OHi Mag Report Geopolitico nr. 34 Pietro, studente di giurisprudenza all'università di Bologna, ci spiega come il degrado sociale della città ha subito un'impennata già a partire dagli anni successivi alla pandemia. E più precisamente a partire dal 2022, quando la povertà e il disagio sociale derivatone si sono dimostrati più incisivi in una città dominata da cantieri inoperativi, vagabondaggio e criminalità. Soprattutto nelle vie centrali ai bordi della Bologna bene e dello shopping, ma anche alla stazione centrale, uno strato sociale infimo di non trascurabile entità demografica, si prepara per superare la notte tra cartoni, piaghe, e fentanyl. I negozianti non lo vogliono davanti alle loro vetrine ed ecco spuntare appuntite piramidi d'acciaio nel massetto di marmo antistante, mentre l'amministrazione comunale provvede con panchine pubbliche dotate di braccioli anti bivacco. Le mense della Caritas non riescono a soddisfare la domanda sempre più crescente di un fenomeno ormai fuori controllo. E qui siamo a Bologna, in una città tutto sommato tranquilla, non certo una delle popolose metropoli dove la situazione è sicuramente peg giore. Pietro non esce più di casa dopo il coprifuoco, il centro dopo le 20 si appresta a trasformarsi in un campo di battaglia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo![]()
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Alla luce delle ultime considerazioni di Marco Tarquinio sul fatto che la Nato non è più un’alleanza a carattere difensivo e che sarebbe meglio scioglierla, mi ritorna in mente una mia domanda rivolta direttamente al generale di corpo d'armata Roberto Bernardini "La Nato può avere ancora un ruolo nella prospettiva del coinvolgimento dell'Unione Europea in una guerra tecnologico-commerciale e cibernetica?". Oggi le guerre non si combattono solo sul piano terrestre, ma anche in quello delle informazioni, sottolineava con fermezza il generale Roberto Bernardini, già ai vertici della Forza Nato per il Kosovo (KFOR). E alla mia domanda se la Nato potesse ancora avere un ruolo in questa nuova prospettiva, - alla luce di una voce non tanto di corridoio* della provocazione di Trump nel minacciare di ritirare le sue basi dall'Europa nel quasi impensabile tentativo di dissuadere Putin di allearsi verso oriente* -, Bernardini ricorda che la Nato non è solo un organismo militare, ma è anche politico, il collante irrinunciabile che tiene insieme tutto l'occidente e che solo la costituzione di una neo difesa europea potrebbe sostituire. (*Secondo una rivelazione di Thierry Breton rivelate nel 2020 a Davos, Donald Trump, durante una conversazione privata con il principale candidato repubblicano alla presidenza nelle prossime elezioni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, avrebbe parlato dell’avvenuta "morte della Nato" e, se l’Europa fosse stata attaccata, gli Stati Uniti non l’avrebbero aiutata). Dal primo all'ultimo: Generale Roberto Bernardini (crediti: Congedati Folgore), Ammiraglio Roberto Domini, Generale Fabio Mini e Mario Boffo, già ambasciatore d'Italia nella repubblica dello Yemen e in Arabia Saudita (crediti: Stefano Mitrione) Ma si poteva evitare questa guerra? Si, risponde seccamente il Generale Fabio Mini all'ammiraglio Roberto Domini (Cesmar). (Cit. "assemblea Guerra in Europa 2023"). Si poteva evitare con degli accordi, dal momento che questo conflitto non è tra la Russia e l'Ucraina, ma tra superpotenze senza aver bisogno di citare quali. Perché un'intervento armato di questa portata, in suolo europeo, sarebbe cessato quando le nazioni unite fossero intervenute per tutelare la sicurezza dei propri membri. Quindi la guerra è obiettivamente tra Russia e Stati Uniti, dove l'Europa è, suo malgrado, un conveniente palcoscenico. E noi italiani, o europei, siamo pronti eventualmente ad entrare in questa nuova guerra? Europa e Usa fanno finta di essere i buoni, mentre noi, nel mezzo, non siamo affatto pronti ad entrare nel loro gioco. È ormai da troppo tempo che facciamo solo addestramento per le missioni di pace, non certo per la guerra. Se il tasso di consumo di armi e materiali bellici tra Russia e Ucraina dovesse