I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, Inside Over, Analisi difesa, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo Introduzione
QUESTA ANALISI È STATA PREPARATA IN COLLABORAZIONE CON CESMAR.IT Anatomia di una crisi globale tra conflitti aperti e sovranità riconquistate Il contesto internazionale al 21 giugno 2025 è definito dall'escalation del confronto tra Israele e Iran, che il giorno precedente è transitato dalla condizione di "guerra ombra" a quella di conflitto convenzionale. Tale evento agisce da catalizzatore per le dinamiche di più lungo periodo, consolidando la transizione del sistema globale dalla fase di "policrisi" a un'era caratterizzata da confronto aperto, frammentazione strategica e contrazione geoeconomica. L'evento scatenante è stata l'escalation dell'"Operazione Rising Lion", una campagna militare israeliana su vasta scala che ha segnato un drammatico cambio di paradigma: non più la non-proliferazione, ma un vero e proprio cambio di dottrina volto a eliminare la Repubblica Islamica come minaccia esistenziale. Tuttavia, questo conflitto non è un evento isolato, ma il catalizzatore che ha accelerato tendenze latenti, svelando le vulnerabilità di un sistema globale già fragile. Il mondo ha smesso di essere un villaggio globale per trasformarsi in un arcipelago di potenze in competizione, separate da faglie geopolitiche, economiche e ideologiche sempre più profonde. La recente escalation, che ha posto l'Iran in una posizione di scacco matto strategico, ha messo a nudo tre dinamiche interconnesse che definiscono questa nuova, pericolosa realtà e che verranno analizzate in questo documento: 1. Il conflitto israelo-iraniano, come epicentro di una destabilizzazione a cascata. 2. La ricalibrazione forzata dell'Europa, verso una sovranità strategica e industriale non più procrastinabile. 3. La guerra silenziosa combattuta lungo le catene globali del valore, dove il controllo delle risorse è diventato l'arma definitiva. L’analisi che segue, che trae spunto da un compendio di osservazioni prese dalle fonti aperte, intende offrire una sintesi chiara e organica di come questi elementi si intreccino, ridefinendo gli equilibri di potere e ponendo l'Italia e l'Europa di fronte a scelte importanti. I fatti. Analisi dei Teatri Operativi • Mediterraneo Allargato. Questo vasto teatro rappresenta l’epicentro della crisi attuale. Il conflitto israelo-iraniano si è rapidamente esteso ai principali choke-point marittimi: nel Mar Rosso, l’Operazione Aspìdes a guida europea (con comando tattico italiano) ha intensificato le attività di pattugliamento contro gli attacchi Houthi, mentre nello Stretto di Hormuz si è registrata una crescita degli episodi di jamming GPS, una tattica di guerra elettronica iraniana che ha già provocato collisioni e fatto impennare i costi assicurativi del trasporto marittimo. La risposta strategica europea si è tradotta in una ricalibrazione forzata verso una maggiore autonomia. La NATO ha rafforzato la propria postura di difesa missilistica con cinque cacciatorpediniere Aegis schierati a Rota (Spagna), creando così uno scudo sia contro la Russia sia contro l’Iran. Sul piano industriale, Italia e Francia hanno evidenziato una crescente capacità di proiezione di potenza grazie alla loro integrazione anche e soprattutto operativa. Tuttavia, il fronte europeo è apparso diviso: la Francia ha tentato una mediazione impossibile, la Germania ha espresso un controverso sostegno a Israele e l’Italia si è concentrata sull’evacuazione dei connazionali. Anche le faglie secondarie si sono riattivate: tensioni tra Turchia e Grecia nel Mediterraneo Orientale per la ricerca energetica e una esercitazione NATO in Kosovo per contenere l’instabilità balcanica. • Heartland Euro-asiatico. Il conflitto in Medio Oriente ha evidenziato i limiti dell’asse sino-russo. La Russia, impantanata in una brutale guerra di logoramento in Ucraina e sottoposta a nuove sanzioni sulla sua “flotta ombra”, ha dimostrato l’incapacità di sostenere concretamente l’alleato iraniano, limitandosi a moniti verbali. Mosca ha tuttavia proseguito la sua strategia di intimidazione verso l’Europa, confermando il dispiegamento di missili ipersonici a Kaliningrad. La Cina ha mostrato una profonda esitazione strategica: intrappolata tra la retorica