I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo L'Occidente al bivio. Crisi strategica e nascita di un ordine multipolareQuesta analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte. Introduzione
L'analisi del panorama internazionale a metà del 2025, come emerge da una serie di articoli di varie testate on line, restituisce l'immagine di un ordine mondiale in profonda e accelerata transizione. Le fondamenta del sistema liberale a guida occidentale appaiono erose da una crisi sistemica che ne mina la credibilità istituzionale, la coesione delle alleanze storiche e la lucidità strategica. Due eventi emblematici, verificatisi quasi in contemporanea, cristallizzano questa dinamica: un attacco militare statunitense contro l'Iran, seguito da una fragile tregua, e un vertice NATO all'Aja che, lungi dal sancire una rinnovata unità, ha esposto le fratture interne e la subordinazione europea a un'agenda americana transazionale e imprevedibile. Questi avvenimenti non sono incidenti isolati, ma sintomi di un riallineamento globale, dove la debolezza strategica dell'Occidente fa da contraltare all'ascesa pragmatica di un mondo multipolare. La presente sintesi, basandosi sull'elaborazione dei testi forniti, intende analizzare i fatti principali, esplorarne le conseguenze geopolitiche, strategiche e marittime, valutarne l'impatto specifico per l'Italia e, infine, formulare raccomandazioni per navigare la complessità di questo nuovo scenario. Evento clou della giornata L'evento catalizzatore è rappresentato dal vertice NATO dell'Aja del 25 giugno 2025 che dai media mondiali viene descritto come la fotografia di una profonda crisi esistenziale per l'Alleanza. Orchestrato principalmente per placare il presidente americano Donald Trump, l'incontro ha evidenziato la subordinazione strategica dell'Europa, culminata nell'impegno ad aumentare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2035. Questa decisione è però considerata un "bluff" economicamente insostenibile per i partner europei, che richiederebbe drastici tagli al welfare. Anche la sua logica strategica, basata su una presunta minaccia russa, appare fallace. Il vertice ha inoltre sancito il fallimento della proiezione globale della NATO: i leader dei principali partner dell'Indo-Pacifico (Giappone, Corea del Sud, Australia) hanno disertato l'appuntamento, frustrati dalla politica transazionale di Washington. Questa assenza coordinata dimostra la perdita di credibilità e attrattiva di un'alleanza prigioniera delle sue contraddizioni, sempre più ripiegata su sé stessa e incapace di formulare una visione comune per un mondo multipolare. I fatti Il quadro fattuale descritto dalle fonti si articola attorno a due epicentri di crisi interconnessi: il Medio Oriente e l'Europa. Il primo evento catalizzatore è l'operazione militare "Midnight Hammer", un attacco aereo condotto dagli Stati Uniti contro i siti nucleari iraniani. Sebbene l'amministrazione americana ne abbia rivendicato il successo, le valutazioni dell'intelligence indicano un risultato modesto, con un ritardo inflitto al programma di Teheran di soli pochi mesi. A questa escalation è seguita una tregua inaspettata tra Israele e Iran, orchestrata dal presidente Donald Trump. Contemporaneamente, si è svolto all'Aja un vertice NATO deliberatamente accorciato a meno di 24 ore. L'esito principale è stato l'impegno formale degli alleati ad aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035. Le cronache del vertice riportano un clima di sottomissione europea, simboleggiato da un messaggio del Segretario Generale Mark Rutte a Trump, e una significativa assenza: i leader dei principali partner dell'Indo-Pacifico—Giappone, Corea del Sud e Australia—hanno disertato l'incontro, inviando delegati di rango inferiore. Mentre l'Occidente era impegnato in queste dinamiche, il Forum Economico di San Pietroburgo (SPIEF) ha visto il presidente russo Vladimir Putin articolare una visione per un ordine multipolare alternativo, presentandosi come leader di una rivolta del "Sud Globale". A questo si aggiunge la profonda polarizzazione interna agli Stati Uniti, esemplificata dalla vittoria di un candidato socialista alle primarie di New York e da una latente crisi costituzionale nei riguardi del Presidente. Sintesi per Teatro Operativo Mediterraneo Allargato. Questo