continuare, gli USA non riusciranno a contro bilanciare la produzione. In ogni caso gli americani hanno già finito le armi da poter dare, eventualmente, ai propri alleati alleati, ne hanno solo per loro, e, come sempre hanno fatto, se le cose si dovessero mettere veramente male penseranno solo a sé stessi. Perché, riassumendo in breve, non c'è una vera motivazione visibile così forte per questo conflitto, se non quella che vede come principale attore proprio gli Stati Uniti. La domanda, per quello che ci riguarda più da vicino, è questa: Vogliamo la pace, o la giustizia? Sei favorevole alla pace, o alla giustizia? Ma, verrebbe da aggiungere, non si può avere entrambi? È questa è una domanda a trabocchetto dove tutti gli stati dell'unione europea ci sono cascati, l'ltalia sicuramente e per tradizione moderata in minor misura, ma poco cambia nello scenario geopolitico comune in cui ne siamo nostro malgrado coinvolti. E giustizia non può essere vendetta, tantomeno punizione. Ripeto che questa è una guerra tra due superpotenze che guardano i propri interessi, non i nostri. Il Generale Mini addebita a Putin l'errore di aver iniziato un conflitto senza aver pensato di insistere sulle proposte di pace verso gli Usa, incentivando non solo sulla lista di quello che si sarebbe voluto in cambio, ma anche su cosa si sarebbe invece potuto cedere. Cosa che non è stata fatta. L'alternativa ad una guerra, a un massacro, c'è sempre, come pure le condizioni per un negoziato. Notiamo che gli 85,9 miliardi di dollari in aiuti ceduti per l'Ucraina, e questo solo ad una stima del 2022, oggi siamo arrivati quasi a 140. Una cifra enorme. Aiuti per la pace, aiuti umanitari? No. Molto di più per le armi, magari camuffate da aiuti umanitari. Perché in un qualsiasi conflitto non c'è solo la guerra combattuta, ma c'è anche una guerra dopo la guerra. Più il paese è disastrato, più la ricostruzione e la guerra stessa conviene. E, come sempre accade, i soldi per la ricostruzione provengono proprio da quelle nazioni che poi impongono di utilizzare le loro aziende per la ricostruzione. Qui possiamo citare il Piano Marshall ad esempio, che di soldi ne ha messi tanti con il medesimo tornaconto di rientro indiretto. E se l'Ucraina ha già chiesto 1,2 trilioni di dollari per i danni ricevuti in questo conflitto, e che continuerà a salire fino a 2,5/3, ricordiamo che gli Usa ne hanno spesi molto meno per l'Afghanistan in 10 anni di conflitto. L'obiettivo, ad un prezzo così alto, è verosimilmente quello di spaccare l'Europa, non la Russia. Ma quali sono le prospettive di pace? Secondo Mario Boffo, già ambasciatore d'Italia nella repubblica dello Yemen e in Arabia Saudita, la diplomazia è uno strumento degli Stati, ma bisogna che vi sia la volontà di farvi ricorso. Occorre trovare un terreno dove ciascuna parte in causa abbia dei benefici raggiungibili. Ricordiamo, negli anni novanta, il Processo di Helsinki nel tentativo di mitigare il confronto tra Russia e Occidente. Si arrivò ad aprire confini, a nuovi scambi culturali e finanziari, ad una nuova visione dell'Occidente e dell'Europa. Lo scioglimento della Nato non sarebbe stata una buona idea, sempre secondo Boffo, ma la Nato avrebbe potuto costituirsi come attore di equilibrio tra Russia e Occidente in una architettura di sicurezza europea ereditato proprio dal modello Helsinki, piuttosto che perseguire un modello meramente espansionistico dell'Alleanza. Quello che è in gioco è una nuova visione del quadro globale della sicurezza europea. Bisognerebbe che l'Occidente e la Nato proponessero in maniera credibile di cessare i combattimenti, e contestualmente avviare negoziati di più ampio respiro, nel cui contesto anche l'Ucraina troverebbe sistemazione e pace. La Cina ha aumentato il proprio potere sul piano geopolitico globale e la propria reputazione economica, e ora si presenta come attore di rilievo globale, proponendo un confronto con gli USA che va da Taiwan al Golfo Persico. E lo ha già fatto fissando, in dodici punti, le condizioni di come dobbiamo interpretare la nuova sceneggiatura adattandola anche, e soprattutto, ai propri interessi, mentre Mini punta nuovamente il