anti-occidentale e i pragmatici interessi economici con le monarchie del Golfo, Pechino si è rivelata incapace di agire da stabilizzatore, scegliendo una neutralità di facciata. Sul fronte geoeconomico, la posizione dominante cinese è stata usata come leva: la restrizione delle esportazioni di terre rare ha messo in crisi l’industria automobilistica indiana, dimostrando come Pechino impieghi le catene di approvvigionamento per colpire i rivali regionali. • Teatro operativo Boreale-Artico. Questo teatro è divenuto il laboratorio della ricalibrazione strategica occidentale. Di fronte all’incertezza sulla politica americana e alla minaccia russa, le potenze europee hanno accelerato la corsa verso la sovranità tecnologica e industriale. L’evento più significativo della giornata è stato l’annuncio del successo del primo volo del “Guardian”, un drone collaborativo (loyal wingman) sviluppato da un consorzio europeo. In parallelo, la formalizzazione della joint-venture GCAP (Regno Unito, Italia, Giappone) per il caccia di sesta generazione ha segnato la volontà di emanciparsi dalla dipendenza tecnologica americana nel settore della difesa. Questa spinta è stata accompagnata da profonde divisioni politiche, con un dibattito irrisolto in seno alla NATO sul futuro allargamento all’Ucraina, tema che preannuncia un vertice teso all’Aia. Sul fronte energetico, l’adesione dell’Italia all’alleanza europea per i reattori nucleari SMR e le nuove, severe regole britanniche per le trivellazioni nel Mare del Nord segnalano la ricerca di autonomia strategica anche in questo campo. 2 • Teatro operativo Australe-Antartico. Sebbene lontano dai principali focolai di crisi, questo teatro ha dimostrato come la competizione globale si estenda capillarmente. La giornata è stata segnata dalla scoperta in Argentina di una rete di spionaggio russa dedita alla disinformazione, chiaro esempio di guerra ibrida volta a minare l’influenza occidentale. In America Latina, le pressioni dell’amministrazione Trump sul Messico per questioni di narcotraffico hanno confermato un approccio interventista. In Africa meridionale, il fenomeno della “biopirateria” ha evidenziato come la competizione per le risorse si estenda anche al dominio biologico e delle conoscenze tradizionali, una forma di neocolonialismo geoeconomico. • Indopacifico. La competizione tra Stati Uniti e Cina si è manifestata attraverso una “danza pericolosa” a bassa intensità. Una fregata britannica ha condotto un’operazione di libertà di navigazione (FONOP) nello Stretto di Taiwan, suscitando l’immediata protesta di Pechino. La Cina, dal canto suo, ha testato le proprie tattiche di “guerra grigia”, dispiegando sciami di droni di sorveglianza attorno a installazioni offshore delle Filippine nel Mar Cinese Meridionale. La risposta americana e dei suoi alleati (Giappone, Australia) si è focalizzata sul mantenimento del vantaggio tecnologico, con esercitazioni navali che integravano piattaforme senza pilota e intelligenza artificiale. La regione è anche teatro di tensioni secondarie, come dimostrato da uno scontro a fuoco al confine tra Cambogia e Thailandia. Conseguenze geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questa guerra si propagano a cerchi concentrici, ridisegnando la mappa del potere globale. Il conflitto agisce innanzitutto come una "trappola strategica" per gli Stati Uniti. Diverse analisi suggeriscono che Israele, consapevole di non poter forse distruggere da solo gli impianti nucleari più fortificati come quello di Fordow, stia deliberatamente creando le condizioni per un intervento diretto americano. Legando la propria sicurezza a un'azione di Washington, Israele si assicura che il peso principale di una guerra regionale allargata ricada sulle spalle dell'alleato, consolidando la propria posizione a lungo termine. Per l'amministrazione Trump, cadere in questa trappola significherebbe essere trascinati in un pantano dagli esiti imprevedibili, che serve più l'agenda di un alleato che non gli interessi nazionali americani. Contemporaneamente, la crisi ha brutalmente esposto i limiti strategici delle potenze rivali, Cina e Russia. Pechino, pur essendo il principale partner energetico dell'Iran, ha mostrato una "limitata flessibilità strategica", restando intrappolata tra la sua retorica anti-occidentale e la