teatro è l'epicentro della crisi globale. Vicino Oriente e Golfo Persico. La tregua tra Israele e Iran, imposta da Trump, è l'evento dominante. Pur avendo evitato una guerra, ha evidenziato il fallimento strategico dell'attacco USA all'Iran, creando le premesse per una futura proliferazione nucleare. Per il premier israeliano Netanyahu, l'attacco rappresenta un'opportunità per ridefinire la sua eredità, offuscata dalla gestione della guerra a Gaza. Europa Meridionale e Mar Nero. Il vertice NATO dell'Aja si è rivelato un "bluff monumentale". L'impegno per il 5% del PIL in difesa è visto come insostenibile, con la Spagna che ha già annunciato il suo dissenso. Le parole del ministro italiano Crosetto, che ha messo in dubbio la "ragione d'esistere" della NATO nella sua forma attuale, e l'adulazione del Segretario Generale Rutte verso Trump, dipingono il quadro di un'alleanza in crisi esistenziale e in condizione di vassallaggio. L'UE, fratturata al suo interno, non riesce a formulare una politica unitaria. Mar Rosso e Corno d’Africa La minaccia jihadista persiste, come dimostra il rapimento di 120 bambini da parte di gruppi legati all'ISIS in Mozambico, destabilizzando aree cruciali per le risorse energetiche. Pakistan. Dimostra notevole agilità diplomatica, mantenendo una partnership di sicurezza con gli USA mentre approfondisce i legami strategici con la Cina, incarnando la navigazione pragmatica delle potenze medie nel nuovo disordine mondiale. Heartland euro-asiatico. Questo teatro vede l'avanzata di un ordine alternativo. Russia. Mosca capitalizza sul caos globale. Mentre l'Occidente è distratto dal Medio Oriente, la Russia riattiva i suoi asset energetici sanzionati nell'Artico per sfruttare i prezzi elevati del GNL. Il Forum di San Pietroburgo (SPIEF) ha consolidato la narrativa di Putin di una Russia leader di una rivolta del Sud Globale contro un ordine "neocoloniale", promuovendo la de-dollarizzazione e i BRICS come alternativa istituzionale. Cina. Pechino agisce con pragmatismo, beneficiando della decisione di Trump di permetterle di acquistare petrolio iraniano. Questa mossa, probabilmente una pedina di scambio in vista di accordi commerciali, rafforza la posizione cinese senza un coinvolgimento diretto nel conflitto. Teatro operativo Boreale-Artico. L'Artico si conferma un'arena di competizione strategica ed economica. La mossa russa di inviare una metaniera sanzionata verso i suoi impianti di esportazione è la prova più evidente. Con lo scioglimento dei ghiacci e l'aumento delle tensioni geopolitiche, questa rotta diventa sempre più cruciale e contesa, sia per le risorse energetiche che per le rotte commerciali alternative. Stati Uniti. La crisi di leadership globale dell'Occidente è un riflesso della sua crisi interna. La vittoria del socialista Zohran Mamdani alle primarie di New York segnala una profonda frattura nel Partito Democratico e un'insoddisfazione crescente verso l'establishment. La società americana appare polarizzata e il suo sistema di pesi e contrappesi costituzionali è messo a dura prova dal potere bellico quasi monarchico rivendicato dal Presidente. Teatro operativo Australe-Antartico. Questo teatro, pur essendo periferico rispetto alle crisi principali, mostra segnali di cambiamento e instabilità. America Latina. La stabilità del Costa Rica, un'eccezione nella regione, è minacciata dalla crisi politica che coinvolge il presidente Chaves, accusato di finanziamento illecito. Africa Meridionale. Le violente proteste in Kenya contro le politiche fiscali e la minaccia terroristica in Mozambico evidenziano una persistente instabilità sociale e di sicurezza. Parallelamente, iniziative come il sistema di pagamenti panafricano PAPSS indicano una spinta concreta verso una maggiore sovranità economica e finanziaria. Australia. La decisione di snobbare il vertice NATO segnala un allontanamento dalla proiezione globale dell'Alleanza e un focus più regionale. Sul fronte economico, gli allevatori di ovini beneficiano di prezzi record, spinti dalla domanda globale. Indopacifico. L'Indopacifico è un teatro di ricalibrazione strategica e crescente scetticismo verso la leadership americana. Asia Orientale. La diserzione coordinata di Giappone e Corea del Sud dal vertice NATO è un segnale inequivocabile della loro frustrazione verso la politica