dito in Europa dove gli Stati Uniti vorrebbero che la Germania venisse addirittura scissa. Questa guerra è contro l'Europa, non contro la Russia. E tutto sembra convergere verso quel Piano Marshall che altro non è che un piano di recupero di tutti quei soldi spesi nell'ultimo conflitto mondiale. E l'Italia? A noi interessa soprattutto la cooperazione, e non il conflitto, perché di fatto dipendiamo dalle risorse di altri paesi. Non è certo una questione di pace, Tolstoj dice che la pace sta dentro ognuno di noi, non in una visione esclusivamente collettiva. E la Cina? Sono diventati una superpotenza perché hanno rubato i segreti di noi occidentali. E questo lo hanno sempre saputo fare molto bene. Dal '75 fino al '92, allungando anche al '96, la Cina era considerata dall'Europa unicamente uno Stato, non certo un partner commerciale affidabile, e così ne abbiamo approfittato vendendo loro i nostri "scarti industriali", ma ben presto hanno mangiato la foglia e, in un certo senso, hanno ribaltato le carte in tavola restituendoci lo stesso modus operandi con tanto di interessi. I cinesi contestualmente affermano di non voler più assorbire le tecnologie arretrate dell'occidente e come risposta dichiarano apertamente, questo già a partire dal 2007, di avere raggiunto la potenziale conoscenza tecnologica per poter abbattere qualsiasi satellite occidentale in orbita. Così, in soli cinque anni, la Cina ha quintuplicato le esportazioni grazie soprattutto al consenso, da parte degli USA (meglio sarebbe dire Zio Sam in qualità di vero e proprio Deep State), di poter entrare alla pari sul piatto dell'economia globale, anche se scettica che la Cina avrebbe seguito le regole occidentali, cosa che poi invece ha fatto allo scopo strategico di imparare, copiare e crescere ulteriormente. Antonella Uliana ci riporta su un piano diversamente più umano e tangibile, ricordando che anche i fabbisogni e le sofferenze delle persone, - a partire dalle stesse migrazioni causate proprio dell'ideologia politica della guerra -, rientrano di fatto nello stesso quadro fenomenologico, poiché un conflitto, al di là di qualsiasi presupposto di equilibrio globale ed internazionale, genera una speculare sofferenza nei cittadini indirettamente coinvolti, della gente comune e dei più deboli, dove solo reporter consenzienti e onesti riescono a dar voce attraverso anche a un fotorealismo "non ritoccato", di una verità troppo spesso messa sul piano dell'escamotage narrativo del danno collaterale o di un tributo fin troppo sacrificabile, l'umanità. Titolo: *"Poveri generali", così apre il Generale Fabio Mini al seminario del 2023 "La guerra in Europa" riferendosi a quelli coinvolti, loro malgrado, in una guerra che non è la loro, ma dell'occidente © RIPRODUZIONE RISERVATA Libri:Il fattore Buffet / The Buffet Factor Warren Buffet è uno dei più famosi investitori di sempre. Partendo con solo 100 dollari oggi detiene un patrimonio netto di 133,5 miliardi. Noto anche per i suoi visionari investimenti a lungo termine, come i suoi trentatré anni con Coca Cola, di certo non investe mai senza avere solide informazioni sui mercati e dei loro potenziali futuri sviluppi. L'"oracolo di Omaha" sa dove mettere il suo denaro, e nel 2008 non esitò ad entrare nell'azionariato di BYD con ben 225 milioni di azioni acquistate con una capitalizzazione pari a 232 milioni di dollari, quasi il 10% dell'intero colosso cinese, insieme ad altri investitori come BlackRock, Vanguard, Norges Bank, tutti fondi di investimento che credono nel clean energy e nei mercati emergenti. Ma a partire dall'agosto del 2022 Berkshire Hathaway, inizia a vendere dopo aver trentaduplicato i suoi profitti negli ultimi quattordici anni. I motivi, secondo gli analisti, sono di natura geopolitica, soprattutto dominati dalle tensioni tra USA e Cina, e dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente. Tuttavia lascia nell'asset finanziario ben 88 milioni di dollari scendendo da poco meno del 10% dell'intera società automobilistica cinese a solo il 3%. Ciò significa che le informazioni in suo possesso valgono ancora la sua fiducia sulle politiche di transizione elettrica di