I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, Inside Over, Analisi difesa, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Intruduzione
L'analisi del 19 giugno 2025 delinea un sistema internazionale in una fase di profonda trasformazione, entrato in uno stato di "policrisi" o crisi a cascata. Non siamo più di fronte a singoli conflitti isolati, ma a una rete di tensioni interconnesse – dal Medio Oriente all'Ucraina, fino all'Indo-Pacifico – che si alimentano a vicenda in una pericolosa spirale di instabilità. In questo scenario, l'escalation militare, la competizione economica e la corsa tecnologica non sono più ambiti distinti, ma si saldano in una dinamica unica e complessa che sta ridefinendo gli equilibri di potere globali. L'epicentro di questa tempesta è senza dubbio il confronto diretto tra Israele e Iran. Questo conflitto agisce come un potente catalizzatore, accelerando la competizione strategica tra le grandi potenze, svelando con brutale chiarezza le profonde fratture politiche e operative all'interno dell'Occidente, e spingendo l'innovazione tecnologica verso nuove e rischiose frontiere. La congiuntura attuale, dunque, non è solo una somma di crisi regionali, ma un momento di svolta sistemico che mette a dura prova la resilienza delle alleanze strategiche, costringendo ogni attore a ricalibrare la propria posizione in un mondo sempre più incerto. Evento clou della giornata La vulnerabilità dello scudo israeliano e la guerra di logoramento con l'Iran. La notizia più critica della giornata, emersa da fonti di intelligence occidentali e destinata a ridefinire i calcoli strategici, è il rapido esaurimento delle scorte di missili intercettori del sistema Arrow di Israele. Questo sviluppo trasforma il conflitto con l'Iran in una drammatica corsa contro il tempo. Ogni missile iraniano intercettato oggi è una garanzia di sicurezza in meno per domani. Combinato con il costo economico insostenibile della guerra, stimato in oltre 700 milioni di dollari al giorno, questo "salasso" militare ed economico spinge Israele verso un bivio: cercare un'escalation decisiva e rischiosissima per neutralizzare la minaccia iraniana una volta per tutte, o affrontare un collasso per esaurimento. Questa dinamica rende il Medio Oriente una pericolosa polveriera. Analisi per Teatro Operativo 1. Mediterraneo Allargato. Il confronto tra Israele e Iran ha superato la soglia della guerra per procura per diventare un conflitto diretto e logorante. La vulnerabilità dello scudo Arrow pone gli Stati Uniti di fronte a un dilemma straziante: la potente lobby AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) preme sul Congresso per un intervento diretto, ma l'amministrazione Trump, pur mantenendo una retorica aggressiva, è consapevole che una guerra con l'Iran sarebbe una trappola strategica che avvantaggerebbe la Cina. L'Unione Europea appare impotente e divisa. Mentre la diplomazia italiana si spende in un frenetico sforzo di mediazione, nazioni come Spagna e Irlanda spingono per sanzionare Israele per la crisi umanitaria a Gaza, rivelando l'incapacità dell'UE di agire con una voce sola. Nel frattempo, la stabilità dell'intera regione è a rischio. Le rotte commerciali vitali attraverso il Mar Rosso e lo Stretto di Hormuz sono minacciate, costringendo potenze come l'India a preparare piani di emergenza per le proprie forniture energetiche. Un dato nuovo e significativo è il consolidamento di un'inedita "Asia che sta con Teheran". Nazioni a maggioranza musulmana come Pakistan, Indonesia e Malesia hanno espresso una forte solidarietà politica con l'Iran, erodendo la narrativa dell'isolamento di Teheran e complicando i calcoli strategici occidentali. Il riarmo regionale continua, come dimostra l'acquisto di elicotteri americani da parte della Tunisia, in un quadro di generale militarizzazione. 