I contributi sono diretta responsabilità della redazione di OHiMAG e ne rispecchiano le idee. La riproduzione, totale o parziale, è autorizzata a condizione di citare la fonte. Le informazioni qui riportate sono frutto di lettura e analisi delle seguenti fonti: Cesmar "Sintesi di Geopolitica e Geoeconomia (del giorno)"; Notizie riportate dai principali siti che si occupano di politica internazionale, geopolitica e strategia marittima (ISPI, Foreign Affairs, Inside Over, Analisi Difesa, Limes, Le Grand Continent, Atlantic Council, Chatham House, IISS, CSIS, The National Interest, War o the rocks, Responsible Statecraft, IAI, IARI, CIMSEC, Formiche.net, GCaptain, The global eye, Center for maritime strategy, Naval News, Shipmag, Navylookout, Navytimes, Rand, il Sussidiario, GeopoliticaInfo, Starmag) e dalle principali agenzie di stampa internazionali (Associated Press, Reuters, AFP, ANSA, DPA, TASS, Xinhua, etc.) relative al giorno precedente quello indicato nel titolo L’alba di una competizione frammentata Questa analisi è stata preparata in collaborazione con cesmar.it La sintesi non rappresenta un'analisi originale, ma una riorganizzazione strutturata delle informazioni raccolte basata sulla expertise dei nostri studiosi che ne hanno poi estrapolato le conseguenze nei campi geopolitico, strategico, marittimo e legato all’Italia. Introduzione
Il panorama internazionale sta attraversando una fase di profonda e accelerata riconfigurazione, che segna la definitiva archiviazione dell'ordine post-Guerra Fredda e l'alba di un'era di competizione strategica frammentata e pervasiva. Il motore primario di questa trasformazione è il riorientamento degli Stati Uniti, sempre più focalizzati sulla sfida sistemica con la Cina. Questa scelta strategica, esemplificata dal potenziale blocco degli aiuti all'Ucraina, genera onde d'urto globali e agisce da catalizzatore, costringendo gli alleati europei a una drastica revisione delle proprie posture di difesa e a perseguire una difficile autonomia. Contestualmente, il relativo disimpegno americano crea vuoti di potere che attori regionali sempre più assertivi – dalla Turchia in Eurasia all'India nel Mediterraneo, fino alle potenze del Golfo e al Brasile – si affrettano a colmare. Questi stati perseguono agende nazionali e politiche estere multivettoriali che superano le logiche di blocco e ridisegnano le mappe del potere globale. La competizione che ne deriva trascende il dominio militare per estendersi a quello geo-economico, con la battaglia per il controllo delle infrastrutture, a quello tecnologico, marittimo e cognitivo. L'analisi che segue mappa queste complesse e interconnesse dinamiche attraverso i principali teatri operativi del mondo. I fatti del giorno HEARTLAND EURASIATICO L'Heartland, che si estende dall'Europa orientale al cuore dell'Asia Centrale, è l'epicentro della frattura strategica. La guerra in Ucraina funge da catalizzatore, mentre l'influenza storica della Russia viene sfidata da nuovi attori e da una crescente autonomia dei paesi della regione.
MEDITERRANEO ALLARGATO Quest'area, che va dai Balcani al Medio Oriente e al Nord Africa, è caratterizzata da una fluidità senza precedenti. Gli attori regionali stanno colmando i vuoti lasciati dalle grandi potenze, ridefinendo alleanze e perseguendo agende geo-economiche autonome.
INDO-PACIFICO L'Indo-Pacifico è l'arena principale della competizione tra Stati Uniti e Cina. Le nazioni della regione cercano di navigare questa rivalità, bilanciando legami economici e di sicurezza per massimizzare la propria autonomia.
LE AMERICHE Anche l'emisfero occidentale è toccato dalle dinamiche della competizione globale, con la Russia che cerca di espandere la sua influenza e le nazioni latinoamericane che perseguono politiche estere sempre più autonome.