transazionale e imprevedibile di Trump. Seul, in particolare, cerca di riaprire canali con Pechino. La memoria del 75° anniversario della Guerra di Corea funge da monito sulla perenne instabilità della penisola. Asia Sud-orientale. La marcia indietro della Thailandia sulla legalizzazione della cannabis dimostra la volatilità delle politiche interne e il loro impatto su settori economici emergenti. Tensioni evidenti con chiusura del confine tra Thailandia e Cambogia. Conseguenze geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono profonde e delineano una rapida erosione dell'influenza occidentale. La crisi della NATO è forse l'indicatore più evidente. L'impegno per il 5% di spesa militare è percepito più come un "bluff" per placare Washington che come una strategia sostenibile, mentre il plateale snobismo dei partner dell'Indo-Pacifico segna il fallimento della pretesa dell'Alleanza di proiettarsi come attore globale. La frustrazione di Tokyo per le pressioni americane, la volontà di Seul di dialogare con Pechino e i dubbi di Canberra su AUKUS dimostrano che l'abbraccio americano è visto sempre più come transazionale e inaffidabile. Questo vuoto di leadership occidentale viene pragmaticamente riempito da altri attori. La Russia, attraverso la sua narrazione "anti-coloniale" e la promozione di piattaforme alternative come i BRICS, consolida il suo ruolo di punto di riferimento per il Sud Globale. La sua strategia non è solo ideologica, ma si fonda su offerte concrete di cooperazione energetica e militare senza le condizionalità politiche occidentali. Altri Paesi, come il Pakistan, dimostrano un'eccezionale agilità nel bilanciare le relazioni con Stati Uniti e Cina, mentre l'Africa muove passi concreti verso la sovranità finanziaria con sistemi di pagamento come il PAPSS. L'intero sistema internazionale si sta riorganizzando attorno a poli di potere alternativi, meno dipendenti e meno controllabili da un Occidente percepito come diviso, auto-referenziale e in preda a crisi interne che ne minano la credibilità globale. Conseguenze strategiche Dal punto di vista strategico, le implicazioni sono ancora più allarmanti. L'attacco all'Iran, pur avendo evitato una guerra su larga scala nel breve termine, ha inferto un colpo potenzialmente letale al regime di non proliferazione nucleare. La lezione che il mondo sembra aver appreso è che la rinuncia ai programmi atomici (come fecero Iraq e Libia) espone a invasioni, mentre il possesso di armi nucleari (come nel caso della Corea del Nord) funge da garanzia di sopravvivenza. Di conseguenza, non solo l'Iran potrebbe accelerare verso la bomba, ma anche alleati storici degli Stati Uniti, come Polonia e Corea del Sud, stanno apertamente considerando di sviluppare i propri arsenali, non fidandosi più dell'ombrello protettivo americano. Si profila un mondo con più potenze nucleari e meno regole, intrinsecamente più instabile. La strategia della NATO appare altrettanto miope. L'obiettivo del 5% del PIL, oltre a essere economicamente insostenibile, si basa su un presupposto strategico fallace: quello di una minaccia russa da contenere con un riarmo convenzionale, quando la realtà sul campo in Ucraina dimostra la resilienza di Mosca. Come evidenziato dalle dichiarazioni del Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, che ha messo in discussione la "ragione di esistere" dell'Alleanza, la NATO sembra un'organizzazione ancorata alla Guerra Fredda, incapace di comprendere un mondo multipolare e condannata a trasformarsi in un mero "cartello industriale" al servizio dei complessi militari. Conseguenze marittime Le ripercussioni sul dominio marittimo, vitale per l'economia globale, sono state immediate e tangibili. La crisi tra Stati Uniti e Iran ha provocato un crollo temporaneo del traffico marittimo attraverso lo Stretto di Hormuz, uno dei choke point più critici del pianeta. Questa paralisi, anche se breve, ha dimostrato l'estrema vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali a fronte di tensioni geopolitiche. L'aumento del rischio percepito si è tradotto in un'impennata dei premi assicurativi e dei costi di nolo, in particolare per il trasporto di Gas Naturale Liquefatto (GNL), con tariffe che hanno raggiunto i massimi degli ultimi otto mesi. Questo caos ha creato un'opportunità strategica per la