2. Heartland euro-asiatico. Il conflitto in Medio Oriente rappresenta un inaspettato vantaggio strategico per Russia e Cina. Per Mosca, la crisi iraniana è un dono: distoglie l'attenzione e le risorse militari occidentali dall'Ucraina, fa salire i prezzi del petrolio finanziando la macchina da guerra russa e offre a Putin il ruolo di potenziale mediatore. La minaccia diretta del Cremlino alla Germania sulla potenziale fornitura di missili Taurus a Kiev è un esempio lampante della sua strategia di intimidazione per mettere pressione sulla NATO. Per la Cina, un'America impantanata in Medio Oriente è una "manna strategica". Mentre Pechino invoca pubblicamente la pace, continua indisturbata la sua penetrazione geoeconomica, come dimostrano le trattative della compagnia statale COSCO per acquisire quote di porti strategici globali o l'inondazione del mercato brasiliano con i suoi veicoli elettrici. Nel frattempo, l'erosione dell'influenza occidentale ai margini dell'Europa, come dimostra l'allontanamento della Georgia dalle sue aspirazioni euro-atlantiche, segna una vittoria silenziosa ma importante per la strategia russa nel suo "estero vicino". 3. Teatro operativo Boreale-Artico La competizione si è estesa alle fredde acque del Nord. In risposta alla guerra ibrida russa, la NATO ha compiuto un passo significativo creando la "Task Force X" nel Mar Baltico, un'unità navale multi-dominio specializzata nella protezione delle infrastrutture critiche sottomarine (cavi dati, gasdotti), diventate un bersaglio primario. Questa mossa segnala la presa di coscienza che la sicurezza europea si gioca anche sui fondali marini. Parallelamente, la Russia sta consolidando il proprio controllo sulla Zona Artica, rafforzando la sua presenza militare e le sue rivendicazioni sulla Rotta del Mare del Nord, una via commerciale destinata a diventare sempre più strategica con lo scioglimento dei ghiacci. 4. Teatro operativo Australe-Antartico. Mentre i teatri settentrionali sono dominati dalla competizione tra grandi potenze, il Sud globale è caratterizzato da sfide di governance e da nuove fratture ideologiche. In Africa Australe, la difficoltà nel creare architetture di sicurezza marittima efficaci contro pirateria e pesca illegale lascia ampi spazi vulnerabili all'ingerenza di attori esterni. In America Latina, la crisi politica in Argentina e le accuse di spionaggio contro l'ex presidente Bolsonaro in Brasile evidenziano una profonda instabilità istituzionale. Emerge inoltre una "nuova frattura globale" tra l'Occidente e parti del Sud globale, esemplificata dal caso del politico sudafricano Julius Malema, a cui il Regno Unito ha negato il visto. Questi episodi rivelano divisioni profonde su temi come il colonialismo e il conflitto israelo-palestinese, mostrando un mondo diviso non solo da interessi, ma da visioni del mondo sempre più divergenti. 5. Indopacifico. Questo teatro rimane l'arena decisiva della competizione a lungo termine tra Stati Uniti e Cina. La corsa al riarmo è palese. L'Indonesia che acquista fregate italiane in configurazione "full combat", la Turchia che si afferma come esportatore di caccia di quinta generazione vendendoli all'Indonesia, e soprattutto Taiwan che si dota di tecnologia per sciami di droni, sono tutti segnali di una militarizzazione accelerata. L'alleanza AUKUS rimane il perno della strategia occidentale, ma la sua tenuta è messa in discussione dalle incertezze politiche a Washington. La vera partita, però, è tecnologica. La superiorità non è più solo una questione di piattaforme, ma di software. L'integrazione dell'Intelligenza Artificiale nei sistemi d'arma, come testato dalla Svezia sui suoi caccia Gripen, e la digitalizzazione spinta del settore navale, come presentato da Fincantieri, sono i veri "game-changer" che definiranno chi prevarrà in questo scacchiere cruciale. Le conseguenze geopolitiche. Le ricadute geopolitiche di questi eventi stanno ridisegnando la mappa del potere globale. La conseguenza più significativa è il dilemma strategico degli Stati Uniti. La crisi iraniana agisce come una "trappola strategica", costringendo Washington a deviare risorse militari e attenzione politica dal teatro prioritario dell'Indo-Pacifico. Come evidenziato da numerose analisti, questo rappresenta un "vantaggio strategico" per la Cina, che può proseguire la sua ascesa e consolidare la sua influenza economica e militare con minore opposizione. La Russia, pur preoccupata da un'escalation che potrebbe incendiare il suo "estero vicino" nel Caucaso, beneficia