SFIDE STRATEGICHE E GEOPOLITICHE GLOBALI Alcune dinamiche trascendono i singoli teatri, definendo la natura stessa della competizione globale contemporanea.
DIMENSIONE MARITTIMA E INDUSTRIA DELLA DIFESA Il controllo dei mari e la superiorità tecnologica nel settore della difesa sono tornati a essere fattori decisivi nella competizione globale.
PROSPETTIVA PER L'ITALIA L'Italia si muove in questo scenario complesso cercando di tutelare i propri interessi nazionali attraverso una diplomazia pragmatica e la valorizzazione dei suoi asset industriali.
Conseguenze Geopolitiche Le conseguenze geopolitiche di questi eventi sono profonde e delineano l'avvento di un mondo autenticamente multipolare, o forse "apolare", caratterizzato da una competizione diffusa e da alleanze fluide. Il principale effetto del riorientamento americano è la creazione di vuoti di potere strategico in Europa e in Medio Oriente, che attori regionali si affrettano a colmare. La tradizionale architettura di sicurezza basata sulla centralità statunitense viene messa in discussione, costringendo gli alleati storici a un'agonizzante rivalutazione delle proprie capacità e del proprio ruolo. Questo processo alimenta l'ascesa di "medi potenze" assertivi come Turchia, India, Brasile, Arabia Saudita e Kazakhstan. Questi Paesi non si allineano più passivamente ai grandi blocchi, ma perseguono politiche estere "multivettoriali", bilanciando le relazioni con Stati Uniti, Cina e Russia per massimizzare la propria autonomia e i propri interessi nazionali. La strategia turca di espansione in Asia Centrale, sebbene allineata in parte con gli obiettivi NATO di contenimento russo e cinese, è primariamente guidata da un'agenda nazionale. Allo stesso modo, il Brasile cerca un difficile equilibrio tra il Sud globale e gli Stati Uniti, mentre l'India costruisce corridoi economici che la proiettano nel Mediterraneo. La competizione non è più solo militare, ma ferocemente geo-economica. La Russia non esita a usare le esportazioni agricole come arma ("politica della patata"), mentre gli Stati Uniti ricorrono a sanzioni e dazi per plasmare le catene globali del valore, come dimostrano gli accordi con il Vietnam per mitigarne l'impatto. In questo scenario, il controllo di infrastrutture critiche come porti (Tartus), corridoi commerciali (il progetto Nord-Sud tra Russia e Iran, per quanto incerto) e risorse energetiche e minerarie (il litio nei territori ucraini contesi) diventa un obiettivo geopolitico primario. La guerra stessa si estende al dominio cognitivo, con la Russia che impiega strategie di disinformazione sofisticate per minare la coesione delle democrazie occidentali, come analizzato in rapporti francesi. Conseguenze Strategiche Sul piano strategico-militare, il mondo sta vivendo una trasformazione radicale, spinta dall'imperativo di adattarsi a una nuova era di confronto tra grandi potenze. La strategia americana, sintetizzata in documenti come i rapporti della RAND Corporation e nel massiccio bilancio della difesa ("One Big Beautiful Bill"), è chiara: concentrare risorse umane, tecnologiche e finanziarie sulla sfida a lungo termine con la Cina nel Pacifico. Questo implica una rinegoziazione degli oneri della sicurezza con gli alleati europei. La pausa nelle forniture all'Ucraina non è solo una mossa tattica, ma un segnale strategico che l'Europa deve prepararsi a garantire la propria difesa in modo molto più autonomo. La risposta europea è la ricerca della cosiddetta "autonomia strategica". La Zeitenwende tedesca, con il suo massiccio aumento degli investimenti nella difesa, ne è l'emblema più significativo. La Francia, con la sua nuova politica di attribuzione pubblica delle minacce, cerca di costruire una deterrenza più robusta nel campo dell'informazione e del ciberspazio. Tuttavia, la sfida è immensa e richiede non solo maggiori spese, ma anche una maggiore integrazione industriale e decisionale. La