necessità pragmatica di non compromettere le vitali relazioni economiche con le monarchie del Golfo e Israele. Mosca, impantanata in Ucraina e strategicamente sovraesposta, si limita a un impotente monito verbale, incapace di offrire un supporto concreto al suo alleato. L'asse delle "autocrazie" si rivela così più tattico e opportunistico che fondato su una reale fiducia reciproca, lasciando l'Iran in una condizione di drammatico isolamento. Infine, la guerra crea un pericoloso vuoto di potere in Siria e Iraq, offrendo a milizie terroristiche sunnite come lo Stato Islamico l'opportunità di riattivare le proprie cellule e sfruttare la destabilizzazione generale per tornare a essere una minaccia concreta. Conseguenze strategiche Sul piano strategico, il conflitto ha cristallizzato una realtà inequivocabile: l'Iran si trova in una posizione di "scacco matto", a corto di opzioni valide e costretto a subire un'escalation che non può sostenere. L'asimmetria tecnologica è schiacciante. Mentre l'Iran si affida a un arsenale di generazione precedente, Israele e gli Stati Uniti dispongono di capacità militari, cibernetiche e di intelligence di un'altra categoria, capaci di colpire in profondità con rischi minimi. 3 Questa crisi, tuttavia, riverbera i suoi effetti anche all'interno del blocco occidentale, mettendo a nudo le fratture di un'alleanza come la NATO, che si appresta a un vertice cruciale a L'Aia. Le analisi prefigurano un incontro dominato da visioni "apparentemente inconciliabili", dove la retorica dell'unità maschera profonde divisioni. L'iniziativa dell'amministrazione Trump di presentare un piano di pace per l'Ucraina, mirato a chiudere rapidamente il fronte europeo per concentrarsi sulla Cina, si scontra con la riluttanza di molti alleati, che temono un accordo che premi l'aggressione russa. Emerge così un paradosso strategico: l'Occidente, mentre condanna l'aggressione iraniana, fatica a trovare una linea comune per porre fine a quella in Ucraina, rivelando una profonda spaccatura transatlantica sulle priorità e sui metodi. Questa incertezza e la percezione di un'America sempre più inaffidabile sono il motore principale che spinge l'Europa verso una ricalibrazione strategica non più differibile. Conseguenze marittime Le conseguenze marittime della guerra sono l'indicatore più immediato e tangibile della contrazione geoeconomica globale. I mari e gli oceani sono tornati a essere l'arena primaria della competizione, dove la sicurezza delle rotte commerciali è diventata un asset strategico fondamentale. L'impatto del conflitto israelo-iraniano è stato devastante. I costi di trasporto marittimo (freight rates) delle merci da Shanghai al Golfo Persico sono schizzati verso l'alto, registrando aumenti superiori al 50% a causa dei proibitivi rischi assicurativi. La decisione della compagnia leader Maersk di sospendere tutti gli scali al porto israeliano di Haifa è un segnale potentissimo dell'insicurezza che pervade il Mediterraneo Orientale. Nello Stretto di Hormuz, la situazione è ancora più tesa, con un'impennata di incidenti di jamming e spoofing del segnale GPS lungo la costa iraniana, una tattica di guerra elettronica asimmetrica che ha già causato collisioni e che aumenta esponenzialmente i rischi per la sicurezza della navigazione globale. Questa crisi si inserisce in un contesto più ampio di militarizzazione dei mari. Le operazioni di libertà di navigazione (FONOP) nello Stretto di Taiwan, la lotta alla "flotta ombra" russa e la risposta internazionale agli attacchi Houthi nel Mar Rosso, guidata dall'Operazione Aspides a comando europeo, dimostrano come il dominio marittimo sia diventato il campo di battaglia decisivo per proiettare influenza, garantire la sicurezza economica e sfidare l'ordine esistente. Conseguenze per l’Italia In questo scenario di caos globale, le conseguenze per l'Italia e per l'Europa sono profonde e costringono a un brusco risveglio dal torpore strategico post-Guerra Fredda. Di fronte all'incendio alle proprie porte e alla crescente inaffidabilità dell'alleato americano, il continente è obbligato a intraprendere un percorso verso una sovranità strategica reale. Una data simbolo di questa ricalibrazione è il 20 giugno 2025, che ha visto passi concreti in questa direzione. Il più significativo è la costituzione ufficiale