BYD, anche se il rischio è quello di diluire i profitti con la crescente competitività di mercato in Europa entro il 2035. Una nicchia di successo non corrisponde necessariamente ad un buon affare se a dividersi la fetta ci sono troppi attori. Ecco perché la "vecchia volpe" riduce ma non estingue il suo azionariato BYD, confermando che la transizione alla mobilità elettrica non sia una bolla di mercato. Ma Buffett tiene ben saldi i suoi tacchi in almeno due zattere, senza rischiare di cadere in quella diversificazione eccessiva di coloro che investono a random ottenendo profitti mediocri. Questo si traduce in una partecipazione del 25% di Occidental Petroleum Corp. Una società petrolifera che recentemente sta concentrando i propri obiettivi strategici verso la riduzione dell'impronta di carbonio, dato la tendenza delle nazioni verso l'eliminazione delle emissioni nocive causate dalla combustione entro il 2050. Una corsa verso la riconversione delle Big Oil in previsione di ulteriori crolli dei titoli di borsa internazionali, già messi a dura prova nella pandemia da Sars-Cov2, e che nel lungo termine vedrà un'ulteriore spostamento del consumo di petrolio verso le rinnovabili. Così le grandi compagnie petrolifere scommettono il loro futuro senza combustibili fossili migrando con una certa rapidità ai gas naturali, all'energia eolica e alle Carbon Capture, mega strutture capaci di neutralizzare il diossido di carbonio presente nell'atmosfera. Questo significherà un cambiamento senza precedenti per le aziende petrolifere a prova di una transizione energetica non più revocabile, sia dal punto di vista ecologico, che finanziario, dato che i principali investitori stanno dirottando ingenti capitalizzazioni proprio sulle energie rinnovabili. Lo stop alla produzione di veicoli endotermici entro il 2035 da parte dell'unione europea, e a seguire entro il 2040 in altre parti del mondo, sarà pertanto imprescindibile, considerando anche l'accelerazione tecnologica che asseconderà entro pochi anni le esigenze dei consumatori in termini di prezzo, autonomia e reperibilità energetica garantendo tra l'altro costi di esercizio notevolmente inferiori. Arrivati a questo punto di pareggio con la propulsione endotermica, saranno proprio loro a preferire le EV, una nuova generazione di automobilisti consapevoli del loro tempo che nulla avrà da spartire con i conservatori di un'era ormai votata al declino. Quella del petrolio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Articoli simili: https://www.ohimag.com/stefano-mitrione-ohi-mag-geopolitica-e-relazioni-internazionali/april-24th-2024
A breve il petrolio scarseggerà, ciò avrà ripercussioni geopolitiche importanti per tutti gli stati. Questo potrebbe portare a nuove tensioni e conflitti ovunque, basti pensare alle corsa alle ricchezze dell'artico e dell'antartico. La conseguenza sarà un inasprimento delle crisi economiche e dei mercati finanziari. La transizione energetica è forse giustificata da questa evidenza, sebbene i risultati finora proposti non siano all'altezza delle previsioni. Noi europei affronteremo i prossimi anni con difficoltà crescenti non potendo contare su risorse adeguate e quindi non abbiamo alternative alla ricerca di nuove forme di energia. Qualsiasi soluzione alternativa o la stessa ricerca di nuovi giacimenti, comporterà un aumento dei prezzi insostenibile, ed è quindi evidente che sia necessario un cambio nel nostro sistema di vita. Dovremo forse imparare a muoverci di meno e a essere più parchi nell'uso delle risorse a disposizione, tra cui non va dimenticata l'acqua. Una vita meno invasiva ridurrebbe anche le tensioni internazionali e consentirebbe di far fronte alle situazioni con unità di intenti. Importante è a questo punto pensare che i nostri sistemi di vita non sono un must irrinunciabile, ma che essi devono essere adattati alla nuova realtà. © RIPRODUZIONE RISERVATA Photo credits: Tom Fisk, Guillaume Meurice Podcast version#transizioneecologica #transizioneelettrica #2035 OHi Mag – GEOPOLITICAL REPORT
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Gennaio 2025
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