della distrazione occidentale dall'Ucraina e dell'aumento dei prezzi del petrolio. Un'altra conseguenza cruciale è la frammentazione degli allineamenti. La guerra ha consolidato una inedita "Asia che sta con Teheran", con nazioni come Pakistan, Indonesia e Malesia che, per una miscela di solidarietà islamica e sentimento anti-occidentale, offrono un sostegno politico che rompe l'isolamento dell'Iran. Ciò segnala l'erosione dell'influenza occidentale e l'emergere di un mondo più multipolare, dove potenze medie perseguono agende autonome. Questo fenomeno è visibile anche in Africa, dove la Russia sta abilmente colmando il vuoto lasciato dall'Occidente, trasformando il Sahel in un proprio avamposto strategico e sfidando l'influenza europea nel suo vicinato meridionale. L'Occidente stesso appare diviso: le pressioni delle lobby pro-Israele come l'AIPAC creano spaccature nel dibattito politico americano, mentre l'Unione Europea fatica a trovare una voce unita, divisa tra il sostegno a Israele e la critica per le sue azioni. Le Conseguenze Strategiche. Sul piano strategico, la conseguenza più evidente è il "risveglio" dell'Europa. Scossa dalla guerra in Ucraina, l'UE sta passando dalla retorica alla pratica dell'"autonomia strategica", accelerando gli investimenti nella propria base industriale della difesa e favorendo soluzioni interne e cooperative. Questo processo di riarmo, tuttavia, si scontra con una crisi più profonda: l'"arsenale della democrazia" occidentale, come lo definiscono alcuni analisti, è in difficoltà. Le catene di approvvigionamento sono fragili e la capacità produttiva fatica a sostenere lo sforzo richiesto dal supporto simultaneo a Ucraina, Israele e Taiwan. Parallelamente, è in atto una rivoluzione qualitativa nella dottrina militare, guidata dalla tecnologia. La guerra del futuro sarà dominata da sistemi senza pilota (droni, velivoli da combattimento collaborativi), intelligenza artificiale per l'analisi dei dati e il supporto decisionale, e una dottrina di "guerra distribuita", che mira a colpire l'avversario da più direzioni con una rete di sensori e armi a basso costo. Questa trasformazione, tuttavia, non è priva di ostacoli, come dimostra la discrasia tra l'offerta industriale di piattaforme senza pilota e la lentezza delle marine militari nell'adottarle su larga scala. Infine, la crisi sta costringendo a un ripensamento del ruolo stesso delle forze armate, come evidenziato dal dibattito sulla futura identità del Corpo dei Marines statunitense, che cerca una nuova missione nell'era della competizione tra grandi potenze. Le Conseguenze Marittime Il dominio marittimo è emerso con rinnovata centralità come arena cruciale della competizione globale. La prima conseguenza diretta delle crisi in Medio Oriente è la minaccia costante ai punti di strangolamento (chokepoints) marittimi. L'instabilità nel Mar Rosso e la potenziale chiusura dello Stretto di Hormuz metterebbero in ginocchio il commercio globale e innescherebbero una crisi energetica ed economica sistemica. In secondo luogo, la guerra ibrida ha svelato la vulnerabilità critica delle infrastrutture sottomarine. I cavi per le telecomunicazioni e i gasdotti che corrono sui fondali marini sono diventati bersagli strategici, il cui sabotaggio può causare danni enormi senza necessariamente scatenare una guerra convenzionale. Ciò ha spinto la NATO a creare task force specializzate, come la "Task Force X" nel Baltico, per la protezione di queste arterie vitali. In terzo luogo, la guerra economica si combatte anche sui mari. La Russia elude le sanzioni grazie a una "flotta ombra" di petroliere che operano al di fuori delle normative, costringendo l'Occidente a sviluppare nuove forme di interdizione economica e legale. Infine, la competizione marittima si manifesta in una vera e propria corsa agli armamenti navali, guidata dalla sfida cinese alla supremazia americana nell'Indo-Pacifico e seguita dalla modernizzazione delle flotte di potenze regionali come l'Indonesia, che si rivolge all'industria italiana per dotarsi di navi da combattimento avanzate. Le Conseguenze per l’Italia. Per l'Italia, le crisi in corso rappresentano sia una minaccia diretta