guerra in Ucraina ha fornito lezioni strategiche cruciali che stanno venendo recepite globalmente. L'efficacia dei droni a basso costo ha rivoluzionato il campo di battaglia, influenzando le dottrine militari fino in Medio Oriente. È emersa in modo drammatico la criticità della base industriale della difesa: la capacità di produrre munizioni, pezzi di ricambio e sistemi d'arma in grandi quantità è tornata a essere un fattore decisivo. Questo spiega perché la Russia pianifica i suoi budget militari con anni di anticipo e perché Paesi come il Kazakhstan puntano a sviluppare una produzione locale. Persino Mosca non esita a rafforzare la propria proiezione strategica costruendo una fabbrica di munizioni in Venezuela, estendendo la sua influenza nell'emisfero occidentale. Infine, il fenomeno della "porta girevole" ("revolving door") negli Stati Uniti, con alti funzionari della difesa che passano rapidamente all'industria privata, evidenzia la simbiosi tra complesso militare-industriale e decisioni strategiche, un fattore che plasma le priorità di spesa e di ricerca tecnologica, come quella sull'accesso energetico per l'Intelligenza Artificiale. Conseguenze Marittime Il dominio marittimo è tornato a essere un'arena centrale per la proiezione di potenza, la sicurezza economica e la competizione strategica. Gli oceani e i mari del mondo non sono più solo vie di comunicazione, ma spazi contesi dove si decidono gli equilibri futuri. La conseguenza più evidente del pivot americano verso l'Asia è la pressione sulla Marina statunitense. Riconoscendo un relativo declino capacitivo rispetto alla flotta cinese in rapida espansione, Washington ha varato un ambizioso piano per rilanciare la propria cantieristica navale, potenziando la forza lavoro e accelerando l'innovazione tecnologica. L'obiettivo è recuperare il gap e garantire la libertà di navigazione nell'Indo-Pacifico. Nel Mediterraneo, la situazione è altrettanto dinamica. La Russia, nonostante l'impegno in Ucraina, mantiene una presenza navale strategica, come dimostrano il monitoraggio dei suoi sottomarini da parte della Royal Navy e la centralità delle sue basi in Siria. Il porto di Tartus, ora oggetto di investimenti emiratini, è un perfetto esempio di come il controllo di un'infrastruttura marittima possa alterare gli equilibri di potere regionali, offrendo alla Siria un'alternativa alla tutela russa e creando un nuovo hub commerciale che bypassa le rotte tradizionali. In questo contesto, anche le potenze medie investono massicciamente nelle loro capacità navali. La consegna da parte di Fincantieri di navi da combattimento multifunzione (PPA) all'Indonesia è un segnale potente: Giacarta intende presidiare le proprie acque e giocare un ruolo da protagonista nella sicurezza dell'Indo-Pacifico. Queste vendite non sono solo successi commerciali, ma strumenti di diplomazia navale che rafforzano le partnership strategiche. La sperimentazione francese di droni lanciati da fregate (UAV OWA) indica inoltre la direzione del futuro combattimento navale: più autonomo, distribuito e basato sull'informazione. Infine, il dominio marittimo è anche teatro di minacce asimmetriche e illegali. L'intercettazione di sottomarini narcos senza equipaggio da parte della marina colombiana e le sanzioni statunitensi contro le "flotte ombra" iraniane utilizzate per il contrabbando di petrolio dimostrano come attori statali e non statali sfruttino la vastità degli oceani per perseguire i loro scopi, rendendo il controllo marittimo una sfida sempre più complessa. Conseguenze per l'Italia Per l'Italia, nazione che per geografia e storia è una piattaforma proiettata nel Mediterraneo, queste dinamiche globali hanno implicazioni dirette e ineludibili. Il progressivo disimpegno americano dall'Europa e dal suo fianco sud impone all'Italia un ruolo di maggiore responsabilità nella gestione della sicurezza di un'area sempre più instabile, che si