Russia. Proprio mentre l'attenzione era concentrata sul Golfo Persico, Mosca ha riattivato la sua "flotta ombra" di metaniere sanzionate, inviandole verso gli impianti di esportazione nell'Artico per capitalizzare sui prezzi elevati e offrire un'alternativa energetica all'Europa, minando al contempo l'efficacia del regime sanzionatorio. La crisi in un teatro operativo ha così generato un vantaggio per un avversario strategico in un altro. Il naufragio della bisarca Morning Midas nel Pacifico, sebbene non collegato al conflitto, funge da crudo promemoria della fragilità intrinseca di un sistema logistico globale già sotto forte stress. Conseguenze per l’Italia Per l'Italia, le conseguenze di questo scenario sono dirette e preoccupanti. La decisione assunta al vertice NATO di puntare a una spesa militare del 5% del PIL rappresenta una sfida economica e sociale di proporzioni enormi. Le fonti citano una stima di circa 400 miliardi di euro da trovare in dieci anni, una cifra che per un'economia come quella italiana significherebbe un "salasso" insostenibile, capace di innescare una scelta drammatica tra difesa e stato sociale (welfare, sanità, istruzione). Questo impegno rischia di generare profonde tensioni politiche e sociali interne. La posizione critica espressa dal Ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha messo in dubbio la stessa finalità della NATO nella sua forma attuale, non è una semplice boutade, ma il segnale di un profondo malessere e scetticismo all'interno delle più alte istituzioni italiane. L'Italia si trova in una posizione scomoda: pressata da un alleato americano a sostenere costi esorbitanti per una strategia percepita come fallace, mentre la sua sicurezza è minacciata più direttamente dall'instabilità nel suo vicinato, il Mediterraneo Allargato. Il declino di una leadership occidentale coerente e la frammentazione dell'Europa lasciano l'Italia più esposta alle crisi che si dipanano lungo il suo fianco sud, dal Nord Africa al Medio Oriente, rendendo la ricerca di un'autonoma bussola strategica non più un'opzione, ma una necessità. Conclusioni In conclusione, il quadro che emerge a metà 2025 è quello di un profondo disallineamento tra la percezione che l'Occidente ha di sé e la realtà di un mondo multipolare. Le azioni intraprese, dall'attacco all'Iran al vertice NATO, appaiono come reazioni tattiche e impulsive a problemi strategici, che finiscono per aggravare le crisi anziché risolverle. La subordinazione europea a un'agenda americana transazionale, la perdita di credibilità presso gli alleati chiave e l'incapacità di formulare una visione del futuro credibile stanno accelerando un declino che appare sempre più autoinflitto. Mentre l'Occidente è prigioniero delle sue divisioni interne e di narrazioni obsolete, attori come la Russia e una galassia di potenze del Sud Globale stanno costruendo, con pragmatismo, un ordine alternativo basato su interessi concreti. Di fronte a questo scenario, l'inazione non è un'opzione. Per l'Europa, e in particolare per l'Italia, è imperativo avviare una profonda riflessione strategica. In primo luogo, è necessario superare la logica del mero "placare" l'alleato americano e sviluppare una visione autonoma degli interessi europei. Ciò significa riconoscere la realtà di un mondo multipolare e impegnarsi con tutti gli attori in modo pragmatico, abbandonando le lenti della Guerra Fredda. In secondo luogo, l'Italia, in virtù della sua posizione geografica e della sua tradizione diplomatica, dovrebbe farsi promotrice di una nuova architettura di sicurezza per il Mediterraneo Allargato, un'area di interesse primario troppo spesso trascurata dalle priorità strategiche della NATO. Le parole del Ministro Crosetto dovrebbero essere il punto di partenza per un dibattito nazionale e poi europeo su quale debba essere il ruolo dell'Alleanza, spingendo per un approccio più equilibrato che non sacrifichi la stabilità del vicinato e la coesione sociale interna sull'altare di obiettivi di spesa irrealistici. La vera sfida per l'Occidente non è contenere l'ascesa degli altri, ma ritrovare una propria coerenza e visione, per evitare di scivolare verso un'irrilevanza che non è più un'ipotesi remota, ma una traiettoria manifesta. Temi da monitorare nei prossimi giorni:
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