alla propria sicurezza energetica e stabilità regionale, sia un'opportunità per giocare un ruolo diplomatico e strategico più assertivo. La prima conseguenza è un'intensa attività diplomatica, con il governo italiano impegnato a mantenere aperti i canali di dialogo con tutti gli attori mediorientali per promuovere la de-escalation. Questa posizione da mediatore si inserisce in una visione strategica più ampia che vede il Mediterraneo Allargato come area di primario interesse nazionale. In questo contesto, progetti come il "Piano Mattei" per l'Africa assumono una valenza cruciale. Come suggerito da Francesco De Palo su formiche.net, la convergenza tra il Piano Mattei e l'IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor) potrebbe rappresentare una risposta geopolitica proattiva. L'Italia si candiderebbe a diventare un hub energetico e logistico, collegando le risorse africane ai mercati europei e creando un'alternativa strategica alla Via della Seta cinese. Sul fronte industriale, la crisi sta valorizzando l'industria della difesa italiana. Aziende come Fincantieri e Leonardo sono in prima linea nel processo di riarmo europeo, fornendo piattaforme tecnologicamente avanzate (come i PPA o gli addestratori M-345) che rispondono alla nuova domanda di capacità militari moderne, digitalizzate e sostenibili. Conclusioni e possibili sviluppi In conclusione, il mondo è entrato in una fase di disordine globale pericoloso e imprevedibile. La "Terza Guerra Mondiale a pezzi" non è più un'ipotesi remota, ma una descrizione accurata di una realtà definita da conflitti interconnessi, competizione strategica sfrenata e profonde fratture interne all'Occidente. La crisi tra Israele e Iran, in particolare, agisce come detonatore di dinamiche sistemiche che stanno erodendo le fondamenta dell'ordine post-Guerra Fredda, portando la situazione a un punto di non ritorno. In questo scenario di instabilità sistemica, le prossime ore e i prossimi giorni saranno decisivi. L'attenzione si concentra su tre bivi critici che potrebbero saldare le crisi in corso. Il primo è la decisione di Israele: pressato dalla vulnerabilità del suo scudo missilistico e dai costi economici insostenibili della guerra, il governo israeliano potrebbe tentare un'azione militare ancora più drastica per chiudere la partita, innescando una reazione a catena incontrollabile. Intimamente legata a questa scelta è la mossa degli Stati Uniti: la decisione finale dell'amministrazione americana – se cedere alle pressioni per un intervento diretto o mantenere la difficile linea della moderazione – è la variabile chiave che determinerà non solo le sorti del conflitto, ma l'intero equilibrio regionale. Contemporaneamente, sul fronte europeo, la reazione del Cremlino alla crescente assertività occidentale potrebbe manifestarsi con azioni ibride contro le infrastrutture critiche o con un'ulteriore, brutale, intensificazione della guerra in Ucraina. Di fronte a queste sfide esistenziali, la risposta non può essere unicamente militare. È necessario un nuovo paradigma di sicurezza integrata. L'Occidente, e l'Europa in particolare, deve agire su tre livelli simultanei: gestire l'escalation immediata con una combinazione di deterrenza credibile e diplomazia pragmatica; rafforzare la propria resilienza interna ricostruendo la base industriale della difesa e proteggendo le infrastrutture critiche, sia fisiche che digitali; e, soprattutto, formulare una visione strategica proattiva a lungo termine. Iniziative come la convergenza tra Piano Mattei e IMEC rappresentano il giusto approccio: utilizzare l'economia, l'energia e lo sviluppo come strumenti di potere e stabilizzazione per costruire ponti di prosperità dove altri seminano divisione. Navigare il mare tempestoso della politica internazionale odierna richiede una visione olistica, capace di comprendere che il futuro della sicurezza globale si gioca tanto sui campi di battaglia quanto nei laboratori tecnologici e nei corridoi economici, in una corsa contro il tempo per trovare un nuovo, seppur fragile, equilibrio prima che il mondo scivoli definitivamente nel caos senza ritorno.
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