estende ben oltre le coste del Mare Nostrum fino a includere il Sahel, il Corno d'Africa e il Medio Oriente: il cosiddetto "Mediterraneo allargato". La stabilità di questa vasta regione è una questione di sicurezza nazionale per l'Italia, influenzando flussi migratori, sicurezza energetica e rotte commerciali. L'audizione dei ministri Crosetto e Tajani sulla NATO ha delineato proprio questa necessità: l'Italia deve rafforzare il proprio strumento militare e la propria postura diplomatica per essere un attore credibile e un fornitore di sicurezza, non solo un fruitore. In questo quadro, la politica estera italiana mostra di volersi muovere con pragmatismo, come nel caso del rafforzamento dei rapporti con la Georgia, una mossa che, sebbene in apparente contrasto con la linea critica di alcuni partner UE, risponde a precisi interessi nazionali energetici e geopolitici, cercando di mantenere aperti canali di dialogo in una regione strategica. L'industria della difesa e quella navale, in particolare, emergono come un asset strategico fondamentale per la politica estera italiana. Il successo globale di Fincantieri, con la nomina di un nuovo CEO per le cruciali attività negli USA e le commesse strategiche in Indonesia e Malesia, non rappresenta solo un volano economico. Ogni nave venduta è un pezzo di politica estera: consolida alleanze, crea interdipendenza tecnologica e operativa, e permette all'Italia di contribuire attivamente alla stabilità di quadranti lontani ma strategicamente connessi come l'Indo-Pacifico. Questa proiezione di potenza "soft" e industriale è complementare a quella militare e diplomatica, e costituisce uno degli strumenti più efficaci a disposizione del Paese per navigare le acque turbolente del nuovo ordine mondiale e tutelare i propri interessi nazionali. Conclusioni Il quadro che emerge dall'analisi degli eventi recenti è quello di una profonda e forse irreversibile transizione globale. L'era della globalizzazione guidata dall'Occidente e garantita dalla supremazia americana sta lasciando il passo a un'epoca di competizione strategica frammentata, in cui il potere è più diffuso e le alleanze più volatili. Il riorientamento degli Stati Uniti verso la sfida cinese agisce da principale motore di questo cambiamento, costringendo l'Europa a confrontarsi con la propria vulnerabilità e a perseguire una reale autonomia strategica, un percorso irto di ostacoli politici ed economici. Allo stesso tempo, potenze regionali come Turchia, India e Arabia Saudita stanno abilmente sfruttando gli spazi geopolitici per affermare le proprie agende, ridisegnando le mappe di influenza in Eurasia e Medio Oriente. La Russia, pur sotto pressione, si dimostra un attore resiliente, capace di pianificare a lungo termine e di utilizzare un vasto arsenale di strumenti, dalla forza militare alla guerra cognitiva, per raggiungere i suoi obiettivi revisionisti. In questo contesto, la stabilità globale è messa a dura prova. La competizione non si limita più al solo dominio militare, ma si estende a quello economico, tecnologico, informativo e marittimo. Le catene di approvvigionamento, le infrastrutture critiche e le risorse naturali sono diventate esse stesse un campo di battaglia. Per l'Italia e per l'Europa, l'imperativo categorico è quello di abbandonare ogni illusione di un ritorno al passato e di abbracciare un approccio pragmatico e realista. È necessario accelerare gli investimenti strategici, ma soprattutto puntare allo sviluppo di una politica estera più coesa e assertiva. Per l'Italia, questo significa assumere pienamente il proprio ruolo di potenza mediterranea, utilizzando la propria diplomazia, le proprie forze armate e le eccellenze industriali come Fincantieri quali strumenti integrati di una strategia nazionale proiettata a garantire sicurezza e prosperità in un mondo sempre più incerto e competitivo. 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