logorare la resistenza di Kiev. La Russia, a sua volta, dimostra una notevole capacità di adattamento, accelerando lo sviluppo di sistemi anti-drone e impiegando una "flotta ombra" per aggirare le sanzioni e proteggere le sue esportazioni energetiche, sfidando apertamente l'ordine marittimo. La Cina, dal canto suo, persegue i suoi obiettivi strategici con metodica determinazione: blinda il suo quasi-monopolio sulle terre rare, essenziali per ogni tecnologia avanzata, ritirando i passaporti ai suoi massimi esperti per prevenire la fuga di know-how; penetra economicamente in aree strategiche come i porti del Sud America e sviluppa capacità militari asimmetriche, come l'inquietante ekranoplano, un veicolo ibrido pensato per sorprendere le difese avversarie. In questo quadro, le crisi regionali si infiammano: l'accordo "minerario" tra Congo e Ruanda, mediato dagli USA per garantirsi l'accesso a minerali critici, appare come una fragile tregua basata su interessi economici esterni, incapace di sanare le profonde radici del conflitto. In Medio Oriente, la tensione tra Iran e Israele si manifesta attraverso una guerra per procura e attacchi mirati, come l'operazione statunitense "Midnight Hammer", che, pur evitando un conflitto aperto immediato, lascia la regione in un equilibrio del terrore estremamente precario. Infine, la catastrofe umanitaria di Gaza, descritta con il termine "Gazastan", simboleggia il fallimento della diplomazia e la creazione di un "buco nero" geopolitico permanente. Analisi per Teatro Operativo Mediterraneo Allargato. Questo teatro è un mosaico di crisi interconnesse. La guerra in Ucraina si combatte anche nel Mar Nero, dove la Turchia gioca un ruolo di mediatore cruciale. Nel Mediterraneo centrale, l'instabilità della Libia minaccia la sicurezza marittima ed energetica dell'Europa. In Nord Africa, la diplomazia economica saudita in Tunisia segnala l'ascesa di nuovi attori. Nel Vicino Oriente, la crisi di Gaza persiste senza soluzione, mentre la minaccia iraniana rimane latente. Nel Caucaso, l'influenza russa si erode, come dimostrano le tensioni con l'Azerbaigian. Heartland euro-asiatico. La Russia è focalizzata sulla sua strategia di logoramento in Ucraina, adattando la sua tecnologia militare (sistemi anti-UAV) e consolidando alleanze con stati come la Corea del Nord per sostenere il suo sforzo bellico. La Cina, nel frattempo, persegue una grande strategia a lungo termine che integra lo sviluppo di capacità militari asimmetriche (ekranoplano), il controllo delle catene di approvvigionamento tecnologico (terre rare) e l'attrazione del capitale umano globale per garantirsi la supremazia scientifica. Teatro operativo Boreale-Artico. La regione è in piena trasformazione strategica. L'adesione della Finlandia alla NATO ha raddoppiato il confine diretto dell'Alleanza con la Russia e ha portato un attore militarmente capace e con profonda conoscenza del terreno. La crescente competizione geopolitica tra NATO, Russia e Cina per le rotte marittime e le risorse sta spingendo il Regno di Danimarca a rafforzare il coordinamento sulla sicurezza con Groenlandia e Isole Fær Øer, per garantire la difesa del cruciale varco GIUK. Teatro operativo Australe-Antartico. Sebbene meno centrale nelle notizie odierne, questo teatro è il terreno della competizione per le risorse. L'accordo mediato dagli Stati Uniti tra RD Congo e Ruanda è un chiaro tentativo di assicurarsi l'accesso ai minerali critici africani per contrastare la Cina. Nel Pacifico meridionale, la crisi climatica diventa un fattore geopolitico tangibile, con i cittadini di Tuvalu che cercano rifugio in Australia, evidenziando la vulnerabilità dei piccoli stati insulari e creando nuove dinamiche migratorie e di sicurezza. Indopacifico. Questo è il teatro principale della competizione USA-Cina. Washington sta riorientando la sua intera postura di difesa verso questa regione, privilegiando capacità spaziali e di proiezione a lungo raggio. Contemporaneamente, le sue alleanze tradizionali sono sotto pressione a causa delle richieste di Trump sulla spesa militare a Giappone e Corea del Sud. La Cina continua a esercitare la sua influenza, mentre crisi sociali e politiche interne in paesi come Giappone, Thailandia e la fine della democrazia a Hong Kong contribuiscono a un quadro di crescente instabilità regionale. Conseguenze Geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono epocali e ridisegnano la mappa del potere globale. L'era dell'egemonia americana indiscussa è tramontata, sostituita da una complessa dinamica multipolare. Il G7, pur mostrando un fronte compatto su questioni interne al blocco occidentale, fatica a proiettare un'influenza decisiva su un mondo in cui potenze come l'India perseguono un assertivo "multi-allineamento", collaborando con Washington per contenere Pechino ma mantenendo saldi legami con Mosca. Questa frammentazione erode le vecchie alleanze. Le richieste perentorie dell'amministrazione Trump a partner storici come Giappone, Corea del Sud e