di Edgewing, la joint-venture tra la britannica BAE Systems, l'italiana Leonardo e un consorzio giapponese, per lo sviluppo del caccia di sesta generazione GCAP. Questo non è solo un progetto industriale, ma un atto politico di enorme portata che segnala la volontà di garantirsi la sovranità tecnologica nel settore più avanzato della difesa, emancipandosi dalla dipendenza americana. Parallelamente, l'Italia sta ricalibrando la sua strategia energetica con l'adesione ufficiale all'Alleanza europea per i piccoli reattori modulari (SMR), un "cambio di paradigma" che vede il ritorno del nucleare come pilastro strategico per la sicurezza e l'autonomia. Questa spinta si manifesta anche nel ruolo attivo che l'Italia sta assumendo nel "Mediterraneo Allargato", come dimostra il comando tattico dell'Operazione Aspìdes e la conduzione di esercitazioni complesse come "Mare Aperto", che testano la capacità di proiettare potenza e garantire stabilità in un'area vitale per gli interessi nazionali. Questo percorso è sancito anche a livello istituzionale, con la presentazione di un "Rapporto per una strategia di sicurezza nazionale", che testimonia una nuova consapevolezza della necessità di un approccio olistico e proattivo alla difesa del Paese in un mondo irriconoscibile. 4 Conclusioni e Possibili Sviluppi Il mondo del 21 giugno 2025 si presenta come un sistema internazionale in contrazione, dove la logica della forza ha soppiantato quella del diritto e della cooperazione. La guerra tra Israele e Iran non è stata un evento isolato, ma il detonatore che ha fatto esplodere le contraddizioni di un ordine globale già fragile, svelando la cruda realtà della competizione tra grandi potenze e l'impotenza delle istituzioni multilaterali. Questa nuova realtà ha trasformato l'economia globale da motore di cooperazione ad arena di conflitto, dove il controllo di un microchip, di una rotta marittima o di una fonte energetica è diventato cruciale quanto il controllo di un territorio. In questo contesto, il futuro immediato sarà catalizzato da tre sviluppi critici che richiederanno la massima attenzione: 1. L'escalation in Medio Oriente. Il destino della regione è appeso all'ultimatum di due settimane concesso dall'amministrazione Trump. Le prossime mosse di Washington (interverrà direttamente per colpire gli obiettivi più protetti?), di Israele (proseguirà la campagna fino al potenziale collasso del regime iraniano?) e dell'Iran (giocherà la disperata e suicida "carta Hormuz"?) determineranno se il conflitto si allargherà a una catastrofe regionale dalle conseguenze imprevedibili. 2. Il Vertice NATO dell'Aia. L'incontro sarà la cartina di tornasole delle profonde fratture occidentali. Il dibattito sulla futura adesione dell'Ucraina e, soprattutto, la reazione europea a un eventuale piano di pace americano definiranno il futuro della coesione transatlantica. Il rischio è che il vertice evidenzi le divisioni anziché rafforzare l'alleanza. 3. La Guerra delle Catene di Approvvigionamento. La crisi delle terre rare tra Cina e India è solo un'anteprima. È altamente probabile assistere a nuove, mirate interruzioni delle forniture di materie prime critiche e semiconduttori, utilizzati sempre più come leva di potere per colpire le economie rivali. Si prospetta un'ulteriore e accelerata "balcanizzazione" dell'economia globale. Di fronte a questo scenario, l'Europa è stata costretta a guardare in faccia i propri demoni e a intraprendere un difficile cammino verso una sovranità non più teorica, ma operativa. Per l'Italia e per l'Europa, la sfida non è più gestire una pace data per scontata, ma navigare con lucidità e realismo in questo nuovo "arcipelago di conflitti". L'unica via percorribile è quella di un approccio proattivo: accelerare gli investimenti oculati e ben misurati in difesa e tecnologia attraverso collaborazioni strategiche come il GCAP, consolidare un ruolo da protagonista per la sicurezza del Mediterraneo Allargato e sviluppare una resilienza nazionale a 360 gradi. Il futuro che si delinea non è quello di un ordine multipolare equilibrato, ma di un confronto caotico e permanente. L'imperativo è, quindi, costruire attivamente isole di stabilità, prosperità e sovranità in un oceano di caos. Inviato da Outlook per iOS
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