membri della NATO di aumentare drasticamente la spesa per la difesa, trattando la sicurezza collettiva come un contratto transazionale, minano la fiducia e la coesione. In questo vuoto, emergono nuove configurazioni. L'asse di convenienza tra Russia e Corea del Nord, con Pyongyang che fornisce munizioni a Mosca in cambio di tecnologia e valuta, è sintomo di un raggruppamento di stati paria che sfidano l'ordine liberale. Potenze regionali come la Turchia di Erdoğan capitalizzano su questa fluidità, adottando una "diplomazia su misura" che le permette di agire da mediatore indispensabile, massimizzando la propria autonomia strategica senza essere né un alleato pienamente allineato né un avversario dichiarato. Similmente, l'Arabia Saudita utilizza la sua potenza finanziaria per estendere la propria influenza, come dimostrano gli investimenti in Tunisia, con l'obiettivo di costruirsi una sfera di stabilità e contrastare rivali regionali. Nel Sahel, l'influenza russa si consolida sfruttando il sentimento anti-occidentale, stabilendo una presenza duratura nel cuore dell'Africa e garantendosi l'accesso a risorse strategiche. Questo nuovo scenario globale non è più un gioco a somma zero tra due blocchi, ma una scacchiera multidimensionale dove ogni attore cerca di ritagliarsi il proprio spazio, rendendo la diplomazia e la previsione strategica più difficili che mai. Conseguenze Strategiche Dal punto di vista strategico, il mondo sta assistendo a un profondo cambiamento nella natura stessa del conflitto. Il concetto di "guerra ibrida" è diventato la norma, con l'offuscamento del confine tra pace e guerra. La competizione strategica si combatte non solo sul campo di battaglia, ma anche nei domini economico, tecnologico e informativo. La Cina, blindando le sue terre rare, e gli Stati Uniti, mediando una "pace mineraria" in Congo, dimostrano che il controllo delle catene di approvvigionamento di minerali critici è diventato un'arma strategica. Il settore finanziario non è più un ambito civile, ma un fronte di guerra dove spionaggio informatico e attacchi destabilizzanti mirano a minare la capacità economica del nemico. La crisi dei fentanyl negli Stati Uniti diventa essa stessa un terreno di scontro geopolitico con la Cina. La lezione che emerge dal conflitto ucraino è duplice: da un lato, il ritorno della guerra di attrito industriale, dove la massa e la capacità produttiva contano tanto quanto la tecnologia; dall'altro, la rivoluzione portata da nuove tecnologie. L'intelligenza artificiale è diventata il terreno primario della competizione tra USA e Cina, destinata a trasformare ogni aspetto della difesa, dai sistemi d'arma autonomi all'analisi dell'intelligence. Lo spazio è un nuovo dominio conteso, dove mega-costellazioni satellitari come Starlink assumono un'influenza geopolitica senza precedenti. In risposta a queste sfide, si assiste a una frenetica corsa alla modernizzazione. L'Europa progetta un "corridoio militare" per migliorare la mobilità delle truppe verso est, riconoscendo una grave vulnerabilità. Gli Stati Uniti, allarmati dal ritmo produttivo cinese, investono miliardi non per acquistare nuove navi, ma per accelerare la capacità produttiva della loro base industriale. Tuttavia, questa corsa nasconde profonde contraddizioni: uno studio rivela che una parte significativa dei subappaltatori della difesa americana è di proprietà cinese, un'enorme vulnerabilità che mina la postura strategica di Washington. La lezione di Robert McNamara in Vietnam, che mise in guardia contro un'eccessiva fiducia nei dati a scapito della comprensione umana della guerra, risuona come un monito per i leader di oggi, tentati di affidarsi ciecamente alla tecnologia in un'arena che rimane fondamentalmente caotica e imprevedibile. Conseguenze Marittime Le conseguenze marittime di questo nuovo disordine sono particolarmente acute, poiché il 90% del commercio mondiale viaggia via mare e le rotte navali sono le arterie vitali dell'economia globale. La crisi nel Mar Rosso, innescata dagli attacchi degli Houthi, ha avuto un impatto a cascata. Costringendo le navi a circumnavigare l'Africa, ha aumentato i costi, allungato i tempi di consegna e causato un'impennata delle perdite di container a causa delle avverse condizioni meteorologiche, dimostrando la fragilità sistemica delle catene di approvvigionamento. Questo scenario è un esempio lampante di come attori regionali possano proiettare un'influenza strategica globale. La Russia, da parte sua, utilizza la sua marina militare per scortare attivamente la sua "flotta ombra" di petroliere e metaniere nel Canale della Manica e in altre rotte chiave, un chiaro atto di guerra ibrida che sfida le sanzioni occidentali e testa la reattività della NATO. La competizione strategica si estende a tutti gli oceani. La penetrazione cinese nei porti del Sud America è vista da Washington non solo come un'iniziativa commerciale, ma come il potenziale precursore di una futura presenza navale cinese nell'emisfero occidentale. Nel Mar Cinese Meridionale, l'assertività di Pechino ha innescato una corsa al riarmo navale da parte di paesi come Filippine, Vietnam e Indonesia, aumentando la densità di asset militari in un'area già contesa e alzando il rischio di incidenti. La tecnologia sta trasformando anche il dominio marittimo: lo sviluppo cinese di un ekranoplano introduce una nuova minaccia asimmetrica, mentre l'Europa investe in droni di superficie autonomi per missioni di sorveglianza. Infine, la stabilità di aree marittime cruciali come il Mediterraneo è costantemente a rischio. L'incidente a bordo di una petroliera al largo della Libia, sebbene senza conseguenze catastrofiche, è un sintomo della cronica instabilità di una regione dove il collasso statale crea una "zona grigia" ad alto rischio per la sicurezza energetica e la navigazione. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, nazione proiettata nel cuore del Mediterraneo e potenza manifatturiera profondamente integrata nell'economia globale, le conseguenze di queste dinamiche sono dirette e profonde. La cronica instabilità della Libia, a poche centinaia di chilometri dalle sue coste, rappresenta una minaccia permanente alla sicurezza nazionale, alimentando flussi migratori incontrollati e rischi per le infrastrutture energetiche offshore da cui il paese dipende. La penetrazione dell'influenza russa nel Sahel, un'area strategicamente vitale per il controllo delle rotte migratorie e il contrasto al terrorismo, sfida direttamente gli interessi italiani e mina la stabilità del fianco sud dell'Europa. In quanto membro fondatore della NATO e dell'Unione Europea, l'Italia è al centro del dibattito sulla futura architettura di sicurezza del continente. Le pressioni per un aumento della spesa militare, la necessità di contribuire al progetto di una "Schengen militare" per garantire la mobilità delle forze verso est, e la discussione sull'equilibrio tra autonomia strategica europea e solidità del legame transatlantico sono questioni che impattano direttamente sulle scelte di bilancio e di politica della difesa di Roma. L'economia italiana, fortemente orientata all'export, è estremamente vulnerabile alla frammentazione delle catene di approvvigionamento globali. La crisi del Mar Rosso ha già dimostrato come le interruzioni delle rotte marittime possano colpire duramente i suoi porti e le sue industrie. La dipendenza da materie prime e componenti tecnologiche controllate da potenze rivali, come le terre rare cinesi, costituisce una vulnerabilità strategica che necessita di essere affrontata con politiche industriali mirate alla diversificazione e alla resilienza. Infine, l'Italia è un bersaglio privilegiato della guerra ibrida, attraverso campagne di disinformazione volte a polarizzare il dibattito pubblico e attacchi informatici contro le sue infrastrutture critiche, dal settore finanziario a quello energetico. Navigare questo scenario complesso richiede una visione strategica chiara e una politica estera proattiva. Conclusioni In conclusione, l'analisi dei recenti avvenimenti globali rivela un mondo entrato in una fase di disordine strutturale, segnato dalla fine delle certezze passate e dall'inizio di una competizione sistemica a tutto campo. L'interdipendenza economica, un tempo vista come un antidoto al conflitto, è stata essa stessa trasformata in un'arma. Le alleanze tradizionali sono sottoposte a stress senza precedenti, mentre nuovi assi e potenze autonome ridisegnano le mappe del potere. La tecnologia, dall'intelligenza artificiale allo spazio, non è solo un motore di progresso, ma anche un acceleratore di rivalità e un creatore di nuove vulnerabilità. In questo contesto, la distinzione tra minacce interne ed esterne, tra sicurezza economica e sicurezza militare, diventa sempre più labile. Per un paese come l'Italia, la cui prosperità e sicurezza sono intrinsecamente legate alla stabilità internazionale, l'inazione non è un'opzione. È imperativo adottare un approccio strategico olistico. Ciò richiede, in primo luogo, un investimento mirato nella resilienza nazionale: rafforzare la sicurezza delle infrastrutture critiche, diversificare le catene di approvvigionamento strategiche e potenziare le capacità di cyber-difesa. In secondo luogo, è fondamentale agire come un partner credibile e proattivo all'interno delle alleanze storiche, NATO e UE, contribuendo a definirne la direzione strategica piuttosto che subirla passivamente, con un'attenzione particolare alla stabilizzazione del fianco sud. Infine, è necessario sviluppare una cultura strategica a livello nazionale, capace di comprendere la natura complessa e multidimensionale delle minacce odierne, superando la tentazione di affrontare le crisi solo quando diventano emergenze. La sfida, oggi, non è solo reagire agli eventi, ma anticiparli, plasmando un futuro incerto con la consapevolezza che la sicurezza del XXI secolo si costruisce integrando difesa, diplomazia, tecnologia e industria.
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